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Ritratti: l’importanza del gesto
Molti fotografi concordano che gli occhi siano l’elemento chiave in un ritratto, alcuni, addirittura, non concepiscono un ritratto senza che il soggetto non guardi dritto in macchina.
Personalmente non sono così rigido, amo i ritratti dove il soggetto è di profilo, tanto quanto quelli dove lo sguardo è dritto e diretto all’obiettivo.
Chiaramente quando il soggetto guarda in macchina ingaggia una relazione con chi guarda decisamente più potente e solida, ma non per questo dobbiamo privarci della possibilità di variare la posa.
Un dettaglio del quale invece pochi parlano è il gesto.
Anche se stiamo scattando un ritratto, e quindi siamo concentrati sul volto e sull’espressione del nostro soggetto, non sottovalutiamo l’importanza dei gesti, i gesti hanno la forza di caratterizzare meglio il nostro soggetto, oltre che di rendere un ritratto più interessante e meno scontato.
Vi mostro un esempio pratico, e giudicate voi stessi.
Ecco due scatti dello stesso soggetto, si tratta di due ritratti scattati a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, nelle stesse condizioni di luce e mantenendo inquadratura e focale più o meno simili.
In entrambi i casi il soggetto guarda in macchina – per buona pace dei puristi del ritratto – nel secondo il gesto di appuntirsi il baffo, sono riuscito a cogliere un gesto che rende il ritratto più interessante, più singolare.
Questo riusciamo a farlo quando la fretta non ci assilla e quando riusciamo, anche al di là della barriera che impone una lingua diversa, instaurare un rapporto con chi stiamo fotografando.
In questo caso, risolti i conticini di base relativi all’esposizione e scelta l’inquadratura, mi sono concesso un po’ di tempo e ho provato a conversare con il mio soggetto – la maggior parte dello scambio verbale era improntato sul “yes, thank you”, “ok, one more, if you please” e tanti, tanti, tanti sorrisi.
Degli scatti effettuati, quello dove si liscia il baffo è senza dubbio quello che mi soddisfa maggiormente.
Tornano gli workshop fotografici
Con l’autunno, ritornano gli workshop di fotografia.
La formula è quella che negli anni si è dimostrata vincente: una weekend di giorni di full immersion dedicato ad uno specifico aspetto della fotografia, con due brevi sessioni teoriche al mattino, di circa due ore l’una, e molta pratica sul campo, in gruppo e attraverso esercizi specifici che hanno l’obiettivo di far spiegare ai partecipanti l’argomento affrontato.
Gli workshop prevedono gruppi contenuti, con un massimo di 12 partecipanti, in modo che tutti possano venire seguiti in modo completo.
Gli argomenti degli workshop vanno dalla composizione fotografica, alle tecniche di base, alla street photography, alle tecniche avanzate.
Un particolare interesse è dedicato allo story telling fotografico: l’arte di raccontare attraverso le immagini, che viene trattata in un workshop di quattro giornate complessive (due weekend).
Il primo workshop si terrà a Milano, il 17 e 18 ottobre ed è dedicato alla composizione fotografica.
Qui trovate tutte le informazioni relative al workshop e anche il modulo per iscriversi.
5 consigli per i ritratti in viaggio
- Scegliamo con molta cura i nostri soggetti
I grandi ritratti trasmettono immediatamente. Qual è il segreto? Sicuramente una buona composizione, sicuramente un uso corretto della tecnica, ma soprattutto il soggetto.
Non lasciatevi travolgere dall’ansia di scattare chiunque incontriate, solo perché in viaggio. Non farete che riempire le vostre card con volti che finirete col cancellare, prima o poi.
Imparate ad aspettare, a selezionare. Cercate tra la folla, attendete con calma. Studiate i tratti somatici, ma in particolare modo studiate le espressioni e aspettate le condizioni favorevoli perché il soggetto si possa trasformare in una bella storia fotografica.
- Siate rapidi, siate cortesi. Siate reattivi.
Sono davvero pochi i soggetti che si sentono a loro agio di fronte ad un obiettivo puntato. Ecco una ragione per essere rapidi. Personalmente prediligo instaurare un qualche rapporto con chi scatto, anche se per soltanto qualche minuto. Mi piace chiacchierare, in qualsiasi brandello di idioma comune. Sento che attraverso quel tentativo, che i soggetti dimostrano sempre di apprezzare molto – anche quando nessuno capisce l’altro, le distanze si assottigliano e scatta una sorta di empatia, che spesso si traduce in espressioni molto particolari.
