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La fotografia è una questione “personale”
Sono appena tornato da un photo tour, durante il quale abbiamo attraversato parte del Rajasthan,per poi tornare verso Delhie e Varanasi.
Mi sono reso conto quanto la fotografia, soprattutto in viaggio, sia una questione personale.
Personali sono i motivi che ci spingono a scattare – e a non farlo. Personalissimi sono le abitudini che acquisiamo e che ci accompagnano di scatto in scatto. Personalissima è l’attrezzatura che scegliamo di portarci con noi.
Io personalmente NON viaggio leggero, tutt’altro mi porto tutto quello che penso potrebbe venirmi utile (almeno una volta) e spesso mi accorgo di andarmi a cercare situazioni anche un po’ per giustificare quello che mi carico in spalla tutti i giorni.
Altri fotografi sono di diverso avviso e prediligono uno stile di viaggio molto light, un corpo e un obiettivo, ad esempio.
Due approcci agli antipodi, ma non per questo uno migliore dell’altro.
Quando si deve scegliere quali obiettivi mettere nello zaino, vale la pena fare mente locale e scegliere secondo la propria sensibilità e non secondo i diktat di questo o quel blog, di questo o quel fotografo.
Un consiglio che mi sento di dare è quello, nel caso decidiate di portarvi più obiettivi, di sperimentare lo stesso scatto attraverso focali diverse.
Provate a guardare attraverso i vostri obiettivi come se fosse la prima volta.
Montate un 24mm, scattate un ritratto ambientato e poi, se il soggetto ve lo consente, provate a scattare un secondo ritratto montando un 85mm o un 200mm.
Lasciate che sia la vostra sensibilità a scegliere, ma fate che questo accada soltanto a viaggio terminato, una volta a casa, con calma e obiettività.
Non state perdendo tempo! Non state scattando doppioni, state affinando la vostra sensibilità fotografica, state allargando gli orizzonti e confrontandovi con situazioni simili, ma di molto diverse e spesso, una volta in fase di editing, scoprirete che lo scatto che preferite è proprio quello alternativo, quello che non avreste fatto.
Un secondo consiglio che mi sento di dare è questo: sedetevi prima di partire e, con il materiale che avete messo assieme durante le ore passate a fare ricerca (perché l’avete fatta, non è vero!?), buttate giù una lista di possibili situazioni che vi piacerebbe immortalare o che pensate vi troverete di fronte – ad es. ritratti, scene di mercato, panorami, monumenti, ecc…), per ognuna delle scene riportate indicate quale obiettivo meglio si adatta, secondo il vostro modo di scattare… una volta sul posto non vi troverete spiazzati.
Personalmente odio dover rinunciare ad uno scatto solo perché non ho l’attrezzatura con me, ed è per questo motivo che il mio zaino pesa oltre 10 chili – ho dentro un 14-24mm, un 24-70mm, un 70-300 e un 85mm fisso, oltre ad un flash, qualche radio comando e un piccolo bank.
So che molti di voi diranno che sono malato, ma questa è l’attrezzatura che mi fa sentire tranquillo in qualsiasi situazione e mi lascia la più ampia possibilità di scelta.
Di solito monto il 24-70, perché è un buon inizio e perché mi regala quella flessibilità necessaria per partire col piede giusto ogni giorno, ma cerco di non impigrirmi e non ci penso due volte a passare al grandangolo o al tele.
Quando la situazione è giusta, ecco che spunta l’85mm (a mio avviso il principe degli obiettivi fissi).
Questo per dirvi cosa?
Soprattutto che la fotografia è un affare MOLTO personale e come tale va trattato. Ascoltate i consigli di chi considerate meritevole, ma poi decidete secondo la vostra sensibilità. Anzi, alimentate la vostra sensibilità, contribuirà a creare e a consolidare il vostro stile.
Ritratti in viaggio: 8 consigli pratici
La prima cosa a cui associo la fotografia di viaggio è… “volti interessanti”.
Lo so, avete ragione, non è né così immediato, né così naturale farlo, ma per me è quello che accade.
Viaggiare, con una macchina fotografica in mano, per me significa soprattutto volti.
Come possiamo migliorare la nostra tecnica di ritratto in viaggio?
- COMPOSIZIONE ACCURATA
Cominciamo con il ricordare che il nostro soggetto è il nostro universo. Attorno a lui gira tutta il nostro scatto.
Che occupi il centro della scena, che sia sistemato al lato, il soggetto ritratto DEVE essere in grado di attirare tutta l’attenzione di chi guarderà lo scatto finito.
Non significa che dovremo per forza posizionarlo accademicamente al centro della nostra inquadratura, ma, piuttosto, che dovremo sfruttare a dovere le regole della composizione affinché sia chiaro cosa vogliamo che la gente guardi.
Possiamo anche esplorare aspetti compositivi azzardati, ma non dobbiamo dimenticare che qualsiasi regola andremo a scegliere, dovrà aiutare chi guarda il nostro ritratto, aiutarlo a muoversi con certezza nello spazio dell’inquadratura.
- ATTENZIONE ALLO SFONDO
Un grande ritratto non nasce soltanto dalla peculiarità del soggetto, nasce soprattutto dall’attenzione che mettiamo nello scegliere lo sfondo adatto.
Non è necessario avere sempre una parete uniforme a portata di mano, bisogna però prestare molta attenzione ad elementi dello sfondo che potrebbero interferire con il soggetto ritratto.
Se un volto singolare contribuisce alla riuscita di un buon ritratto, uno sfondo sbagliato ha il potere di ammazzare qualsiasi ragazza afghana dagli occhi verdi.
Valutiamo con molta attenzione il colore dello sfondo, la sua prominenza rispetto al soggetto in primo piano, la presenza di eventuali elementi estranei. Spesso basta spostarsi di pochi passi per ottenere sfondi puliti e scatti più incisivi. - PUNTO DI RIPRESA
Il punto di ripresa non è una scelta da lasciare al caso. Nella fotografia, il punto di ripresa detta il tono, molto spesso.
Ci abbassiamo e il nostro soggetto incombe sullo scatto da una posizione predominante, dando vita al ritratto di una persona sicura, in comando, autoritaria o comunque con una certa influenza su chi guarda.
Alziamoci, e sarà come ridurre la distanza ipotetica tra soggetto ritratto e chi guarda, sarà come rendere più accessibile il nostro soggetto, renderlo più amichevole.
