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Post da ‘Uncategorized’ Categoria

Vivian Maier: il fascino misterioso della fotografa bambinaia

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Sono contento, e al tempo stesso un po’ spaventato, dall’enorme successo di pubblico e mediatico che sta avendo la mostra di Milano dedicata a Vivian Maier e alla sua fotografia.

La Maier, per molti sconosciuta fino a pochi mesi fa, offre un lavoro di grandissima qualità che abbraccia circa 30 anni, dai primi anni Cinquanta, fino agli ultimi scatti degli anni Settanta.

Leggo che il successo di questa fotografa è in parte dovuto al mistero che avvolge la sua vita e all’eccentrica combinazione di bambinaia e di fotografa; personalmente credo che il successo della Maier sia tutto nelle sue fotografie, spesso ruvide, ma sempre molto evocative.

Vivian Maier scattò gran parte del suo lavoro a Chicago e a New York, lungo le strade dei quartieri che frequentava e conosceva molto bene e, sempre secondo una personalissima analisi, gran parte del fascino che è proprio degli scatti della fotografa nata nel Bronx a metà degli anni Venti, è proprio in questa caratteristica: Vivian Maier conosceva profondamente ciò che immortalava.

La mostra a lei dedicata – “Vivian Maier: una fotografa ritrovata” – è molto ben organizzata e invito chiunque ami la fotografia e abbia modo di essere a Milano, di andarla a vedere.
“(…) Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul  nostro presente (…), scrive Marvin Heiferman nel testo che accompagna il catalogo ufficiale della Contrasto. Sono completamente d’accordo. Di fronte agli scorci di vita da strada della New York degli anni Cinquanta o Sessanta proposti dagli scatti di Vivian Maier, sembra di essere al cospetto di immagini scattate qualche anno fa, o addirittura ieri, se non fosse per gli abiti.

Chiunque fotografi, chiunque si diletti di street photography, chiunque ami la fotografia DOVREBBE fare un salto allo Spazio Forma e omaggiare questa grande sconosciuta giustamente ritrovata.

Uscendo dalla mostra, contento e appagato, per una volta tanto, sono stato però raggiunto da una paura: spero soltanto che i molti che si sono avvicendati per vedere la Maier, colti da una folgorazione fin troppo repentina e superficiale, non escano domani e comincino a scattare in strada a caso, pensando di fare street photography. Purtroppo, il rischio c’è, perché è molto sottile la differenza tra gli scatti d’autore in mostra e gli scatti casuali di molti di noi.
Nulla, nelle fotografia di Vivian Maier, è casuale. Tutto racconta. Questo dovrebbe indicarci un distinguo e trattenerci dal puntare le nostre reflex a caso. Vivian Maier conosceva profondamente le strade che fotografava, le viveva, ci lavorava. Questo dovrebbe aiutarci ancora di più: non si può fare street photography senza essere locali.

VIVIAN MAIER: Una fotografa ritrovata
Fondazione Forma
Via Meravigli 5  – Milano
Fino al 31 gennaio
clicca qui per maggiori informazioni

Collezionare stampe fotografiche

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Il mercato delle stampe fotografiche è in crescita e sempre più persone si avvicinano.
Proviamo ad affrontare assieme alcuni degli aspetti più importanti legati all’acquisto di una stampa fotografica.

Come faccio a sapere se si tratta di un originale?
Le stampe da collezione sono sempre autenticate.
I metodi di autenticazione della stampa possono essere diversi: timbri a secco, timbri ad inchiostri posti sul retro, filigrane e firme autografe dell’autore.