Questo però rappresenta il prima. È il durante che irrigidisce la maggior parte dei soggetti, per cui, durante, cercate di essere rapidi e di limitare la fase di scatto ad una manciata di minuti, sottolineati sempre da una grande cortesia.
Lavorate in anticipo. Componete mentalmente, risolvete i dettagli legati all’esposizione il più in fretta possibile, evitate di arrivare all momento dello scatto confusi o indecisi. Chi si concede non ha tempo da perdere e vi sta regalando un momento irripetibile, questo non vi deve far travolgere dall’ansia, ma deve spingervi ad essere sempre molto presenti. Siate reattivi! - Fuoco sugli occhi
È un dato di fatto: gli occhi catalizzano l’attenzione di chi guarda. Nel ritratto sono un punto focale e vanno mantenuti sempre a fuoco! Non è necessario che il soggetto guardi sempre in macchina, anche se molto spesso, quando questo accade, si instaura con chi guarda una relazione decisamente più forte. In ogni caso, che il soggetto guardi in macchina o che il soggetto volgo lo sguardo altrove, assicuratevi che gli occhi siano sempre a fuoco, a prescindere dalla profondità di campo che impiegate.
- Luce e ombre
Scelto il soggetto, considerate con molta attenzione la luce. Valutatene la direzione, analizzatene la qualità.
Le zona in ombra sono fondamentali quanto le zone in luce. L’alternanza tra ombra e luce crea la tridimensionalità.
Evitate la luce piatta, cercate i contrasti – che io personalmente prediligo. Componete con cura osservando come cade la luce sul volto.
Non è vero che non si possano scattare ritratti in pieno sole, forse non è consigliato per tutti i soggetti, ma con la dovuta cura e con la voglia di gestire contrasti azzardati, la luce dura del sole a picco può contribuire a ritratti molto evocativi.
Se decidete di avventurarvi in questa prova, scegliete con cura il soggetto. Il sole a picco sul volto è difficile da gestire, genera ombre dure sotto il mento, sotto il naso e sugli zigomi, enfatizza le rughe. Scegliete con estrema cura i vostri soggetti, non tutti si prestano ad essere ritratti in luce dura, evitate le donne, a meno che non siano anziane e vogliate enfatizzarne i caratteri somatici, evitate i bambini.
Tutto cambia quando il sole si nasconde.
In molti vi diranno che la luce migliore per eseguire ritratti in esterna è la luce morbida delle giornate nuvolose. Tutto vero, ma anche in questo caso mi permetto di consigliarvi di cercare sempre una posa che si avvalga di un certo contrasto.
A differenza del sole pieno, la luce che filtra dalle nuvole è morbida e genera contrasti miti, dimostrandosi quasi sempre ideale per il ritratto.
Non indugiate e munitevi di un piccolo flash portatile, può tornare utile per riempire o per creare quel contrasto che magari in natura non esiste. Se decidete di affidarvi al flash, fate in modo che sparisca, imparate cioè a miscelare con cura e attenzione il lampo del flash e la luce ambiente – ricordatevi: il diaframma controlla il flash, il tempo la luce ambiente – e non usatelo mai frontale e diretto.
- Fondo pulito
Se non state scattando un ritratto ambientato, beneficiate al massimo della minima profondità di campo. Mandate lo sfondo completamente fuori fuoco, rendetelo poco più di un suggerimento, di un accenno grafico a sostegno del volto ritratto.
Allenate l’occhio a cercare fondi che non distraggano o che non fagocitino il soggetto.
Allenate l’occhio a scorgere elementi di disturbo, di solito si nascondono ai bordi dell’inquadratura.
Spostatevi di qualche passo a destra o a sinistra, abbassatevi di un poco o alzate il punto di inquadratura affinché non ci siano elementi di disturbo.
5 trucchi per cogliere l’essenza di un luogo.
Quando viaggiamo, spesso, ci facciamo prendere dall’ansia di riuscire a cogliere, attraverso la macchina fotografica, l’essenza di un luogo.
Tranquillizzatevi, non è una cosa semplice, e spesso non è nemmeno una cosa che capita al primo colpo.
Molto dipende dal luogo, molto dipende dalla nostra personalissima definizione di essenza.
Ci sono luoghi che mostrano essenze diverse e, contemporaneamente, ne nascondono decine d’altre. Che senso ha porsi come obiettivo quello di cogliere l’essenza di questi luoghi con una fotografia, è un compito vano, impossibile.
