Uno scopo più alto
Ogni volta che mi capita di viaggiare in paesi poveri – e di fotografare – mi chiedo se quello che faccio in qualche modo più cambiare qualcosa di quello che vedo. Troppo spesso la risposta è no, per un milione di motivi, molti dei quali validi, molti altri invece tirati in piedi dalla pigrizia o dalla paura di non essere capaci.
C’è un uomo che questa paura invece non ce l’ha e tiene in piedi tre charity school e un lebbrosario attraverso il novanta per cento di quello che guadagna con la lettura del quadro astrale e c’è un venerando medico tedesco, che da vent’anni fornisce loro medicinali e garze e almeno una volta l’anno da vent’anni viene ad operare i lebbrosi che ne hanno bisogno.
Non sono in grado di fare nulla di quello di quello che sanno fare il bramino indiano e il medico tedesco, se non dare un piccolo contributo e provare a far conoscere la situazione.
Oggi Babaji, il bramino indiano, mi ha accompagnato prima in una delle sue tre charity school e poi nel ricovero per lebbrosi alle porte di Varanasi.
Ci si senti piccoli piccoli in quei posti, ma si avverte anche la consapevolezza di poter fare qualcosa, ognuno per quello che può e per quello che sente.
Forse la fotografia di viaggio è anche questo, non solo una bella inquadratura o un angolo singolare, forse è anche un modo per avvicinare alcune realtà disperate e poco note e farle conoscere e contribuire.
La bimba ritratta nella foto vive nel ricovero per lebbrosi. È quasi muta, ma il suo sguardo urla.