Cos’è un’edizione?
Il concetto di edizione è molto caro al mercato dell’arte, prima ancora che la fotografia venisse considerata degna di farne parte.
In origine veniva utilizzare per numerare le copie di sculture, stampe, libri e altre forme d’arte riproducibili.
Il metodo si applica perfettamente anche al mercato delle stampe fotografiche.
Il fotografo generalmente decide il numero di stampe che andrà a fare di una determinata fotografia, creando così un’edizione.
Solitamente all’edizione viene associato anche il formato, questo significa che se la fotografia verrà messa sul mercato in formati diversi, potrebbero esistere edizioni diverse (una per formato), ma molti autori preferiscono legare l’edizione allo scatto, a prescindere dal formato in cui la stampa verrà poi realizzata.
L’autore si impegna a non produrre ulteriori copie della stampa una volta che ha raggiunto il limite massimo previsto dall’edizione.
Il fotografo non è tenuto a produrre tutte le copie di un’edizione in una tiratura unica, ma può decide di stampare ogni qual volta la fotografia viene venduta.
All’autore viene inoltre concesso un numero limitato di prove d’autore, spesso abbreviato con l’acronimo PDA. Le prove d’autore sono un’estensione dell’edizione che il fotografo può usare per scopi personali, quali regali a collaboratori o riconoscimenti vari.

Come viene indicata l’appartenenza ad un’edizione?
Solitamente l’autore numera la copia in questo modo:

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dove n rappresenta il numero progressivo della stampa e X il numero limite delle stampe appartenenti a quell’edizione.
Per cui, ad esempio 3/50, significa che quella è la terza stampa di un’edizione di cinquanta. Solitamemte, accanto alla numerazione progressiva, l’autore appone la sua firma.

Come faccio a sapere che l’autore non produrrà stampe oltre il limite dell’edizione?
Questo è un punto nodale del mercato delle stampe fotografiche e si basa fondamentalmente su un rapporto di fiducia tra artista e acquirente o eventualmente tra artista, galleria e acquirente.
Non va dimenticato che è tutto nell’interesse del fotografo (e dell’eventuale galleria) comportarsi in modo corretto.

Chiunque può fare copie di una foto, come mi difendo dalle copie non autorizzate?
E’ molto semplice: solo le copie che fanno parte dell’edizione autorizzata saranno autenticate. Tutte le altre copie saranno da considerarsi abusive.

Perché alcune stampe sono più costose di altre?
E’ il mercato che stabilisce il prezzo di una stampa.
I fattori che generalmente influiscono sul prezzo finale di una stampa sono: notorietà dell’autore, dimensioni della stampa, appartenza ad un’edizione con tiratura particolarmente limitata, appartenenza ad una serie di prove d’autore, presenza di dediche particolari da parte dell’autore.

 

Il fotografo sotto l’albero

È natale anche per il fotografo e un libro sotto l’albero potrebbe un regalo prezioso ed apprezzato, allo stesso tempo.

Vediamo un po’…

  1. GENESI
    Sebastiano Salgado
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  2. INDIA
    Steve McCurry
    6361182
  3. VEDERE È TUTTO
    Henri Cartier-Bresson
    5363378
  4. NATIONAL GEOGRAPHIC – 125 ANNI
    AA.VV.
    5814215
  5. IL LIBRO DEI LIBRI
    Gianni Berengo Gardin
    3907241
  6. PARIS
    Robert Doisneau
    3032449

… buon Natale a tutti, a questo punto!

Fotografiamo le festività

Non è necessario che le vostre foto siano così per "dire" Natale

Non è necessario che le vostre foto siano così per “dire” Natale

Ci siamo! Non manca poi molto a Natale, poco più di un mese… giusto il tempo per prepararci e farci trovare pronti con un appuntamento fotografico d’eccellenza: le festività!

Affrontiamo le vacanze di Natale come se fossimo dei professionisti, proviamo ad impegnare il tempo che ci separa dalle festività per focalizzare meglio le nostre attività fotografiche. “Fotografare il Natale” sarà il nostro progetto.