Fortunatamente però possiamo provare a scattare fotografie che contribuiscano a trasmettere le sensazioni che quei luoghi ci passano – questo non solo è possibile, ma dovrebbe essere il primo obiettivo che ogni fotografo di viaggi si dovrebbe porre.
Provo a raccogliere qualche consiglio pratico.
- Perdetevi
Perdersi è l’essenza del viaggio, così una volta mi ha detto un giornalista americano in un bar di Kathmandu.
Può essere, di certo, perdersi, aiuta fotografare un luogo molto meglio. Perdersi significa gironzolare senza una meta precisa, lasciarsi guidare dal luogo stesso.
Una volta arrivati sul posto, non iniziate a scattare come piccoli robot, prendetevi del tempo per incontrare il luogo. Quanto tempo? Dipende da quanto ne avetea disposizione, dieci minuti, mezza giornata, due settimane… prendetevi tutto il tempo che potete, usatelo come camera di decompressione per la testa e per gli occhi e durante quel tempo (prezioso) alzate per bene le antenne della creatività. - Rallentate
Non c’è peggior nemico della buona fotrografia della fretta. La fretta uccide la creatività, uccide la precisione, uccide l’intenzione.
Cercate di pianificare per tempo, in modo da non trovarvi incastrati in una routine massacrante.
Cercate di dilatare i tempi ad ogni luogo che avete in predicato di visitare e fotografare.
Solo rallentando riuscirete a crearvi la possibilità per evitare la trappola della cartolina. - Il momento giusto
Niente è fondamentale come trovarsi sul luogo al momento giusto.
Ok, albe e tramonti sono un must, lo sappiamo ormai tutti, e sappiamo anche che è necessario farsi trovare pronti sul luogo con un certo anticipo, rispetto all’alba e al tramonto.
Ma dovete andare oltre. Fate ricerca, cercate di capire se esistono momenti salienti durante la giornata, se esistono giorni particolari durante la settimana o ricorrenze importanti. Perché quelli sono i momenti giusti.
L’alba sul Gange a Varanasi, il tai-chi in gruppo alle sette del mattino sul Bund di Shanghai, il mercato dei dromedari a marzo a Jaisalmer, la festa di Holi a Varanasi.
Questi sono gli appuntamenti importanti che si trasformano in momenti giusti e che hanno la forza di farvi catturare lo spirito del luogo. - Quando il turista dorme e mangia
Questo consiglio nasce da una certa pratica sul campo.
Se volete catturare lo spirito di un luogo, ahimè, sarete costretti a saltare parecchie ore di sonno e molte cene.
Il meglio di solito lo si immortala quando il turista medio dorme e mangia, che si traduce in levatacce prima dell’alba e cene fuori orario.
Se viaggiate con un compagno o una compagna che non divide la vostra passione per la fotografia è bene cerchiate un accordo sulle tempistiche del viaggio, questo vi aiuterà a non litigare per colpa della fotografia. - Vincete la pigrizia
Capita che al cospetto di luoghi iconici, la pigrizia prenda il sopravvento.
Perché fare fatica, quando l’ìnquadratura è già lì? Proprio perché è già e lo è per voi, come lo è stata per molti altri prima di e come lo sarà per molti, molti altri dopo di voi. Il che significa che state per scattare l’ennesima foto identica a centinaia, migliaia di scatti fatti da altri.
Vincete la pigrizia, andate oltre, cercata l’inquadratura alternativa, il taglio azzardato. Inserite un elemento umano, rendete i vostri scatti personali, aggiungete la vostra firma.
10 trucchi per ritratti migliori

Andrea, architetto, ritratto in cantiere. Ambiente e dettagli (cassetto e mappa arrotolata) sostengono la storia in modo chiaro, ma non invadente: il soggetto resta il focus del ritratto.
Oh no! L’ennesimo decalogo che promette miracoli! Oh no-o-o-o!
Chiedo perdono, ci sono cascato a piedi dritti, ma ieri, alla ricerca dell’ispirazione su cosa pubblicare, mi sono ritrovato seduto sul divano a riflettere su che tipo di fotografia mi piace di più e mi sono risposto: il ritratto, non c’è dubbio.
Poi mi sono domandato perché e la risposta, la prima risposta che mi sono dato è stata: perché in ogni scatto si nasconde una storia, la storia della persona che ritraggo.
E allora ho provato a pensare a quello che faccio – quasi – ogni volta che ho la possibilità di scattare un ritratto e ho scoperto che è poi quello che fanno anche molti altri fotografi – anche molto, molto più dotati e quotati di me.