Anche la distanza, soprattutto se molto ridotta, importa una variabile semantica che si traduce con estrema intimità – a volte anche ai limiti del fastidioso.
Impariamoci a muoverci attorno al nostro soggetto, a non accontentarci di uno scatto ad altezza occhi, perfettamente perpendicolare al terreno. Sperimentiamo, azzardiamo. Alto, basso, vicino, molto vicino, lontano. Vedremo come cambia il messaggio trasmesso dal nostro scatto in relazione al punto di ripresa che abbiamo scelto.
- TUTTO A FUOCO, POCO A FUOCO
I puristi del ritratto sceglieranno di sicuro la seconda alternativa: POCO A FUOCO – f. molto aperti e via andare.
Non mi ritengo un purista, ma mi rendo conto che nell’80% dei mie ritratti propendo per una profondità di campo molto ridotta, per fare in modo che il mio soggetto spicchi più facilmente.
La tecnica del tutto a fuoco è però una validissima alternativa, soprattutto in viaggio, dove la maggior parte dei nostri ritratti saranno ritratti ambientati. Attenzione però, se scegliamo di scattare con diaframmi chiusi e allargare la profondità di campo, dobbiamo porre molta attenzione a quello che includiamo nella nostra inquadratura, il rischio è portarsi a casa uno scatto troppo carico di dettagli e quindi molto confuso.
L’ambiente inquadrato, i dettagli presenti nell’inquadratura, contribuiscono a costruire una solida infrastruttura semantica, in grado di collocare perfettamente il soggetto ritratto all’interno del suo mondo (fisico) e all’interno dello spazio mentale di chi guarda da subito. Il tutto a fuoco è però un viatico insidioso, che richiede maggior attenzione ai dettagli e maggior cura della composizione.
- LUNGHEZZA FOCALE
Ancora una volta, i puristi del ritratto non avranno dubbi: la focale designata non può che essere un’85mm (su reflex FX – che si traduce con un 55mm su una DX). Vero, un 85mm, soprattutto se ad ottica fissa (prime lens) offre le miglior proporzioni per un volto ritratto a circa due metri distanza.
Ma ancora una volta consiglio di provare a giocare con le focali.
Usando un medio tele (120/200mm) possiamo ottenere uno sfocato piuttosto accattivante – anche se il bokeh offerto da uno zoom 70/200 non raggiunge i livelli di qualità di un 85mm). Purtroppo un medio tele ci costringe ad arretrare di qualche passo – con un 200mm saremo spesso costretti a scattare ad almeno 3 metri dal nostro soggetto – e questo non aiuta a sviluppare la giusta intimità tra fotografo e soggetto.
Sperimentiamo anche con un moderato grandangolo, magari giocando con la prospettiva e il punto di ripresa.
Il grandangolo offre una profondità di campo molto vasta e un angolo di ripresa utile per riprendere molto dell’ambiente che circonda il soggetto ritratto. Due caratteristiche da enfatizzare, se abbiamo oprato questa scelta poco ortodossa per i ritratti. Con il grandangolo siamo costretti ad avvicinarci molto al nostro soggetto e spesso la cosa non è bene sopportata, anzi molti la vivono come piuttosto fastidiosa, cerchiamo di essere rapidi. Usiamo il grandangolo quando siamo certi che l’ambiente offra quel plus che ci aiuta a meglio cristallizzare il mondo del nostro soggetto e non dimentichiamo che gli obiettivi di piccola focale introducono distorsioni prospettiche significative – a meno che non si stia realizzando una sorta di caricatura, nessun ritratto risulta piacevole da guardare se mostra testoni oblunghi in primo piano e figure umane ridotte a fiammiferi ambulanti. Il grandangolo però può aiutarci a porre molta enfasi su dettagli in primo piano – le mani ad esempio – che ci servono poi per guidare l’occhio di chi guarda verso il volto. - FILTRI NATURALI, CORNICI E VIGNETTE
… e potrei proseguire nell’elenco, ad esempio aggiungendo vetrine, finestre, specchi…
Cerchiamo alternative suggestive alla pulizia estrema. Proviamo a scattare attraverso una finestra impolverata o bagnata dalla pioggia, proviamo a scattare attraverso vetri rotti, foglie sfocate in primo piano. Proviamo a scattare puntando in uno specchio o in una pozzanghera. Sperimentiamo!
Ricordiamoci sempre però che cornici, vignette, specchi, finestre, eccetera sono soltanto strumenti compositivi che devono servire ad esaltare il soggetto ritratto, non lo devono sostituire.
- L’AMBIENTE PARLA
Eccome se parla! In realtà spesso l’ambiente urla. Intercettiamo immediatamente il tono di voce dell’ambiente e chiediamoci se è adatto allo scatto che stiamo cercando di portare a casa.
Quando è possibile interveniamo… bando alle remore, se quella lampada non ci convince, spostiamola, togliamola dall’inquadratura. Riduciamo tutto ciò che può confondere e tutto ciò che può soffocare il nostro soggetto.
Gli oggetti parlano e noi dobbiamo fare in modo che dicano le stesse cose che dice il nostro soggetto ritratto.
Se non siamo convinti, pensiamo ad un’alternativa – rapidamente, però.
Non tutti gli oggetti che includiamo nell’inquadratura devono avere la stessa preminenza, io personalmente quando mi è permesso, ne scelgo pochi, tutti però devono sostenere il ritratto, farlo emergere e non soffocarlo. Tra gli oggetti scelti, decidiamo quali hanno una valenza principale per il nostro soggetto – o per il ritratto che intendiamo scattare – e usiamoli cum grano salis, affidandoci ancora una volta alle regole della composizione.
- LUCE E OMBRA
Senza luce non esiste fotografia. La luce è il nostro elemento principe, anche più importante del soggetto che ritrarremo.
Una volta scelto soggetto e individuato il luogo, poniamo molta attenzione alla luce che abbiamo a disposizione.
Studiamone la direzione e l’intensità, la qualità.
La luce contribuisce al tono di voce del nostro ritratto. Vi diranno che la luce dura non va bene per i ritratti… cazzata! La luce dura contribuisce a creare una particolare atmosfera, la separazione netta delle aree illuminate dalle ombre porta con sé un messaggio e un linguaggio – di certo non particolarmente adatti per una sposa o per un bimbo, ma probabilmente perfetti per molte altre situazioni.