Cominciamo…

Passiamo in rassegna l’attrezzatura
Puliamo o portiamo a pulire la nostra macchina fotografica.
Se decidiamo di operare da soli, muniamoci di un piccolo soffietto o di una penna apposita, ma seguiamo le istruzioni con estrema cautela.
Acquistiamo le card necessarie (meglio magari una di più) e una batteria di ricambio. Mettiamo in carica la batteria e controlliamone lo stato d’usura – di solito la macchina fotografica è in grado di dirci quanto “nuova” è la batteria che stiamo utilizzando. Una batteria usurata dura molto meno!

Facciamo tesoro delle “luci di Natale”
Le luci di Natale offrono una grande opportunità fotografica.
Possiamo usarle come:

  • oggetti sullo sfondo
  • soggetti principali
  • luci principali
  • luci accessorie

Di notte – ma molto meglio poco dopo l’imbrunire – le luminarie natalizie sono un ottimo soggetto, in grado di rendere speciale qualsiasi scorcio cittadino. Ricordiamoci di portarci il cavalletto, perché potrebbe quasi sempre essere necessario scattare con un tempo lungo.
Componiamo con cura, leggiamo l’esposizione su tutto la scena e sovraesponiamo un po’ – da 1/2 a 1 stop. Ci porteremo a casa un ricordo del Natale molto classico. Impostiamo la macchina per ottenere la profondità di campo più ampia possibile (diaframma chiuso – f. grande). Se non possediamo uno scatto remoto, impostiamo l’autoscatto. Macchina ben salda sul cavalletto e… click!
Ma non dobbiamo per forza uscire nel freddo della sera per cogliere lo spirito luminoso del Natale.
In casa, l’albero e le sue luci sono è una possibile soluzione alternativa.
Anche nel caso del nostro albero casalingo, possiamo pensare di trattarlo come soggetto principale o come elemento accessorio di nostro figlio o della nostra compagna.
Non spegniamo tutte le luci della casa, ma facciamo in modo che il nostro albero risulti la fonte luminosa principale – nel caso decidessimo di farlo diventare soggetto.
Anche qui consiglio di utilizzare un cavalletto e di impostare la macchina per ottenere la profondità di campo più ampia.

Raccontiamo piccole storie
Non dimentichiamoci che le fotografie che restano nella memoria sono quelle che raccontano storie.
Immortalate la preparazione dei dolci, i regali sotto l’albero. Scattate quando i vostri figli sono intenti a scartare i doni, magari senza farvi troppo accorgere e documentate quegli attimi.
Ragionate in termini di storia. Scegliete quello che sarà il vostro scatto principale, magari un ritratto e poi corredatelo di qualche scatto più ampio, che documenti l’atmosfera, e di qualche dettaglio stretto su oggetti particolari (i biscotti, i disegni della carta da regalo, i fiocchi, le palline dell’albero, ecc.).
Per gli scatti ampi, scegliete un grandangolo e un diaframma chiuso. Per i dettagli, preferite una focale maggiore, aperta al massimo.
Le storie natalizie casalinghe sono ovunque: l’apertura dei doni, la famiglia a cena, la famiglia che cuoce i biscotti e molte altre ancora. Ogni casa ha le sue tradizioni e il fotografo di casa ha il compito di documentarle.
Provate anche a darvi come incarico un reportage cronologico dalla vigilia al 25, come se foste fotoreporter incaricati di un servizio vero e proprio. Sbirciate come è costruito un servizio su una delle tante riviste che girano per casa e provate a costruirne uno voi, mettendo insieme una quindicina di foto in grado di cogliere l’attesa della vigilia, le luci, i colori, gli sguardi, gli oggetti.
Date un senso ai vostri scatti, seguite una cronologia, cercate un ritmo (primo piano, foto allargata, dettaglio, di nuovo primo piano, questa volta in posa, ecc.), vedrete, non saranno le solite foto di Natale

Qualche ritratto? Perché no.
A costo di dovervi imporre, ritraete i vari membri della famiglia, uno alla volta, vicino all’albero, in posa.
Sarà un ricordo un po’ più formale che negli anni a venire amerete riguardare.
Sfruttate la luce ambiente e l’atmosfera delle luci dell’albero e se volete qualcosa di più particolare non esitate ad aggiungere un colpo di flash, possibilmente non diretto, possibilmente filtrato da un piccolo box (non sapete come fare, ve lo spiego nel prossimo post!).