E allora… forse quella piccola routine può essere facilmente tradotta in un decalogo di piccoli espedienti pratici – non garantisco che vi faranno scattare ritratti migliori, ma sono convinto che potrebbero davvero farlo.
Ed ennesimo decalogo sia!
- SIATE CURIOSI
Fate domande. Se vi è possibile, incontrate il vostro soggetto con un po’ di anticipo – il massimo è bersi una cosa assieme, anche un semplice espresso. Usate quel tempo (d’oro) per conoscere chi state per scattare.
Fate domande, ma non trasformatele in un terzo grado.
Siate genuinamente curiosi. Se non vi viene, se non lo siete, se non lo sentite… lasciate perdere.
Se invece siete curiosi, chiedete, chiedete, chiedete… le risposte del vostro soggetto potrebbero innescare la vostra creatività, togliervi d’impiccio in situazioni di eventuale difficoltà, darvi punti di vista o linguaggi alternativi.
Cercate di comprendere il punto di vista del vostro soggetto. Non sempre ci riuscirete, sforzatevi di farlo. Può sembrare uno sforzo inutile ai fini della fotografia, ma – inspiegabilmente – non lo è. Empatia è la parola chiave. - METTETE A SUO AGIO IL VOSTRO SOGGETTO
È il segreto di Pulcinella, ma anche l’obiettivo più difficile da raggiungere.
Chi non è abituato a farsi fotografare, è nervoso, ansioso, non vede l’ora di finire, vive ogni click come una scudisciata.
Il vostro compito primo è provare a stemperare la tensione.
Sdrammatizzate, usate l’autoironia, usate la simpatia, usate la rapidità… qualunque trucco, ma mettete a suo agio (per quanto possibile) il vostro soggetto. - NON ABBIATE PAURA DI DIRIGERE.
Dite al vostro soggetto cosa volete che faccia, credetemi, non aspetta altro.
Fatelo con gentilezza, ma fatelo con chiarezza. Siate pazienti. Usate indicazioni semplici, elementari e aspettatevi che non vengano interpretate correttamente.
Non dite solamente “gira la testa”, guardando in macchina, piuttosto mostrate quello che intendete e sottolineatelo con le parole.
Cercate di ricordarvi che per il vostro soggetto tutto è ribaltato – la vostra destra è la sua sinistra. Potrebbe essere più efficace usare riferimenti ambientali del tipo “gira la testa verso la porta” o “appoggiati al tavolo”, che non “gira la testa a destra” e basta.
Non aspettatevi che il soggetto si metta esattamente nella posa che avete in mente, siate gentili e pazienti e guidatelo passo passo. Dopo i primi minuti, tutto comincerà a scorrere. Mai spazientirsi o sbuffare. - FATE USCIRE LE EMOZIONI E SIATE PRONTI A CATTURARLE
Questo forse avrei dovuto metterlo in testa, ma mi è venuto ora, per ciò…
Quando scatto un ritratto, non smetto mai di chiacchierare con il mio soggetto. Riprendo quello che ci siamo raccontati prima. Chiacchiero anche durante le pause. In modo casuale, di tutto, anche di argomenti che potrebbero essere scomodi, ma spesso sono proprio questi che fanno emergere le emozioni.
Cercate le emozioni e fatevi trovare pronti quando emergeranno, o sarà tutto lavoro sprecato. - USATE L’AMBIENTE
L’ambiente parla e racconta la storia del vostro soggetto. Usatelo, imparate a dosarlo, non fatelo parlare sopra il vostro soggetto, fate in modo che l’ambiente completi le informazioni sul vostro soggetto. Immaginate un ritratto ambientato come una di quelle vignette con i pallini da congiungere, l’ambiente ha la forza di sostenere la storia del vostro soggetto, di enfatizzarla, di sottolinearla, di completarla. Non datelo per scontato.
Di solito, prima di iniziare a scattare, mi faccio mostrare dal soggetto angoli che ama, mi faccio raccontare il motivo, li osservo e li immagino in macchina. Poi scatto.
Un soggetto ritratto in un ambiente familiare si rilassa e sente meno l’ansia – naturale – di essere fotografato. - CERCATE ALTERNATIVE
Anche se siete certi di avere lo scatto che cercavate, pensate ad un’inquadratura alternativa o ad una scena diversa.
Non ve ne pentirete. - PENSATE AL MOVIMENTO
Ritratto fa pensare a posa. Qualche volta il movimento può aggiungere quel quid che rende lo scatto memorabile.