Personalmente adoro la luce drammatica, anche per i ritratti. Quando mi è possibile posiziono i miei soggetti in modo che la luce non li illumini mai completamente, uso le ombre per ottenere maggior drammaticità e tridimensionalità – per questo sono un fanatico della luce molto direzionale.
La luce non è bianca, la luce prende la dominante cromatica delle superfici sulle quali rimbalza. Sfruttiamo anche questa caratteristica. La luce può essere fredda o calda, nel dubbio, per un ritratto è meglio la seconda, ma a volte è interessante anche infrangere questa regola pratica.
Cerchiamo sempre di sfruttare al massimo la luce che abbiamo a disposizione, affidiamoci ad un flash solo per migliorare quello che la natura ci offre.
Chissà, magari ora, dopo 1390 parole, qualcuno di voi comincerà ad associare la fotografia di viaggio al ritratto…
Qualche anno fa, in un bar di Kathmandu, un fotografo americano, guardando alcune delle mie foto che avevo appena scattato in Tibet, mi disse: “Vedi, i panorami li possono scattare tutti e anche gli edifici. E se puoi passare tanto tempo in un dato posto, può darsi che ne scatti anche di davvero belli. Ma un ritratto, questo ritratto…” – e mi indicò il ritratto di una vecchia che avevo scattato a Lhasa – “… questo ritratto lo puoi avere fatto soltanto tu, anche se a scattare in quel momento foste stati in dieci.”
Mi colpì e non poco.
Il “flusso di lavoro” in viaggio

Se avessi perso questo scatto fatto all’interno del souk di Rissani, Marocco, non me lo sarei perdonato. Sono certo che sarei potuto appostarmi davanti a quel bancone per giorni interi e aspettare, senza avere la certezza di ottenere lo stesso scatto. Ogni scatto è unico.
Quanto vale una foto? Ma soprattutto, quanto vale una foto persa per sempre?
Quando viaggiamo, non possiamo permetterci di perdere nessuna fotografia, perché difficilmente avremo la possibilità di riscattarla, per questo, soprattutto in viaggio, il flusso di lavoro – il modo cioè nel quale organizziamo il back-up delle nostre immagini – deve essere organizzato ed affidabile. In viaggio, non possiamo permetterci di perdere nessuna delle foto che abbiamo scattato.
Il nostro flusso di lavoro in viaggio è pesantemente influenzato dalla quantità di attrezzatura con la quale decidiamo di viaggiare e dal mezzo di trasporto principale che abbiamo scelto per muoverci.
In un viaggio in macchina, il mio consiglio personale è quello di portarsi sempre un computer portatile, dal momento che non ci sono grandi restrizioni di bagaglio se non la capienza del bagagliaio.
Già affrontando uno o più spostamenti in aereo, la possibilità di avere tutta la nostra attrezzatura con noi svanisce.
Si tenga poi in considerazione quale sarà il mezzo di spostamento principale – ad esempio, se affrontate un trekking nell’Himalaya, dove tutto viene portato a spalla, sarete costretti a sfoltire la vostra lista di giocattoli.
Nel migliore dei casi, io mi porto il mio MacBook Air, è compatto, ha una buona autonomia di batteria e mi dà la possibilità di intervenire sugli scatti direttamente sul posto, magari la sera stessa. Come secondo dispositivo di backup uso un piccolo hard disk esterno da 500 GB che si alimenta attraverso la porta USB del Mac.
Mi porto una batteria di 10 card CF da 16 GB, che formatto prima di partire soltanto dopo essermi assicurato che tutte le immagini che contenevano erano effettivamente da cancellare, perché o superate o già copiate. Io scatto in RAW+JPG (che significa che per ogni scatto la macchina produce un RAW e un JPG di backup) e salvo i file RAW (principali) sulle card CF e i JPG (che sono un ottimo back-up on-the-fly) sulle piccole SD.
Non amo utilizzare schede CF estremamente capienti perché ho troppa paura che si possano corrompere ed in quel malaugurato caso direi addio a troppi scatti (dei quali comunque resterebbero i JPG).
Solitamente si può scegliere tra tre taglie di file per i JPG di copia (S, M e L, proprio come la Coca da McDonald’s…), io scelgo L, magari perderò in quantità di scatti che posso memorizzare per card, ma nel caso di un errore sulla card CF principale, avrei comunque immagini JPG di copia dalle dimensioni importanti ed utilizzabili.
IL SEGRETO PER EVITARE DI PERDERE IMMAGINI È NEL RIGORE DEL METODO DI BACK-UP CHE IMPIEGHIAMO!
Ecco un piccolo trucco pratico: formattate le card direttamente nella macchina fotografica, è molto più sicuro che farlo dal computer.
Altro consiglio: scegliete card di marca! Io scelgo soltanto Lexar o SanDisk e non corro dietro agli ultimi modelli super veloci, preferisco trasferimenti più lenti, ma più sicuri, lascio la velocità a chi fa filmati.
Portatevi un numero di card sufficiente a coprire l’intero viaggio (ed esagerate se potete, ormai il costo delle card è abbordabile) ed evitate di cancellare le schede, anche una volta scaricate le immagini sul computer.
Non è necessario che copiate il mio modo di lavorare, ma è INDISPENSABILE che ve ne creiate uno vostro e che non partiate come degli sprovveduti.
Io faccio così…
- Se ho con me il mac, ogni sera scarico le foto scattate durante il giorno in una cartella con la data e copio la cartella sull’hard disk esterno – così ho tre copie delle stesse foto su tre dispositivi diversi.
Se dovete usare un lettore di card USB (ad esempio il mio mac legge direttamente le SD, ma non le CF), non lesinate e scegliete marche conosciute (io ancor una volta consiglio Lexar, producono un lettore USB molto compatto e robusto, che legge tutti i formati in commercio ed è estremamente affidabile). - Se non ho con me il mac, cerco almeno di portare un disco esterno dedicato, per intenderci uno di quei modelli che accettano in ingresso, attraverso slot appositi, le card fotografiche.
In commercio ce ne sono di modelli diversi e con prezzi diversi – ad esempio, il Passport Wireless della Western Digital, con prezzi diversi a seconda del taglio e che vanno dai 100€ ai 250€ circa.