Fate una lista
Se Natale significa per voi partire, preparatevi e fate una lista delle possibili foto che potreste scattare  e delle possibili storie che le vacanze possono regalarvi.
È il modo che i professionisti usano per prepararsi agli incarichi – quelli che i fighi chiamano assignment.
Sembrerà una sciocchezza, ma vi abitua a pianificare e vi garantisce di non scordarvi cosa state cercando di documentare.
Ricordatevi di inserire primi piani, foto di gruppo, qualche dettaglio e qualche istantanee – candid shot – dei momenti salienti (pranzo, cena, regali, mezzanotte, brindisi, ecc.).
Tutto prenderà un significato diverso e non è per nulla difficile.

Cosa fa Natale?

  • albero e/o presepe
  • luminarie
  • processione
  • candele
  • regali
  • dolci tipici
  • pupazzi di neve
  • agrifogli
  • palline e addobbi vari

Compilate la vostra lista e provate ad inserire qualche scatto di dettaglio, vi divertirete.
Ricordatevi che in esterno, l’atmosfera migliore la cogliete nella mezz’ora subito dopo il tramonto, quando il cielo non è ancora completamente nero. Se fotograferete in montagna, sulla neve, ricordatevi di uscire sempre con la batteria ben carica, perché il freddo gioca brutti scherzi.
Passando da un ambiente molto freddo e umido ad uno molto più caldo e secco, potreste incappare nell’appannamento delle lenti o dei filtri che montate sugli obiettivi. Si tratta di un fenomeno piuttosto volatile, ma se proprio non potete aspettare, almeno utilizzate un panno in microfibra per asciugare la condensa e non tovaglioli o maglioncini di lana (!).

—- qui trovate workshop e phototour: avventure fotografiche

Ritratti: l’importanza del gesto

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Molti fotografi concordano che gli occhi siano l’elemento chiave in un ritratto, alcuni, addirittura, non concepiscono un ritratto senza che il soggetto non guardi dritto in macchina.
Personalmente non sono così rigido, amo i ritratti dove il soggetto è di profilo, tanto quanto quelli dove lo sguardo è dritto e diretto all’obiettivo.
Chiaramente quando il soggetto guarda in macchina ingaggia una relazione con chi guarda decisamente più potente e solida, ma non per questo dobbiamo privarci della possibilità di variare la posa.

Un dettaglio del quale invece pochi parlano è il gesto.

Anche se stiamo scattando un ritratto, e quindi siamo concentrati sul volto e sull’espressione del nostro soggetto, non sottovalutiamo l’importanza dei gesti, i gesti hanno la forza di caratterizzare meglio il nostro soggetto, oltre che di rendere un ritratto più interessante e meno scontato.

Vi mostro un esempio pratico, e giudicate voi stessi.

Rajasthani nella fortezza di Amber

Rajasthani nella fortezza di Amber

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Ecco due scatti dello stesso soggetto, si tratta di due ritratti scattati a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, nelle stesse condizioni di luce e mantenendo inquadratura e focale più o meno simili.
In entrambi i casi il soggetto guarda in macchina – per buona pace dei puristi del ritratto – nel secondo il gesto di appuntirsi il baffo, sono riuscito a cogliere un gesto che rende il ritratto più interessante, più singolare.

Questo riusciamo a farlo quando la fretta non ci assilla e quando riusciamo, anche al di là della barriera che impone una lingua diversa, instaurare un rapporto con chi stiamo fotografando.
In questo caso, risolti i conticini di base relativi all’esposizione e scelta l’inquadratura, mi sono concesso un po’ di tempo e ho provato a conversare con il mio soggetto – la maggior parte dello scambio verbale era improntato sul “yes, thank you”, “ok, one more, if you please” e tanti, tanti, tanti sorrisi.
Degli scatti effettuati, quello dove si liscia il baffo è senza dubbio quello che mi soddisfa maggiormente.