Un semplice gesto della mano, un sorriso, un passo… qualsiasi cosa.Le zanzare e un sorriso colto al volo hanno dato una mano a creare un ritratto dal grande impatto
- FATE QUALCHE PAUSA
Chi non è abituato a farsi fotografare soffre terribilmente la macchina fotografica e questa sofferenza genera ansia e stanchezza. Fate pause, durante le quali cercherete di stabilire una relazione ancora più forte.
Evitate di fermarvi se sentite che il soggetto ha finalmente trovato il giusto feeling, ma non approfittatevene.
Non torturate i vostri soggetti con shooting oltre modo lunghi. - STABILITE UNA RELAZIONE SINCERA (e forte)
Non credo servano spiegazioni. Che dite!? - NON DIMENTICATE CHE LA FOTOGRAFIA È UN’ARTE
La creatività è ammessa!
Questi 10 punti riassumono più o meno quello che faccio io.
Sono piccole manie pratiche, con me funzionano, magari funzionano anche con voi.
Ogni soggetto ha la sua personalità, questo non va dimenticato, per ciò non è detto che quello che ha funzionato con uno, debba per forza funzionare sempre.
Siate flessibili, siate attenti.
Se state scattando un orso, non insistete perché si lanci in una conversazione fiume, ma non fermatevi al primo tentativo.
Ognuno ha la sua tecnica – io gioco molto con le parole, con l’autoironia e con le battute. Trovate la vostra e in bocca al lupo.
10 consigli per la fotografia di viaggio
Non si smette mai di imparare, anche se spesso proviamo a convincerci del contrario.
Ognuno di noi ha margini di miglioramento più o meno ampi, non dobbiamo smettere di sperimentare, non dobbiamo MAI pensare ‘non ho più niente da imparare’. NON È COSÌ!
Pensiamoci, possiamo migliorare la nostra tecnica o la composizione, possiamo approfondire la nostra capacità di raccontare storie attraverso le immagini, possiamo migliorare nell’impiego di un certo linguaggio. Ognuno di noi ha margini di miglioramento, basta volerlo.
Un caro amico, grande fotografo, parecchie decine di anni fa mi disse “non importa se non lo capisci adesso, c’è tempo” , certo, lui era un maestro di sessanta e passa anni e parlava ad un ragazzino appassionato di fotografia che aveva davanti tutta una vita per capire, ma il senso non cambia, c’è sempre tempo per capire, imparare e migliorarsi.
E nell’abbrivio di questa apertura, ecco alcuni consigli pratici – pratici, perché mi vengono dalla pratica quotidiana – per provare a migliorare la nostra fotografia e in particolare la fotografia di viaggio.
Li ho divisi in prima e durante… in questo primo post, I CONSIGLI PRIMA DI PARTIRE. Nel prossimo post, I CONSIGLI SUL POSTO.
PRIMA DI PARTIRE
1. Documentiamoci.
Documentarsi sul luogo che andremo a visitare e a fotografare è il primo passo. Un passo fondamentale, oltre che divertente.
Guide, libri, web, le informazioni sono ovunque e di solito abbondanti.
Informiamoci su monumenti, luoghi d’interesse, attrazioni, ma anche manifestazioni sportive, musicali, religiose.
Ci aiuterà a non perdere tempo e ci darà un’idea chiara di quello che ci aspetta.
2. Buttiamo giù una lista.
Quella che i professasti chiamano shot list. Proviamoci anche noi, se funziona per loro, chissà mai che funzionasse anche per noi…
Personalmente credo molto nel potere della lista. La lista è uno strumento che uso ogni volta che affronto un progetto fotografico, mi fa sentire sul pezzo e pronto a portare a casa il risultato.
Da dove si comincia?
Buttiamo giù un elenco degli scatti senza i quali non vogliamo tornare a casa. Ci accorgeremo presto che molto probabilmente si tratterà di un elenco di scatti, per così dire iconici e alcuni di loro risulteranno piuttosto ovvi, NON IMPORTA. Annotiamoli ugualmente e poi proviamo, per ognuno di essi, ad elencare alcune opzioni o alternative che possa renderlo meno scontato, più interessante. Ad esempio, se andiamo in India e andiamo ad Agra, non possiamo tornare a casa senza uno scatto del Taj Mahal, bene, annotiamolo in cima alla lista, tra l’elenco degli scatti obbligatori, poi pensiamo a come renderlo più nostro e scriviamolo a fianco.
