Storytelling: raccontare attraverso il contrasto.

L’apparente tranquillità di questa famiglia riunita a leggere e giocare in terrazza contrasta con l’ambiente completamente diroccato che li circonda.
Il CONTRASTO (o conflitto) è un linguaggio visivo molto efficace per raccontare una storia e siccome i contrasti sono ovunque, il mio consiglio è quello di allenare lo sguardo a cogliere elementi in palese conflitto tra loro, per imparare a raccontare visivamente con un piglio diverso, che spesso risulta più ficccante ed efficace.
Viviamo attorniati da conflitti, ma spesso siamo troppo impegnati a pensare ad altro per accorgercene.
Proviamo a pensare:
- uomo vs. donna
- meccanico vs. natura
- moderno vs. antico
- bianco vs. nero
- grande vs. piccolo
- magro vs. grasso
…e potremmo proseguire, ognuno aggiungendo le sue personalissime categorie in contrasto.
Dobbiamo pensare al al contrasto/conflitto non come ad un conflitto fisico, ma più come ad un conflitto cocettuale (Conceptual Conflict) e dobbiamo tenere presente una regola importante: più è universale l’ordine del conflitto, più il nostro scatto avrà la possibilità di raccontare una storia di successo, o quanto meno interessante.
Ad esempio, c’è una bella fotografia di David duChemin, un fotografo canadese molto bravo, che ritrae un fedele all’interno del santuario di Nizzamudin a Delhi. E’ un dettaglio, il fedele è intento a pregare, curvo sul corano, e dalle pieghe del suo salvaar kameez spunta un telefonino. Si tratta di uno strepitoso contrasto – neppure poi così difficile da cogliere nella moderna Asia.
Questo per dire che i contrasti (e gli scatti belli che sanno sottolinearli) possono davvero essere ovunque.
Alleniamoci a descrivere situazioni ricche di contrasto/conflitto, solitamente sanno raccontare la nostrea storia con un linguaggio molto più accattivante ed immediato.
Il conflitto è un’invidiabile tipologia di linguaggio visivo, soprattutto perché prevede un’interazione con chi guarda.
Dal punto di vista della decostruzione del metalinguaggio, lasciamo al fruitore il compito di decostruire e quindi di fare proprio il conflitto che mostriamo, questa è un’azione che richiede una certa partecipazione di chi guarda, la partecipazione genera aspettativa e l’aspettativa viene premiata e soddisfatta nel momento in cui chi guarda riconosce – e fa suo – il conflitto descritto.
Nel momento in cui questo rapidissimo ed inconscio viaggio all’interno della mente di chi guarda si compie con successo, la nostra foto viene apprezzata molto di più e con lei la storia che sottende.
Il confitto deve emergere immediatamente se vogliamo ottenere uno scatto efficace, dal punto di vista comunicativo.
Più è immediato il conflitto, più è universale, meglio funziona la nostra foto.
Dal punto di vista tecnico le cose sono un filo più complicate.
Portare il conflitto/contrasto all’interno dell’inquadratura comporta un po’ di allenamento e molta pazienza.
Ci può aiutare partire già con le idee chiare, ad esempio elencare mentalmente le prime categorie a contrasto nelle potremmo incappare.
Questo è un esercizio che ci aiuta a riconoscere il conflitto o addirittura ad anticiparlo, per farci trovare pronti con la nostra macchina fotografica nel momento di immortalarlo.
Personalmente credo che chiunque voglia imparare a raccontare per immagini, non può non esplorare il linguaggio fotografico che passa attraverso il conflitto/contrasto.