Tornano gli workshop fotografici

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Con l’autunno, ritornano gli workshop di fotografia.

La formula è quella che negli anni si è dimostrata vincente: una weekend di giorni di full immersion dedicato ad uno specifico aspetto della fotografia, con due brevi sessioni teoriche al mattino, di circa due ore l’una, e molta pratica sul campo, in gruppo e attraverso esercizi specifici che hanno l’obiettivo di far spiegare ai partecipanti l’argomento affrontato.

Gli workshop prevedono gruppi contenuti, con un massimo di 12 partecipanti, in modo che tutti possano venire seguiti in modo completo.

Gli argomenti degli workshop vanno dalla composizione fotografica, alle tecniche di base, alla street photography, alle tecniche avanzate.
Un particolare interesse è dedicato allo story telling fotografico: l’arte di raccontare attraverso le immagini, che viene trattata in un workshop di quattro giornate complessive (due weekend).

Il primo workshop si terrà a Milano, il 17 e 18 ottobre ed è dedicato alla composizione fotografica.
Qui trovate tutte le informazioni relative al workshop e anche il modulo per iscriversi.

I volti della guerra di Fabio Polese

Fabio Polese durante uno dei suoi viaggi attraverso i paesi in  guerra

Fabio Polese durante uno dei suoi viaggi attraverso i paesi in guerra

Sono a Perugia per definire gli ultimi dettagli di “Emergenze Ritratte”, la mostra che inaugurerò il 26 settembre, e durante il sopralluogo agli spazi espositivi dell’ex chiesa di Santa Maria della Misericordia mi imbatto nelle foto ti Fabio Polese e nella sua toccante mostra fotografica “Popoli in lotta”: una quarantina di scatti, bianco e neri potenti, che urlano e chiamano lo sguardo e non lo lasciano.

La mostra è dedicata alle zone di guerra, dal Libano, alla Birmania, alla Thailandia, passando per l’Irlanda del Nord,

Entro e cominicio a parlare con Fabio e subito mi arriva una personalità umile, ma non dimessa, umile nell’accezione più grande e profonda della parola. Chiacchieriamo per una mezz’ora e Fabio Polese mi racconta le storie dietro gli scatti e dietro i suoi viaggi al confine del mondo, attraverso giungle e macerie.

“Ci sono i volti dei bambini, involontari protagonisti delle guerre, ci sono gli uomini in armi. (…) Ci sono giovani ragazzi che a volto scoperto lanciano bottiglie incendiarie nelle strade di Belfast. (…) C’è un mondo fatto di sofferenza, ma anche di storie umane e di grandissimo coraggio.”, scrive Polese sul volantino che presenta la mostra.

Nato vicino a Perugia nel 1984, Fabio Polese è giornalista, fotoreporter e viaggiatore e collabora con agenzie stampa e numerose testate giornalistiche

Le fotografie di Fabio resteranno in esposizione fino al 14 settembre e consiglio a tutti gli amanti del reportage e del fotogiornalismo che hanno la possibilità di raggiungere Perugia, di farlo e di non perdersi la mostra “Popoli in lotta”

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Ex chiesa di Santa Maria della Misericordia
Via Oberdan 54
Perugia
fino al 14 settembre