Sto testando la possibilità di lavorare con un tablet, ma le app dedicate sono ancora piuttosto instabili e, ad esempio gli iPad, mostrano enormi limitazioni di dispositivi e file che accettano in ingresso. - Se non ho la possibilità di usare né un computer, né un disco rigido esterno dedicato, faccio in modo di avere un numero sufficiente di schede. Le sostituitele quando sono piene (se ne ho in abbondanza, le sostituisco ogni sera, anche se non complete) e NON LE CANCELLO MAI – fino almeno al rientro.
Avendo solo card, È NECESSARIO PRESTARE MOLTA ATTENZIONE QUANDO LE SOSTITUIAMO, capita più spesso di quanto crediate di sovrascrivere una card usata nei giorni precedenti e di dire addio per sempre a scatti irripetibili.
In questo caso, più che mai, È FONDAMENTALE STABILIREE UN METODO!Ad esempio questo è il mio:- tolgo la scheda piena
- la spunto con un segno di matita
- prima di cercare una nuova card, ripongo la card piena in un posto che ho prestabilito – una certa tasca della borsa, un sacchetto di plastica, ecc.
- tengo tutte le schede usate nello stesso posto, ben separato da dove tengo le card vergini
- solo dopo aver archiviato la card usata, estraggo la nuova scheda e la inserisco nella macchina
- controllo nel visore l’eventuale contenuto – la scheda di norma non dovrebbe contenere immagini – e se mai la formattoPuò sembrare banale, ma l’errore è sempre in agguato e non vi perdonereste mai di aver perso una giornata di scatti soltanto per essere stati un po’ distratti nel sostituire le card o poco attenti nel riporle.
Bene, ora sta a voi.
Pensate alla meta del vostro viaggio, alla ruvidità degli spostamenti, alle restrizioni imposte al bagaglio, alla disponibilità di energia elettrica – è perfettamente inutile viaggiare con chili e chili di attrezzatura che necessità di corrente elettrica, quando per la maggior parte del tempo vi sposterete in luoghi che ne sono sprovvisti, soprattutto se la durata del viaggio supera la durata media di una carica – documentatevi con un certo anticipo e se mai dotatevi di un pannello solare portatile, parlo per esperienza, in un trekking nel Mustang, tra Nepal e Tibet, è stata la mia salvezza. Ormai non costano più molto e sono decisamente più performanti di una decina di anni fa.
Qualunque sia la meta, qualunque sia il coinvolgimento con la fotografia, cercate di non perdervi per strada momenti che non sarete più in grado di scattare, solo perché siete stati pigri, disattenti o maldestri.
5 trucchi per ottenere il massimo da un viaggio fotografico

Piazza Jama El Fna di sera. Irrinunciabile per chi vuole raccontare Marrakech. Pianificare ora e punto di ripresa evita delusioni.
Si avvicinano le vacanze estive, che, per il fotografo amatoriale, molto spesso significano l’unico periodo dell’anno durante il quale dedicarsi anima e corpo alla fotografia.
Voglio provare ad elencare cinque trucchi pratici, presi in prestito dal mondo della fotografia professionale, affinché il vostro prossimo viaggio possa trasformarsi in un discreto successo fotografico – naturalmente tutto rapportato alle proprie capacità tecniche e alla meta scelta.
Al di là delle capacità personali, dell’attrezzatura e della dedizione, uno degli spartiacque tra professionista e fotografo amatoriale (tolto ovviamente l’aspetto economico) è dato dalla casualità.
Il professionista NON può lasciare che sia il caso a governare il suo progetto fotografico, soprattutto se prevede spostamenti, costi di produzioni e il coinvolgimento di altri professionisti, durante e dopo l’esecuzione.
Se un fotografo viene pagato per raccontare la transumanza in Camargue, deve tornare a casa con una storia per immagini che faccia esattamente quello per cui è stato incaricato e lo deve fare nei tempi e nei costi previsti – salvo naturalmente cause di forza maggiore.
Questo lo costringe ad un minuzioso lavoro di programmazione, aspetto del tutto ignorato – solitamente – da chi invece fotografo soltanto per piacere.
La sfida di questo post è racchiusa tutta in questa parola: programmazione.
Impariamo a programmare i nostri viaggi fotografici, come se trattasse di veri e propri assignment – per dirla con un filo di spocchia…
Pensiamo al nostro viaggio come ad un progetto e prepariamolo con cura. Facciamo quello che fanno i professionisti, creiamo quella che in gergo si chiama shot list.
- Documentiamoci
È quasi più difficile non farlo al giorno d’oggi. Guide, associazioni fotografiche, amici, conoscenti, ma soprattutto internet.
Raccogliamo quante più immagini possiamo dei luoghi che andremo a visitare. Cerchiamo di approfondire la nostra conoscenza della storia, delle tradizioni, della religione delle mete che fotograferemo. - Facciamo un elenco delle foto irrinunciabili
Elenchiamo quelle tre/quattro immagini alle quali non siamo disposti a rinunciare – ad esempio il Taj Mahal ad Agra, il Brooklyn Bridge o l’Empire State Building a New York, il Tower Bridge a Londra.
Non devono essere necessariamente icone o luoghi comuni. Siamo noi a decidere il grado di irrinunciabilità.
Pianifichiamo le foto in base all’itinerario del nostro viaggio e il contrario soltanto se lo scopo del viaggio è la fotografia, questo approccio ha il merito di ridurre gli attriti con chi viaggia con noi.
Abituiamoci a buttar giù liste di questo genere:VARANASI, India
Ghat dalla barca all’alba
Ghat al tramonto (barca?)
Vicoli città vecchia
Volti saddhu
Puja mattutina (dettagli e ritratti)
Golden Temple.
Asi Ghat
Dashswashamed Ghat
Man Mandir Ghat
Gente per strada - Pianifichiamo gli scatti irrinunciabili
Decidiamo prima di partire quale momento della giornata è più propizio per scattare ognuna delle foto che abbiamo elencato come irrinunciabili.
Annotiamolo su un calendario, ci aiuterà ad ottimizzare tempi e spostamenti e ad evitare conflitti
Ad esempio:
Primo giorno
Alba – Taj Mahal
Tramonto – Red Fort
Pomeriggio – Tintura della seta
e così via.
È inutile arrivare di buon mattino se ciò che ci interessa lo scatteremo appena dopo il tramonto.
