L’etichetta del fotografo di viaggio
Ognuno ha il suo stile, ognuno ha il suo modo di muoversi e di agire e di interpretare la fotografia.
Quelle che seguono non vogliono assolutamente essere regole, sono più che altro consigli che mi vengono dall’esperienza pratica. Magari possono esservi utili…
Stade meno battute
Altre volte basta abbandonare per qualche momento la via più battuta, infilarsi in un cortile, aprire una porta socchiusa per trovare immagini originali e meno scontate.
Spesso è necessario sporcarsi un po’ o bagnarsi un po’. Qualche volte ci toccherà arrampicarci o infilarci in qualche cunicolo,,. Insomma, anche questo è il bello di fotografare.
Cista periferica
Cerchiamo di sviluppare una sorta di vista periferica, proprio come quella dei cestisti,
Evitiamo di muoverci come muli con il paraocchi.
Manteniamo l’attenzione viva per quello che ci sta attorno, e quando dico attorno, intendo esattamente questo : destra, sinistra, sopra e sotto.
Spesso in un piccolo cortile sulla nostra sinistra si consuma una scena che potrebbe diventare memorabile. A volte basta alzare la testa per incontrare dettagli che fino a quel momento sono passati inosservati. È solo questione di allenamento.
Rispetto
Bisogna muoversi con delicatezza e rispetto, senza mai dimenticarsi che siamo ospiti, fosse anche solo del paesino a cinque chilometri da casa.
Una macchina fotografica al collo non ci a nessun diritto, al contrario, ci impone una sensibilità maggiore.
Chiediamo sempre il permesso
Chiediamo sempre il premesso di fotografare la gente, in particolar modo i bambini.
A volte basta un cenno del capo per chiedere.
Quando possibile, cerchiamo di comunicare – è molto più semplice di quanto non si pensi, spesso non serve neppure una lingua comune, basta un sorriso, un gesto.
Se ci viene rifiutato il permesso di scattare, non insistiamo, saremo più fortunati in un’altra occasione. Evitiamo di comportarci con prepotenza, indipendentemente da quanto unica e originale poteva essere la foto che non siamo riusciti a fare.
Se ci viene accordato il permesso di fotografare, ricordiamoci sempre che siamo noi a volere qualcosa dai nostri soggetti e non viceversa, per cui comportiamoci con naturalezza, evitando pose arroganti da divi del 35mm. Scattiamo con calma, ma evitiamo di prenderci tutta la mattinata per un ritratto, a meno che non sia concordato prima.
Pagare o non pagare?
In molti paesi poveri, i meno abbienti hanno capito che farsi fotografare può far fruttare loro qualche soldo, regoliamoci di conseguenza. Io personalmente non amo pagare per fotografare – ma spesso è impossibile fare altrimenti, per cui mi adeguo, anche se a malincuore.
A volte mi è capitato di offrire un caffè o un tè in cambio di una foto ed è stato un momento decisamente più interessante che non allungare qualche banconota arrotolata.
Alla Home for the Elderly di Kathamndu, ad esempio ho fatto una serie di ritratti degli anziani ospiti e alla fine ho lasciato una donazione per il cibo e i vestiti.
Se scattare qualche foto può anche fare del bene, non tiriamoci mai indietro.
Documentiamoci
Documentiamoci! Facciamo un minimo di ricerca sulle tradizioni del luogo che visitiamo, sulle usanze religiose e culturali, ci aiuterà a capire quello che abbiamo di fronte al nostro obiettivo.
Invisibili
Cerchiamo il piu possibile di passare inosservati – cosa non semplice con una reflex al collo. Muoviamoci con tranquillità, evitiamo di intralciare o di interrompere le attività che si stanno svolgendo, solo perché ci è parso di vedere un’inquadratura migliore.
Il sorriso
Il sorriso è un linguaggio universale. Ci rende comprensibili a qualsiasi latitudine ci si trovi.
È un modo carini per chiedere il premesso, quando non si ha una lingua comune nella quale esprimerci, Il sorriso invita all’empatia e favorisce il contatto. Non dimentichiamolo.
Non smettiamo mai di sorridere
Sono pienamente d’accordo con tutto quello che dici.Più che regole,infatti,quelli che dai,sono consigli di buon senso.Purtroppo vivendo in un paesino turistico e lavorando a contatto di molte persone in vacanza,noto spesso una certa arroganza nascosta dietro gli obbiettivi ed è una cosa che cresce in maniera esponenziale,ormai la maggior parte della gente gira con una fotocamera,o,al meno,col telefonino che scatta anche le foto.Non dico che questo sia un male,poichè è un diritto indiscutibile l’uso di questi mezzi,però,se si mettessero in pratica sempre le cose che tu suggerisci,si eviterebbero sicuramente molti fastidi,lasciando alle persone ed alle cose dei posti visitati la sensazione di aver partecipato ad un gesto d’amore e non di essere stati spogliati della loro privacy.
Laura la sensibilità è una dote rara – e non importa se impugni una macchina fotografica o un iPhone.
Io non voglio avere l’arroganza di insegnare nulla a nessuno, tanto meno la sensibilità, ma spero di trasmettere un mio modo di fotografare. Tra le mie passioni fotografiche ci sono i ritratti e credo che dietro ogni ritratto si debba celare – per quanto possibile – una storia e il solo modo è conoscere che sta dall’altra parte dell’ogiettivo. Anche se gli scatti rubati hanno il loro fascino, ammetto… Resta comunque il fatto che ci debba essere il massimo rispetto per chi fotografiamo.