5 consigli per i ritratti in viaggio

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Amo fotografare la gente!
Sono i volti che incontro che spesso mi danno la vera dimensione dei luoghi che attraverso, forse più dei paesaggi e dei monumenti, che conservano comunque il loro fascino.
Purtroppo fotografare sconosciuti comporta una certa attitudine e una notevole capacità di stabilire relazioni con i soggetti che scegliamo di immortalare, a meno che non si tratti di candid shots.
Non tutti si sentono a proprio agio, sia da una parte, sia dall’altra dell’obiettivo e credetemi, molto spesso alcuni ritratti, che potenzialmente potrebbero trasformarsi in scatti memorabili, restano delle misere incompiute proprio perché ci lasciamo sopraffare dalla timidezza o dalla confusione.
Ecco 5 consigli che possono aiutarvi a migliorare il ritratto in viaggio.
  1. Scegliamo con molta cura i nostri soggetti
    I grandi ritratti trasmettono immediatamente. Qual è il segreto? Sicuramente una buona composizione, sicuramente un uso corretto della tecnica, ma soprattutto il soggetto.
    Non lasciatevi travolgere dall’ansia di scattare chiunque incontriate, solo perché in viaggio. Non farete che riempire le vostre card con volti che finirete col cancellare, prima o poi.
    Imparate ad aspettare, a selezionare. Cercate tra la folla, attendete con calma. Studiate i tratti somatici, ma in particolare modo studiate le espressioni e aspettate le condizioni favorevoli perché il soggetto si possa trasformare in una bella storia fotografica.
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  2. Siate rapidi, siate cortesi. Siate reattivi.
    Sono davvero pochi i soggetti che si sentono a loro agio di fronte ad un obiettivo puntato. Ecco una ragione per essere rapidi. Personalmente prediligo instaurare un qualche rapporto con chi scatto, anche se per soltanto qualche minuto. Mi piace chiacchierare, in qualsiasi brandello di idioma comune. Sento che attraverso quel tentativo, che i soggetti dimostrano sempre di apprezzare molto – anche quando nessuno capisce l’altro, le distanze si assottigliano e scatta una sorta di empatia, che spesso si traduce in espressioni molto particolari.
    Questo però rappresenta il prima. È il durante che irrigidisce la maggior parte dei soggetti, per cui, durante, cercate di essere rapidi e di limitare la fase di scatto ad una manciata di minuti, sottolineati sempre da una grande cortesia.
    Lavorate in anticipo. Componete mentalmente, risolvete i dettagli legati all’esposizione il più in fretta possibile, evitate di arrivare all momento dello scatto confusi o indecisi. Chi si concede non ha tempo da perdere e vi sta regalando un momento irripetibile, questo non vi deve far travolgere dall’ansia, ma deve spingervi ad essere sempre molto presenti. Siate reattivi!
  3. Fuoco sugli occhi
    È un dato di fatto: gli occhi catalizzano l’attenzione di chi guarda. Nel ritratto sono un punto focale e vanno mantenuti sempre a fuoco! Non è necessario che il soggetto guardi sempre in macchina, anche se molto spesso, quando questo accade, si instaura con chi guarda una relazione decisamente più forte. In ogni caso, che il soggetto guardi in macchina o che il soggetto volgo lo sguardo altrove, assicuratevi che gli occhi siano sempre a fuoco, a prescindere dalla profondità di campo che impiegate.
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  4. Luce e ombre
    Scelto il soggetto, considerate con molta attenzione la luce. Valutatene la direzione, analizzatene la qualità.
    Le zona in ombra sono fondamentali quanto le zone in luce. L’alternanza tra ombra e luce crea la tridimensionalità.
    Evitate la luce piatta, cercate i contrasti – che io personalmente prediligo. Componete con cura osservando come cade la luce sul volto.
    Non è vero che non si possano scattare ritratti in pieno sole, forse non è consigliato per tutti i soggetti, ma con la dovuta cura e con la voglia di gestire contrasti azzardati, la luce dura del sole a picco può contribuire a ritratti molto evocativi.
    Se decidete di avventurarvi in questa prova, scegliete con cura il soggetto. Il sole a picco sul volto è difficile da gestire, genera ombre dure sotto il mento, sotto il naso e sugli zigomi, enfatizza le rughe. Scegliete con estrema cura i vostri soggetti, non tutti si prestano ad essere ritratti in luce dura, evitate le donne, a meno che non siano anziane e vogliate enfatizzarne i caratteri somatici, evitate i bambini.
    Tutto cambia quando il sole si nasconde.
    In molti vi diranno che la luce migliore per eseguire ritratti in esterna è la luce morbida delle giornate nuvolose. Tutto vero, ma anche in questo caso mi permetto di consigliarvi di cercare sempre una posa che si avvalga di un certo contrasto.
    A differenza del sole pieno, la luce che filtra dalle nuvole è morbida e genera contrasti miti, dimostrandosi quasi sempre ideale per il ritratto.
    Non indugiate e munitevi di un piccolo flash portatile, può tornare utile per riempire o per creare quel contrasto che magari in natura non esiste. Se decidete di affidarvi al flash, fate in modo che sparisca, imparate cioè a miscelare con cura e attenzione il lampo del flash e la luce ambiente – ricordatevi: il diaframma controlla il flash, il tempo la luce ambiente – e non usatelo mai frontale e diretto.
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  5. Fondo pulito
    Se non state scattando un ritratto ambientato, beneficiate al massimo della minima profondità di campo. Mandate lo sfondo completamente fuori fuoco, rendetelo poco più di un suggerimento, di un accenno grafico a sostegno del volto ritratto.
    Allenate l’occhio a cercare fondi che non distraggano o che non fagocitino il soggetto.
    Allenate l’occhio a scorgere elementi di disturbo, di solito si nascondono ai bordi dell’inquadratura.
    Spostatevi di qualche passo a destra o a sinistra, abbassatevi di un poco o alzate il punto di inquadratura affinché non ci siano elementi di disturbo.