Aiutiamoci con la tecnologia. Esistono app in grado di visualizzare posizione e altezza del sole per qualsiasi luogo della terra, in qualsiasi giorno e ora dell’anno. Usiamole per limitare la casualità al minimo. Se voglio fotografare lo skyline di New York al tramonto è meglio farlo dal New Jersey, che non da Brooklyn, mentre l’alba è più interessante da Brooklyn e dal Queens – è soltanto una questione di astronomia e di geografia, ma è molto molto semplice venirne a capo.
Se non viaggiamo da soli, informiamo con un certo anticipo i nostri compagni di viaggio circa le nostre intenzioni.
Fotografare richiede un pizzico di sacrificio e spesso levatacce, comporta noiose attese che chi non fotografa non può comprendere e giustificare. Teniamone conto, se non siamo in viaggio da soli, - Visualizziamo gli scatti
Cerchiamo di immaginarci come pensiamo di scattare, ci aiuterà nel scegliere l’attrezzatura da portare per realizzare ciò che abbiamo in testa. - Prendiamo in considerazione la logistica
Fotografare non significa soltanto inquadrare, comporre e scattare. Significa anche trovarsi al momento ideale nel luogo prescelto, con le giuste condizioni di luce (ci si augura) e nel punto migliore di ripresa.
Per fare questo bisogna farsi carico dell’aspetto logistico con un certo anticipo, che significa calcolare con una discreta precisione i tempi di spostamento, tenendo presente, ad esempio, che per scattare all’alba è consigliabile farsi trovare sul posto una buona mezz’ora prima che sorga il sole, tenendo presente le possibilità effettive dei mezzi di trasporta a disposizione.
Questo non significa incasellare tutto in un ordine prestabilito e rinunciare a tutto ciò che non siamo in grado di controllare.
Lasciamoci sorprendere dal caso e cerchiamo di trarne il massimo, fotograficamente parlando.
Ma cerchiamo anche di evitare di gironzolare spaesati, senza meta, alla ricerca di qualche cosa che non si palesa, soltanto perché siamo arrivati impreparati.
Usiamo la testa per evitare delusioni e non per ingabbiare la creatività.
5 trucchi pratici per ritratti migliori
Non è un segreto, amo la fotografia di ritratto e appena posso viaggio. Le due cose, quando si combinano, danno vita al mio nirvana fotografico. Forse qualcuno di voi nutre i miei stessi gusti, se sì, spero che questo post possa aiutarvi a migliorare.
Ecco 5 trucchi pratici che possono tornare utili quando siete in viaggio e volete dedicarvi al ritratto.
- Portate sempre un flash con voi
Con il rischio di risultare pedante – e pesante – lo ripeto all’infinito, come un mantra.
Fate sempre un po’ di spazio nella vostra borsa per un piccolo flash. Farà la differenza in molte occasioni, soprattutto nel caso decidiate di darvi alla fotografia di ritratto.
Non usatelo mai direttamente – a meno che non si tratti di un puro lampo di schiarita.
Miscelatelo sempre con la luce ambiente a disposizione, per questo fate attenzione alla coppia tempo/diaframma che scegliete. Il tempo regola la quantità di luce ambiente che entrerà nello scatto e il diaframma la luce flash, evitate che la luce flash faccia sembrare i vostri soggetti dei plasticoni.
La presenza del flash NON si deve praticamente cogliere, deve aiutare la luce ambiente, ma non soverchiarla, a meno che non siate alle prese con scatti particolarmente creativi.
Il colpo di flash deve aiutare a staccare il soggetto dallo sfondo, non deve essere protagonista.
Fate in modo di conoscere le funzioni principali – almeno – del vostro flash e studiate diligentemente la teoria della fotografia flash. Non lasciatevi intimorire, quel poco coraggio che serve per affrontarla vi garantirà risultati superiori alla media… dei vostri amici più pigri. - Abbinate il soggetto alla location
Scegliete con cura dove scattare. Giocate d’anticipo, pensate prima di mettere in posa il soggetto.
Se non si tratta di un assignment, ma di un ritratto al volo, fate mente locale subito e fatelo in fretta.
Dove scattate il vostro soggetto vale quasi quanto la posa che gli chiederete di assumere.
Il luogo, l’ambiente, racconta molto e aiuta ad inquadrare meglio il vostro soggetto e lo fotografia che andrete a realizzare.
Abbinate con cura soggetto e location. Se la location rischia di essere un luogo comune, cercate di sfruttarla in modo creativo o, se il soggetto si presta, puntate su una posa particolare.
È scontato aspettarsi Emanuele Canaparo, produttore di nocciole delle Langhe, ritratto tra le nocciole, ma lo è meno vederlo letteralmente galleggiare su un mare di nocciole. - Cogliete l’attimo
Scattare una foto significa congelare un attimo. Un ritratto risulterà ancora più eloquente se riuscirete a cogliere un gesto particolare, spontaneo. Per questo, fateli muovere. Non è necessario che si mettano a ballare il tip-tap, ma anche semplicemente muovendo le mani o le braccia, riuscirete a soffiar via quella patina di imbarazzo che molto spesso si coglie in modo fin troppo evidente nei ritratti posati. Ma non insistete. Se muoversi non è nelle corde dei vostri soggetti, non insistete, o creerete maggior danno, facendo salire l’imbarazzo alle stelle.
Spesso anche soltanto i piccoli movimenti delle mani o quell’espressione particolare possono fare la differenza. Siate pronti a coglierla, non è replicabile il più delle volte e quasi sempre dura il tempo di un click.
Nella foto, che amo particolarmente, Anna Vizziello, concertista classica, ha rotto la posa per colpa – o merito – di una zanzara. Se non fossi stato pronto, lo scatto non esisterebbe e credo che la zanzare abbia saputo regalare all’amica Anna una spontaneità incredibile.
- Vicino e lontano. Dentro e fuori.
Dentro e fuori. È un modo di dire che credo spieghi bene la questione.
Dentro, nel senso di ravvicinato, nel senso di primo piano, di dettaglio.
Fuori, nel senso di più lontano, con più aria attorno, con più ambiente.
È un’ottima regola, anche per chi scatta ritratti – soprattutto per chi scatta ritratti: gli regala varietà e possibilità di sottolineare aspetti del soggetto che un taglio accademico non sempre è in grado di garantire.
Scattate primi piani. Scattate primissimi piani. Andate oltre, scattate dettagli. Dentro.
Perché anche il dettaglio parla, soprattutto le mani.
Ma poi allontanatevi e dedicatevi alla figura intera e poi allargate ancora e includete un po’ di ambiente. Fuori.
