Ritratti in viaggio
Riflettevo su quanto i ritratti occupino, molto spesso, la parte più interessante della fotografia di viaggio – almeno per me.
Esistono due tipi di ritratti: quelli rubati e quelli posati.
Lasciamo perdere i primi, per il momento, e concentriamoci sulla seconda specie, visto che necessità di una certa capacitfà di interagire con il nostro soggetto.
Ecco alcuni consigli
Chiedere!
Chiedere vs. non chiedere – la prima opzione porta molti più successi.
Chi non chiede, perché frenato dalla paura di sentirsi rispondere con un no, porta a casa meno ritratti di chi invece osa e chiede.
Per cui, chiediamo, chiediamo, chiediamo! Abituiamoci a sentirci rispondere di no e non prendiamocela – ve lo dice un permaloso. Impariamo a tenere a bada il nostro ego ed avviciniamoci a chi intendiamo fotografare e chiediamo.
Spesso ci diranno di no, ma qualche volta ci vedremo accordati il permesso di fotografare, in questo caso non facciamoci trovare impreparati.
Costruiamo mentalmente l’inquadratura ancora prima di andare a chiedere il permesso. E’ bene che ci si faccia un’ìdea di quello che vogliamo ottenere prima di sentirsi rispondere sì.
Contestualizzare!
Il contesto è la chiave di lettura dei nostri ritratti, la sola cosa che potrà dire a chi guarda che il medico ritratto opera in un villaggio del Kenya e non al San Carlo di Milano.
Per cui, anche se è giusto focalizzare la nostra attenzione sull’espressione del nostro soggetto e sulla sua posa, non dimentichiamoci di includere quei dettagli ambientali che rendono il ritratto immediatamente collocabile e che gli danno il vero significato.
Cercare la storia!
Non tutte i volti raccontano una storia. La fotografia di viaggio funziona quando riesce a raccontare una storia. Cerchiamo la storia anche nei ritratti, nei volti dei nostri soggetti, nell’ambiente nel quale andiamo a ritrarli.
Non esistono solo belle facce sorridenti, esistono situazioni disagiate, dolore e povertà, come festa, divertimento e passione. Possiamo raccontare tutte queste sfaccettature.