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5 trucchi per cogliere l’essenza di un luogo.

Una tempesta di sabbia ha reso la silohuette del Taj Mahal meno scontata

Una tempesta di sabbia ha reso la silohuette del Taj Mahal meno scontata

Quando viaggiamo, spesso, ci facciamo prendere dall’ansia di riuscire a cogliere, attraverso la macchina fotografica, l’essenza di un luogo.
Tranquillizzatevi, non è una cosa semplice, e spesso non è nemmeno una cosa che capita al primo colpo.
Molto dipende dal luogo, molto dipende dalla nostra personalissima definizione di essenza.
Ci sono luoghi che mostrano essenze diverse e, contemporaneamente, ne nascondono decine d’altre. Che senso ha porsi come obiettivo quello di cogliere l’essenza  di questi luoghi con una fotografia, è un compito vano, impossibile.
Fortunatamente però possiamo provare a scattare fotografie che contribuiscano a trasmettere le sensazioni che quei luoghi ci passano – questo non solo è possibile, ma dovrebbe essere il primo obiettivo che ogni fotografo di viaggi si dovrebbe porre.

Provo a raccogliere qualche consiglio pratico.

  1. Perdetevi
    Perdersi è l’essenza del viaggio, così una volta mi ha detto un giornalista americano in un bar di Kathmandu.
    Può essere, di certo, perdersi, aiuta fotografare un luogo molto meglio. Perdersi significa gironzolare senza una meta precisa, lasciarsi guidare dal luogo stesso.
    Una volta arrivati sul posto, non iniziate a scattare come piccoli robot, prendetevi del tempo per incontrare il luogo. Quanto tempo? Dipende da quanto ne avetea disposizione, dieci minuti, mezza giornata, due settimane… prendetevi tutto il tempo che potete, usatelo come camera di decompressione per la testa e per gli occhi e durante quel tempo (prezioso) alzate per bene le antenne della creatività.
  2. Rallentate
    Non c’è peggior nemico della buona fotrografia della fretta. La fretta uccide la creatività, uccide la precisione, uccide l’intenzione.
    Cercate di pianificare per tempo, in modo da non trovarvi incastrati in una routine massacrante.
    Cercate di dilatare i tempi ad ogni luogo che avete in predicato di visitare e fotografare.
    Solo rallentando riuscirete a crearvi la possibilità per evitare la trappola della cartolina.
  3. Il momento giusto
    Niente è fondamentale come trovarsi sul luogo al momento giusto.
    Ok, albe e tramonti sono un must, lo sappiamo ormai tutti, e sappiamo anche che è necessario farsi trovare pronti sul luogo con un certo anticipo, rispetto all’alba e al tramonto.
    Ma dovete andare oltre.  Fate ricerca, cercate di capire se esistono momenti salienti durante la giornata, se esistono giorni particolari durante la settimana o ricorrenze importanti. Perché quelli sono i momenti giusti.
    L’alba sul Gange a Varanasi, il tai-chi in gruppo alle sette del mattino sul Bund di Shanghai, il mercato dei dromedari a marzo a Jaisalmer, la festa di Holi a Varanasi.