Siate vari, i ritratti non sono soltanto scatti testa/spalle. - La luce migliore è fatta di ombre
Amo questo controsenso e ne sono assolutamente convinto.
La luce migliore – quanto meno per come la vedo io – è quella che porta ombre, anche importanti, anche nette, perché no.
Sperimentatela nei vostri ritratti.
Cercate le ombre, sottolineatele, usatele per definire ed esaltare la tridimensionalità
È chiaramente una questione di gusto. Io personalmente preferisco i ritratti contrastati ai ritratti morbidi, molti non la penseranno come me, ma alla fine questo blog lo tengo io – ah ah ah!
Fate un esercizio mentale, prima di scattare, provate a pensare a come Caravaggio avrebbe illuminato il vostro soggetto, provate ad immaginare a come lo avrebbe illuminato Rembrandt – sì, avete letto bene, ho scritto Caravaggio e Rembrandt, non Steve McCurry, Caravaggio e Rembrandt, due maestri nell’uso della luce. Sono più che convinto che se proverete ad usare la luce come Caravaggio o Rembrandt, alla fine vi verranno scatti molto vicini al linguaggio fotografico di McCurry (!) e di altri mostri sacri della fotografia moderna.
Se la luce che state utilizzando non è troppo diffusa ha una sua direzione precisa. Individuatela! Cercate da dove arriva la luce e studiate come cadono le ombre, sul volto del vostro soggetto, sull’ambiente. Sfruttatela.
La luce è magia: sfruttatela, ed è gratis, tra l’altro.
Forse a qualcuno di voi potrà sembrare un elenco ovvio, anche un filo banale – spero non a molti, altrimenti devo prendere seriamente in considerazione l’idea di chiudere il blog. Per coloro che invece non pensano si tratti di banalità, oltre alla mia gratitudine, va un ultimo consiglio: cercate il vostro stile personale.
Aggiungiamo un po’ di movimento usando il flash
Può sembrare un controsenso, dal momento che tutti vi avranno di certo detto che “il flash si usa per congelare l’azione”, ed è così, ma se usato con una particolare tecnica, allora il gioco è fatto.
Non è difficile e funziona meravigliosamente anche in situazioni di scarsa illuminazione.
Il trucco è semplice, molto semplice, quasi banale: un tempo di posa lungo, quello che gli anglofoni in gergo chiamano dragging the shutter, letteralmente ‘trascinare l’otturatore’, che poi in effetti è quello che facciamo, costringiamo l’otturatore a stare aperto più del necessario per il solo colpo di flash (che si esaurisce mediamente attorno ad 1/1500 di secondo).
Cosa succede nel resto del tempo che l’otturatore resta aperto? Semplice, che la macchina registra la scena e che, inevitabilmente la scena risulterà mossa.
Cerchiamo di capire dunque come sfruttare il flash per creare la sensazione di movimento.
Montate il vostro flash sulla slitta, ma fate in modo di non puntare la luce direttamente sul soggetto, molto meglio se lo puntate in alto, attivando il cartoncino bianco che serve a far rimbalzare il colpo di flash.
La modalità più semplice da scegliere è naturalmente la priorità di tempo – ma funziona benissimo anche in manuale o in priorità di diaframma. La cosa importante è che scegliate un tempo sufficientemente lungo, ad esempio 1/15″.
La macchina calcolerà la corretta esposizione, indicando un diaframma e il gioco è fatto.
Un secondo dettaglio fondamentale per ottenere la sensazione di movimento è quello di impostare il flash in modo che scatti sulla seconda tendina, cioè a fine esposizione.
Quando il flash parte, congela l’azione – questo è fondamentale da ricordare. L’effetto movimento è di gran lunga più credibile e più gradevole se il flash scatta a chiusura dell’esposizione.
Vediamo cosa accade, in pratica: click, la macchina comincia a registrare la scena, strisciando i soggetti in movimento, poi arriva il flash che fissa il tutto. Nello scatto si avrà dunque la sensazione di una scia temporale lasciata dal movimento.
Più il movimento dei soggetti è lineare (pensiamo ad un uomo che corre o ad una macchina) e meno credibile risulterebbe lo scatto con il flash impostato sulla prima tendina – otterremmo una sorta di moviola e non una scia temporale.
Provare per credere (e capire).
Fidatevi: flash sulla seconda tendina, priorità di tempi, tempo lento e… click.
Nella foto d’apertura, scattata durante il matrimonio di due amici, ho pensato di aggiungere un po’ di azione al momento del ballo degli sposi. L’atmosfera attorno era gioiosa, gli ospiti ballavano e cantavano e volevo recuperare un po’ di quella sensazione nello scatto. Fatto! Un colpo di flash e un tempo lento per strisciare, proprio mentre i due sposi si baciavano.
Il segreto sta nel seguire con la macchina fotografica il movimento del soggetto – badando però a non muoversi troppo, altrimenti prevarrà lo sfocato.
Qui sotto un secondo momento dello stesso matrimonio, dove la sposa si è lanciata in una pizzica indiavolata.
Come spesso capita nella fotografia, non esiste una regola precisa, se vi state chiedendo quale sia il tempo ideale, rilassatevi; non c’è. Ogni situazione è diversa e merita che facciate qualche tentativo, Solitamente tra 1/15″ e 1/4″ il giochetto riesce sempre, ma molto dipenda da quanto veloce si muove il soggetto, se ci viene incontro, se ci sfreccia davanti più o meno perpendicolare all’obiettivo, se siamo fermi o ci muoviamo (un po’ di movimento di macchina aggiunge mosso).
E molto, moltissimo, dipende dal risultato che stiamo cercando, per cui… provare, provare, provare.
10 trucchi per ritratti migliori

Andrea, architetto, ritratto in cantiere. Ambiente e dettagli (cassetto e mappa arrotolata) sostengono la storia in modo chiaro, ma non invadente: il soggetto resta il focus del ritratto.
Oh no! L’ennesimo decalogo che promette miracoli! Oh no-o-o-o!
Chiedo perdono, ci sono cascato a piedi dritti, ma ieri, alla ricerca dell’ispirazione su cosa pubblicare, mi sono ritrovato seduto sul divano a riflettere su che tipo di fotografia mi piace di più e mi sono risposto: il ritratto, non c’è dubbio.