La lista DEVE essere uno strumento per generare idee e non per costringerci. Ogni voce della lista DEVE spingerci ad esplorare altre possibilità.
La lista DEVE essere la partenza, non l’arrivo.
3. Scegliamo l’attrezzatura giusta
Gli inglesi hanno un modo di dire piuttosto colorito per indicare l’esagerazione, dicono ‘everything and the kitchen sink”, letteralmente ‘tutto, compreso il lavandino della cucina’. Ecco, evitiamo di portarci anche lavandino quando viaggiamo.
Facciamo mente locale e portiamoci tutta l’attrezzatura che pensiamo possa tornarci utile, pensando soprattutto che poi quell’attrezzar sarà il nostro fardello quotidiano. Personalmente non mi spaventa girare tutto il giorno con uno zaino di dieci chili in spalla, preferisco avere una lente in più che un’inquadratura in meno – molti invece sposano la filosofia contraria.
Viaggiare leggeri è un imperativo, la soglia della leggerezza però è un dettaglio che dobbiamo essere in grado di definire noi, in relazione al tipo di fotografia che prediligiamo, alle aspettative che nutriamo e, ovviamente, alla nostra capacità di caricarci come piccoli muli da soma.
Portiamoci quello che consideriamo indispensabile, ma, ancora più importante, QUELLO CHE CI PORTIAMO NON DEVE AVERE SEGRETI PER NOI!
Dobbiamo conoscere ogni funzione e ogni possibilità dell’attrezzatura che ci portiamo, è imperativo perché poi sul campo ci si possa dedicare semplicemente a fotografare.
4. Un po’ di riscaldamento serve
Anche i migliori atleti devono riscaldarsi. La regola può essere trasportata in fotografia.
Chi di noi scatta tutti i giorni, probabilmente, è sempre caldo e pronto. Chi invece fotografa meno frequentemente ha bisogno ogni volta di un certo periodo per familiarizzare con la macchina, con le inquadrature, con la composizione. Ecco perché ai secondi consiglio un po’ di riscaldamento in vista del viaggio, che so, magari un fine settimana o una giornata durante la quale portarsi dietro la macchina fotografica e scattare, senza troppe aspettative e senza troppe pressioni.
È umano avvertire la pressione se una vocina dentro di noi ci ricorda che con buona probabilità non torneremo più ad Angkor Wat, è umano. Ecco perché è bene arrivare caldi.
5. Coordiniamoci con gli altri
Personalmente, quando fotografo, viaggio da solo, ma non per tutti è così. Considero la fotografia una pratica molto intima. Fatico moltissimo a mostrare una qualsivoglia capacità relazionale mentre fotografo, motivo per il quale se fotografo viaggio da solo. Se invece siete in vacanza o in viaggio con altre persone, le quali magari non condividono la nostra passione per la fotografia, è fondamentale che vi coordiniate con chi vi è attorno. Organizzatevi, non imponete alzatacce all’alba a chi di cogliere quella luce magica non frega nulla. Ritagliatevi momenti vostri, dedicati a scattare, e integrateli con il resto delle attività che prescindono dalla macchina fotografica. Ahimè, quante vacanze e viaggi ha rovinato la passione smodata per la fotografia, pensateci per tempo, evitate di organizzare una gita alle scogliere perché sono un luogo incantevole per poi infliggere ai vostri compagni di viaggio interminabili attese, aspettando la luce. Otterreste un solo risultato certo: rovinarvi i viaggio – se non peggio.
Diventiamo cantastorie digitali
Lo spunto me lo ha dato un libro che ho appena acquistato, un saggio di Jerod Foster sulla fotografia che si intitola ‘A photographer’s guide to devolping themes and creating stories with pictures‘ – a parte il titolo piuttosto lungo, ‘Una guida per fotografi allo sviluppo di temi e alla creazione di storie attraverso le immagini’, è una lettura di grande ispirazione per chiunque ami la fotografia in senso assoluto (che si tratti di hobby o professione).
Foster si concentra su un aspetto del girare con la macchina al collo che trovo entusiasmante ed affascinante: la capacità di riuscire a raccontare storie e di farlo attraverso i propri scatti.
Chi è uno storyteller fotografico?
In inglese storyteller significa racconta storie, appunto. Si può diventare storyteller impugnando una reflex? Sì, e, secondo me, dovrebbe essere un po’ l’obiettivo di chi fotografa, amatore o professionista che sia, non importa.
Saper raccontare una storia, attraverso le immagini è quanto ci separa dal turista con la macchina al collo.