    Questi sono gli appuntamenti importanti che si trasformano in momenti giusti e che hanno la forza di farvi catturare lo spirito del luogo.
  4. Quando il turista dorme e mangia
    Questo consiglio nasce da una certa pratica sul campo.
    Se volete catturare lo spirito di un luogo, ahimè, sarete costretti a saltare parecchie ore di sonno e molte cene.
    Il meglio di solito lo si immortala quando il turista medio dorme e mangia, che si traduce in levatacce prima dell’alba e cene fuori orario.
    Se viaggiate con un compagno o una compagna che non divide la vostra passione per la fotografia è bene cerchiate un accordo sulle tempistiche del viaggio, questo vi aiuterà a non litigare per colpa della fotografia.
  5. Vincete la pigrizia
    Capita che al cospetto di luoghi iconici, la pigrizia prenda il sopravvento.
    Perché fare fatica, quando l’ìnquadratura è già lì? Proprio perché è già  e lo è per voi, come lo è stata per molti altri prima di e come lo sarà per molti, molti altri dopo di voi. Il che significa che state per scattare l’ennesima foto identica a centinaia, migliaia di scatti fatti da altri.
    Vincete la pigrizia, andate oltre, cercata l’inquadratura alternativa, il taglio azzardato. Inserite un elemento umano, rendete i vostri scatti personali, aggiungete la vostra firma.

Il fascino indiano del bianco e nero: Raghu Rai

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Settantatre anni, una carriera da fotografo e fotoreporter lunga cinquant’anni, un numero di pubblicazioni di tutto rispetto, Raghu Rai è sicuramente il fotografo indiano più rappresentativo e più famoso.
Nel 1976, Henri Cartier-Bresson si accorse del talento dell’emergente fotografo del Punjab e lo ingaggiò nell’armata Magnum.

Per noi appassionati italiani, il talento dei Raghu Rai è pressoché sconosciuto – e questo è un peccato, considerando l’eccezionalità dei suoi lavori.

Per decenni, al lavoro di fotogiornalismo, Raghu Rai ha affiancato la pubblicazione di quasi venti libri dedicati all’India e alle sue numerosissime sfaccettature, coprendo anche situazioni eccezionali quali il disastro di Bhopal, i campi profughi tibetani del nord, i sikh del Punjab e Madre Teresa di Calcutta.

Nonostante il grosso del lavoro di Raghu Rai sia in bianco e nero,in alcuni degli ultimi progetti Rai si affida al digitale e al colore, per esprire il suo punto di vista sulla sua pa

Nel 1992 arriva finalmente la consacrazione internazionale ufficiale: Raghu Rai vince il premio di Miglior Fotografo dell’Anno.

Personalmente sono convinto che il lavoro di Raghu Rai rappresenti un grandissimo stimolo per chiunque fotografi e un ottimo spunto per coloro che si cimentano con la street photography e il fotogiornalismo.

Ecco alcuni link per conoscere meglio il lavoro di Raghu Rai:

raghurai.com

magnumphotos.com