Poi mi sono domandato perché e la risposta, la prima risposta che mi sono dato è stata: perché in ogni scatto si nasconde una storia, la storia della persona che ritraggo.
E allora ho provato a pensare a quello che faccio – quasi – ogni volta che ho la possibilità di scattare un ritratto e ho scoperto che è poi quello che fanno anche molti altri fotografi – anche molto, molto più dotati e quotati di me.
E allora… forse quella piccola routine può essere facilmente tradotta in un decalogo di piccoli espedienti pratici – non garantisco che vi faranno scattare ritratti migliori, ma sono convinto che potrebbero davvero farlo.
Ed ennesimo decalogo sia!
- SIATE CURIOSI
Fate domande. Se vi è possibile, incontrate il vostro soggetto con un po’ di anticipo – il massimo è bersi una cosa assieme, anche un semplice espresso. Usate quel tempo (d’oro) per conoscere chi state per scattare.
Fate domande, ma non trasformatele in un terzo grado.
Siate genuinamente curiosi. Se non vi viene, se non lo siete, se non lo sentite… lasciate perdere.
Se invece siete curiosi, chiedete, chiedete, chiedete… le risposte del vostro soggetto potrebbero innescare la vostra creatività, togliervi d’impiccio in situazioni di eventuale difficoltà, darvi punti di vista o linguaggi alternativi.
Cercate di comprendere il punto di vista del vostro soggetto. Non sempre ci riuscirete, sforzatevi di farlo. Può sembrare uno sforzo inutile ai fini della fotografia, ma – inspiegabilmente – non lo è. Empatia è la parola chiave. - METTETE A SUO AGIO IL VOSTRO SOGGETTO
È il segreto di Pulcinella, ma anche l’obiettivo più difficile da raggiungere.
Chi non è abituato a farsi fotografare, è nervoso, ansioso, non vede l’ora di finire, vive ogni click come una scudisciata.
Il vostro compito primo è provare a stemperare la tensione.
Sdrammatizzate, usate l’autoironia, usate la simpatia, usate la rapidità… qualunque trucco, ma mettete a suo agio (per quanto possibile) il vostro soggetto. - NON ABBIATE PAURA DI DIRIGERE.
Dite al vostro soggetto cosa volete che faccia, credetemi, non aspetta altro.
Fatelo con gentilezza, ma fatelo con chiarezza. Siate pazienti. Usate indicazioni semplici, elementari e aspettatevi che non vengano interpretate correttamente.
Non dite solamente “gira la testa”, guardando in macchina, piuttosto mostrate quello che intendete e sottolineatelo con le parole.
Cercate di ricordarvi che per il vostro soggetto tutto è ribaltato – la vostra destra è la sua sinistra. Potrebbe essere più efficace usare riferimenti ambientali del tipo “gira la testa verso la porta” o “appoggiati al tavolo”, che non “gira la testa a destra” e basta.
Non aspettatevi che il soggetto si metta esattamente nella posa che avete in mente, siate gentili e pazienti e guidatelo passo passo. Dopo i primi minuti, tutto comincerà a scorrere. Mai spazientirsi o sbuffare. - FATE USCIRE LE EMOZIONI E SIATE PRONTI A CATTURARLE
Questo forse avrei dovuto metterlo in testa, ma mi è venuto ora, per ciò…
Quando scatto un ritratto, non smetto mai di chiacchierare con il mio soggetto. Riprendo quello che ci siamo raccontati prima. Chiacchiero anche durante le pause. In modo casuale, di tutto, anche di argomenti che potrebbero essere scomodi, ma spesso sono proprio questi che fanno emergere le emozioni.
Cercate le emozioni e fatevi trovare pronti quando emergeranno, o sarà tutto lavoro sprecato. - USATE L’AMBIENTE
L’ambiente parla e racconta la storia del vostro soggetto. Usatelo, imparate a dosarlo, non fatelo parlare sopra il vostro soggetto, fate in modo che l’ambiente completi le informazioni sul vostro soggetto. Immaginate un ritratto ambientato come una di quelle vignette con i pallini da congiungere, l’ambiente ha la forza di sostenere la storia del vostro soggetto, di enfatizzarla, di sottolinearla, di completarla. Non datelo per scontato.
Di solito, prima di iniziare a scattare, mi faccio mostrare dal soggetto angoli che ama, mi faccio raccontare il motivo, li osservo e li immagino in macchina. Poi scatto.
Un soggetto ritratto in un ambiente familiare si rilassa e sente meno l’ansia – naturale – di essere fotografato. - CERCATE ALTERNATIVE
Anche se siete certi di avere lo scatto che cercavate, pensate ad un’inquadratura alternativa o ad una scena diversa.
Non ve ne pentirete. - PENSATE AL MOVIMENTO
Ritratto fa pensare a posa. Qualche volta il movimento può aggiungere quel quid che rende lo scatto memorabile.
Un semplice gesto della mano, un sorriso, un passo… qualsiasi cosa.Le zanzare e un sorriso colto al volo hanno dato una mano a creare un ritratto dal grande impatto
- FATE QUALCHE PAUSA
Chi non è abituato a farsi fotografare soffre terribilmente la macchina fotografica e questa sofferenza genera ansia e stanchezza. Fate pause, durante le quali cercherete di stabilire una relazione ancora più forte.
Evitate di fermarvi se sentite che il soggetto ha finalmente trovato il giusto feeling, ma non approfittatevene.
Non torturate i vostri soggetti con shooting oltre modo lunghi. - STABILITE UNA RELAZIONE SINCERA (e forte)
Non credo servano spiegazioni. Che dite!? - NON DIMENTICATE CHE LA FOTOGRAFIA È UN’ARTE
La creatività è ammessa!
Questi 10 punti riassumono più o meno quello che faccio io.
Sono piccole manie pratiche, con me funzionano, magari funzionano anche con voi.
Ogni soggetto ha la sua personalità, questo non va dimenticato, per ciò non è detto che quello che ha funzionato con uno, debba per forza funzionare sempre.
Siate flessibili, siate attenti.
Se state scattando un orso, non insistete perché si lanci in una conversazione fiume, ma non fermatevi al primo tentativo.
Ognuno ha la sua tecnica – io gioco molto con le parole, con l’autoironia e con le battute. Trovate la vostra e in bocca al lupo.
Ritratti con il grandangolo

Un ritratto ambientato impiegando una focale corta: tanto ambiente e sensazione di essere dentro la scena.