No! Non sono le migliaia di euro di differenza tra la nostra attrezzatura e la sua reflex primo prezzo, non è neppure la location, perché ormai anche i luoghi più remoti, che fino a qualche anno fa erano a portata di click dei soli professionisti, ora sono mete raggiungibili… la differenza sta nel saper raccontare una storia e saperlo fare in modo che possa interessare, accattivare, coinvolgere, eccetera, eccetera, eccetera…
Dobbiamo imparare a cambiare registro, passare dal fare fotografie a creare fotografie, come diceva Ansel Adams, mostro sacro della fotografia
Ma cosa significa creare? Personalmente credo che significhi interpretare la realtà che ci circonda e allineare la testa, l’occhio e il cuore, per dirla con un’altra citazione, questa volta di Henri Cartier-Bresson. Jerod Foster, nel libro che cito in apertura di post, dà una sua personale definizione e scrive ‘usare la macchina fotografica come una cassa di risonanza.
Nei miei workshop amo ripetere che anche il racconto fotografico, come quello letterario ha i suoi stili e i suoi generi.
Ad esempio la street photography è paragonabile ai racconti brevi, ogni scatto deve consegnare un messaggio finito, più o meno esplicito, ma finito. Non c’è spazio per approfondire attraverso altri scatti.
Un reportage di viaggio è paragonabile ad un romanzo, più personaggi, più punti di vista e quindi la possibilità di approfondire, di dettagliare. Come in un romanzo ben scritto, servono un’apertura forte, uno sviluppo, un climax e una chiusura.
Magari la nostra storia avrà bisogno di molti più scatti, di panorami e di dettagli, di volti e noi dovremo imparare a creare un ritmo narrativo che sappia raccontare il nostro progetto.
Quella che alcuni chiamano photo story – un reportage più contenuto – è invece paragonabile ad un racconto, dove la voce narrante offre soltanto un punto di vista e dove gli sviluppi del progetto sono più contenuti, anche nel numero degli scatti – pensiamo ad esempio ad un editoriale di qualche pagina, tre, quattro foto al massimo per coprire un soggetto.
Vi ho confusi!? Mi auguro di no, ma l’idea che si possa diventare degli storyteller per immagini, la trovo intrigante e motivante.
Le caratteristiche di un photo-storyteller.
Conosce la tecnica, anche quella avanzata, ne è padrone, ma è intrigato dalla visione, concentrato sul messaggio è votato al racconto.
Per lui la macchina fotografica è soltanto uno strumento e il pedaggio che paga alla tecnologia, in termini di euro, è la sua assicurazione che il mezzo meccanico non lo molli per strada sul più bello – ecco la ragione di una macchina efficiente, di un parco obiettivi di buona qualità, di un cavalletto robusto, ma leggero e di un flash che non perde un lampo.
Nonostante lo storyteller sia concentrato sul messaggio e sulla vision, non può prescindere dal conoscere la tecnica, solo attraverso la tecnica può creare quello che vede il suo occhio fotografico, non dimentichiamocelo, sarebbe come se Picasso non avesse saputo che mischiando giallo e blu avrebbe ottenuto del verde – giusto per essere banali.
La tecnica e l’aritmetica spicciola devono essere date per scontato – inutile lanciarsi in un progetto di ritratti ambientati senza conoscere a menadito la tecnica alla base dell’illuminazione mista ambiente/flash e senza conoscere tutte – e dico TUTTE – le funzioni e le possibilità offerte dalla combinazione flash+macchina.
Impariamo a raccontare storie con i nostri scatti e, sono certo, che diventeremo fotografi migliori – e magari anche persone migliori, perché no.
Questo è un argomento che mi affascina molto, ci tornerò con altri post a breve. Spero che interessi anche voi.
Quale borsa portarsi in viaggio
La borsa è un accessorio di vitale importanza, in particolar modo quando si fotografa in viaggio.
Scegliere la borsa giusta è un momento fondamentale.
Come potrete chiaramente immaginare NON esiste una borsa ideale per ogni occasione, ma è comunque possibili individuare una tipologia di borsa che faccia al caso nostro, nella situazione specifica.
Questo non significa per forza possedere decine di borse fotografiche diverse.

Il mio zaino pronto per uscire
Personalmente posseggo una Vertex 100 AW della Lowepro – marca alla quale sono affezionato da molti anni e che non mi ha mai tradito. Si tratta di uno zaino piuttosto compatto che mi permette di girare con un corpo macchina, tre obiettivi, un flash, un computer/ipad e un po’ di accessori. La mia Vertex ha due tasche sul davanti che mi permettono di buttarci dentro un po’ di roba varia – ad es. chiavi, occhiali, registratorini MP3, mini torce, ecc.
Non so dirvi se sia la migliore borsa disponibile sul mercato, ma per quello che serve a me lo è.
Capiente quanto basta (anche perché l’attrezzatura che vi ho descritto, e che mi porto in giro sempre, pesa un bel 10 chili), dotata di una protezione per la pioggia, di un aggancio per il cavalletto e con le cerniere sigillate, la mia Vertex mi assicura affidabilità inj ogni situazione. E in più sta nelle dimensioni consentite per essere imbarcata con me quando volo.
Perché vi racconto della mia borsa e non vi faccio un elenco di borse e modelli disponibili?
Perché vorrei farvi capire quanto sia soggettiva la scelta e secondo quali criteri l’abbia fatta.
Riepiloghiamo, la borsa deve:
- contenere agevolmente TUTTO la vostra attrezzatura standard
- contenrere un po’ di più (!)
- avere gli scompartimenti imbottiti e mobili, riposizionabili con il velcro
- essere a prova di intemperie
- poter essere imbarcata senza problemi da qualsiasi compagnia aerea
- essere leggera
- essere robusta
- pratica (e questo conta molto e conta molto il modo in cui siete abituati a scattare
Non importa che sia uno zaino o che sia una tracolla, non importa che si tratti di un leggero modello monospalla e una borsa rigida stile flight case, quello che conta è che vi torni comoda e non vi intralci.
Il mio consiglio è di evitare i colori sgargianti e fluorescenti che hanno fatto la loro comparsa nel monocromatico universo delle borse fotografiche da qualche tempo, attirano troppo l’attenzione ed evitate anche di acquistare quei modelli ricoperti di patch con sopra scritto photographer o I love photography, ci sono posti dove non è prudente gridare che abbiamo del costoso materiale addosso e altri dove i fotografi non sono proprio i primi benvenuti.
Tasche e imbottiture sono i dettagli da verificare e non sottovalutare.
Controllate anche che al suo interno sia presente almeno una di quelle tasche a rete (mesh pocket), utilissime per buttarci dentro card, batterie e altri piccoli accessori.
Quali marche?
Io sono un fedele estimatore di Lowepro – che però ha il difetto di costare un po’. Tamrac è altrettanto valida. Tenba, Manfrotto e Kata per citarne solo alcune.
Quanto spendere?
Non lesinate, gli state affidando la vostra attrezzatura, ma assicuratevi di fare l’acquisto corretto. Non vergognatevi di provare, di aprire, di valutare modelli diversi.
Paesaggi in viaggio: alcuni consigli
Documentare un viaggio significa fotografare anche i paesaggi che ci circondano.
Ecco alcuni consigli che arrivano dall’esperienza e dal buon senso:
- Portiamoci SEMPRE un cavalletto. Direte, ma a cosa diavolo mi serve!? ci aiuta a comporre meglio e, nel caso, a fare più scatti della stessa inquadratura con diaframmi diversi da montare poi in post produzione ed ottenere una gamma tonale migliore, ad esempio
- Portiamoci uno scatto flessibile. Se non lo possediamo, nel caso di un tempo di posa lungo, impostiamo la macchina su autoscatto con ritardo-
- Facciamo attenzione alle nuvole – sono nostre amiche. Danno più profondità allo sfondo e contribuiscono a creare ombre.
- Se utilizziamo un filtro degradante neutro, posizioniamo con attenzione la sfumatura, facendola combaciare con la linea dell’orizzonte. Attenzione al diaframma: un diaframma chiuso rende la linea di passaggio del filtro più evidente.
- La luce del sole pieno è bella, ma la luce delle giornate di pioggia o di nebbia ha un fascino unico. Non lasciamoci demoralizzare se il meteo non è clemente, usciamo comunque. Il verde dei prati diventa magico quando piove.
- Indossate scarpe comode e vestiti adeguati. Scattare paesaggi può voler dire passare diverse mezz’ore all’aperto.
- In inverno la luce cambia con rapidità, impariamo a programmare.
- Sperimentiamo. Vi è mai capitato di scattare in una notte di luna piena, usando solo il chiarore della luna stessa?
Ecco un esempio della medesima inquadratura scattata con un’ora circa di differenza – la prima verso le 8 del mattino e la seconda poco prima delle 10, con il sole alto che aveva già sciolto la brina su campi. Il sapore delle due foto è completamente diverso