Certo, qualcuno storcerà il naso e attaccherà la solita tiritela “ma per i ritratti si usa un 80 mm!”… tutto vero, non sto vaneggiando, semplicemente vi dò un consiglio per provare qualcosa di alternativo in termini di composizione.
Perché un grandangolo
L’ampio angolo di ripresa offerto da un grandangolo consente di abbracciare ampie inquadrature e questo può generare ritratti ambientati con una certa personalità.
Per contro, saremo costretti ad avvicinarci molto ai nostri soggetti e questo, soprattutto per i più timidi di noi, non è certo un bene.
Se scegliamo di ritrarre un soggetto con il grandangolo, dobbiamo soprattutto pensare in termini di ritratto ambientato. Gli obiettivi con focale piccola non sono certo i migliori obiettivi per rendere i tratti somatici dei nostri soggetti, ma diventano strumenti interessanti per proporre il soggetto nel suo contesto. Cerchiamo però di tenere sempre sotto controllo le distorsioni tipiche dei grandangoli, nasoni e testone non sono mai punti a favore di un ritratto. Cerchiamo di tenere la macchina il più allineata all’orizzonte, evitiamo inquadrature alto/basso o basso/alto per limitare le distorsioni.
Un trucco per limitare le distorsioni delle linee verticali è quelllo di attivare la griglia del mirino ed ancorare la composizione dello scatto ad essa.
Al contario, potrebbe essere interessante dal punto di vista del linguaggio fotografico, esaltare le distorsioni prodotte dall’obiettivo. In questo caso, non siate pavidi, fatelo con giudizio, ma fate capire che non siete incappati in un errore tecnico, ma che state usando una certa creatività nell’inquadrare.Più vicini al soggetto, più intenso lo scatto
Lasciamo la timidezza a casa e scattiamo a distanza ravvicinata, questo ci aiuterà a produrre scatti con maggio pathos, lo spettatore si sentirà tirato dentro la scena, e, una volta affinata la tecnica, le nostre foto risulteranno più intense.Tutto a fuoco!
Se pensate ad un ritratto con un primo piano che si staglia su un bokeh perfetto… i grandangoli non sono il vostro pane!
Gli obiettivi grandangolari offrono una profondità di campo molto ampia, questo consente di mantenere sia primo piano, sia sfondo perfettamente a fuoco, ricordiamocelo e cerchiamo di sfruttare la cosa.
Scegliamo sempre sfondi interessant e che sappiano aggiungere significato al soggetto ritratto. Siccome lo sfondo risulterà quasi sempre a fuoco – esattamente come il soggetto in primo piano, facciamo in modo che lo sfondo non mangi il soggetto ritratto.
Molti fotografi da strada montano piccole focali per non dover metter a fuoco e per scattare alla cieca.
Per concludere: impiegare un grandangolo per fare ritratti può essere un modo per ampliare la nostra tecnica fotografica e per differenziare i nostri scatti.
SOS Nepal. Aiutatemi ad aiutare
E’ un altro appello che rivolgo a voi amici del blog.
Il Nepal, paese che amo e che conosco molto bene, è stato colpito da un’immane catastrofe, un terromoto che ha fatto oltre 5 mila vittime ed il cui numero rischia di raddoppiare, se penso alle condizioni del paese in una situazione normale (figuriamoci in un’emergenza di queste proporzioni).
Ho pensato di fare qualcosa, qualcosa di piccolo, è chiaro, ma “piccolo” è meglio di niente.
Qualche anno fa ho scattato la foto che vedete in apertura. E’ un dettaglio degli stupa di Boudanath, a Kathmandu.
Ho pensato di dar vita ad un’edizione straordinaria “fuori serie” destinata alla raccolta fondi.
La stampa, 26×18, certificata, numerata e firmata, è venduta a 50 euro, 20 dei quali verranno devoluti al conto corrente postale di Banca Prossima, dedicato aalla raccolta fondi per la popolazione nepalese.
Il prezzo comprende le spese di spedizione – io non guadagno nulla, sia ben chiaro questo, il resto dei 50 euro serve per la produzione e la spedizione.
Se qualcuno è interessato, per 10 euro in più, includo anche la cornice.
Non so quanto potrà fare, ma sono convinto che tutto serva in questi casi.
Aiutatemi ad aiutare.
Qui trovate il link che vi porta direttamente al mio store on-line. Per noi si tratta di una cena di meno, per i nepalesi può essere la differenza tra vivere e morire. Grazie
Walter Meregalli
Supporta l’arte, dona la tua parte
Sì proprio così, si tratta di un appello pubblico per fare in modo che un progetto che ho curato e realizzato all’interno del un contenitore artistico “Emergenze” sfoci in una mostra.
Lo scorso febbraio sono stato invitato a Perugia dai curatori di Emergenze a prendere parte con una sessione di ritratti all’installazione artistica de “Il Filo Rosso” di Kristina Borg. Per due giorni ho scattato ritratti di coloro che passavano per piazza Matteotti – uno stile molto asciutto, una luce semplice, davanti ad un fondo bianco.
Ho battezzato il progetto Emergenze Ritratte e solo dopo mi sono esco conto del gioco di parole che il nome creava – mi piaceva l’idea che i miei ritratti “emergessero”, ma al tempo stesso si “ritraessero”, cioè si nascondessero quasi.
I cento ritratti costituiscono uno spaccato fotografico – e demografico al tempo stesso – della Perugia di oggi. Ho ritratto il perugino doc e il turista di passaggio, lo straniero che vive a Perugia e chi invece la città la bazzica soltanto nei fine settimana, il sindaco, lo spazzino, il senzatetto, il professore, l’architetto, il negoziante, il regista, la casalinga, lo studiente. Cento ritratti per una sola città, per fare emergere il suo vero volto.
Il comune ci ha dato il suo appoggio in termini di patrocinio e luogo dell’eventuale mostra: la splendida e imponente Rocca Paolina.
Ora tocca a noi!
Non servono molti soldi per trasformare il progetto Emergenze Ritratte in una mostra e donare è semplicissimo.
Qui di seguito trovate il link ad un primo sito di crowdfunding, ognuno può donare quanto crede, a partire da 5 euro. Chi ci aiuterà con il progetto verrà elencato nei totem che monteremo all’ingresso della mostra e nella speciale sezione del catalogo.
Ora tocca a noi!
Questo il link: Emergenze Ritratte