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Un errore comune.
Ogni volta che chiudo un workshop mi domando “e io? io cosa ho imparato?”
Con il workshop di tecnica di base dello scorso fine settimana, ho capito qual è l’errore che commettono moltissimi quando scattano: NON GUARDARE BENE L’INQUADRATURA e includere elementi che vedranno soltanto una volta che la foto è stampata o sparata su un monitor da 42″.
Quello di non controllare l’inquadratura è forse uno degli errori più ricorrenti a tutti i livelli.
E poi scopriamo di aver dimenticato dentro la nostra scena oggetti inutili, persone, pezzi di architetture e altro, che, con quello che voleva essere il nostro scatto, non c’entrano nulla.
Perché questo accade?
Per motivi diversi.
- Perché siamo troppo concentrati sulla tecnica di base (forse perché non abbiamo abbastanza esperienza o pratica) e la nostra testa è troppo fissata con i parametri dello scatto – quale tempo uso? quale diaframma? gli ISO sono corretti? dove sto leggendo l’esposizine? – e mentre ci rispondiamo mentalmente, componiamo e scattiamo.
- Perché siamo distratti e scattiamo con troppa fretta. Fatta eccezione per la fotografia di sport, per il reportage e la street photography (ma non tutta la street photography), dobbiamo prenderci il tempo necessario per comporre la nostra inquadratura
Addirittura non solo dimentichiamo elementi non desiderati ai bordi dell’inquadratura, ma li lasciamo penzolare sulle teste dei nostri sogggetti principali – ho visto cose che voi umani…
CONSIGLIO: scattiamo con tranquillità, facciamo bene i compiti che ci richiede la tecnica e dedichiamo IL GIUSTO tempo alla composizione, controlliamo i bordi dell’inquadratura e diamo un paio di controllatine anche nei pressi degli elementi principali.
Amo aprire i miei workshop dicendo quello che lasciamo fuori dall’inquadratura NON esiste, ma anche ricordiamo che tutto quello che mettiamo dentro l’inquadratura è dentro per un motivo.
Nella foto di apertura – Tibet. Friendship Highway. 2006 – ho cercato di asciugare la mia inquadratura il più possibile. Nel 2006 la FH era poco più di una mulattiera polverosa, ma il traffico dei mezzi pesanti era comunque altissimo. Io nel mio scatto volevo trasmettere la sensazione di difficoltà che mi davano questi bestioni arrancando sulla strada sterrata e al tempo stesso l’incombenza della natura, che in Tibet, regime o no, resta dominante.
Ho aspettato per una buona mezz’ora, fino a quando un camion ha approcciato la curva. La matematica l’avevo già sbrigata e ho avuto tutto il tempo per comporre con calma e per controllare cosa includevo e cosa escludevo. Ho scattato con calma, regalandomi pure il lusso di scattar e qualcuna più chiusa e qualcuna più aperta. Ok, forse ho perso un po’ di tempo, ma, almeno per me, ne è valsa la pena.
Archiviamo Orvieto… guardiamo avanti!
Eccomi di ritorno dalla due giorni fotografica di Orvieto, il workshop “Le basi della fotografia di viaggio e della street photography”.
Da dove comincio?! questo è il problema… innanzitutto voglio ringraziare i partecipanti, che hanno colto lo spirito del workshop e hanno partecipato con entusiasmo e voglia di condividere.
La differenza tra un corso e un workshop di due giorni sta tutta qui: nella capacità di condividere e nella capacità di non aspettarsi la veritù spiegata dall’alto.
In un workshop NON esiste un maestro – la mia figura era più quella del coordinatore, del pungolatore… certo non ho risparmiato le critiche, ma io per primo ho cercato di cogliere i suggerimenti – più o meno espliciti – che arrivavano dai partecipanti. Un workshop devi lasciarti indizi per gli scatti che faremo.
Sono convinto che siano stati due giorni interessanti per tutti… lo leggo nelle parole che gli amici che hanno partecipato mi scrivono e l’ho letto negli occhi di tutti quando ci siamo salutati domenica sera ed ognuno è tornato alla sua vita.
Sistemazioni per il Workshop di Orvieto
Si avvicina il Workshop di Orvieto del 26 e 27 ottobre e con il Minù Bistrot, di Orvieto Scalo, che mi aiuta ad organizzare la piccola logistica, abbiamo individuato tre possibili sistemazioni per i partecipanti:
HOTEL POSTA
Via Luca Signorelli, 18, Orvieto (TN)
0763 341909
Costo indicativo della stanza 37 € a notte.HOTEL PICCHIO
Via Giovanni Salvatori, 17, Orvieto (TN)
0763 301144
Costo indicativo della stanza 40 € a notte.AGRITURISMO NIDO DEL FALCONE – Località Cascina Bassa, – Monteleone di Orvieto (TN)
Costo legato alla tipologia di sistemazione
Reportage di viaggio: posti facili dai quali iniziare
Da dove si inizia per imbastire un fotoreportage di viaggio?
Difficile da stabilire con esattezza, soprattutto perché ognuno di noi ha un modus operandi tutto suo.
Provo allora a rivolgermi a tutti coloro che si sono avvicinati alla fotografia di viaggio da poco tempo e ancora non hanno un modo di operare fidato,
Da dove si inizia, allora?
Non smetterò mai di ripeterla che alla base di un buon reportage di viaggio c’è la ricerca. Attraverso la ricerca siamo in grado di figuracce con un certo anticipo quello che incontreremo sul campo. In piena globalizzazione, a meno che non si investa in un viaggio davvero estremo, sarà difficile trovare un angolo di mondo che non sia già stato fotografato, per cui non sentiamoci sciocchi nel fare ricercar a dove altri fotografi, magari anche famosi, hanno già scattato.
La nostra ricerca può partire da scatti famosi, vedere quello che fanno o hanno fatto i grandi può aiutarci a creare un piano d’azione.
Una buona guida turistica può risultare molto utile per determinare il periodo dell’anno migliore per pianificare il nostro viaggio. Una guida ci dirà quando il clima è più favorevole, quando cadono le festività più importanti o i festival.
Una volta sul posto? Ecco una semplice lista dalla quale partire, chiaramente ogni parte del pianeta offre spunti differenti, ma molte delle location riportate di seguito sono un buon punto di partenza per un reportage di viaggio.
Oltre naturalmente ai punti turistici caratteristici, che non dovrebbero mancare
Fotografare i mercati
I mercati, in qualunque luogo del mondo, offrono spunti infiniti per il fotografo di viaggio,
Personalmente amo i mercati e credo che fotografare un mercato sia un eccellente modo per entrare in contatto con la cultura locale.
Distinguo due momenti fondamentali: esplorare un mercato e fotografarlo, lì considero separati, anche se possono avvenire uno a breve distanza dall’altro.
Con esplorare, intendo prendere confidenza con il luogo, cercare le inquadrature possibili, capire le dinamiche, mischiarsi con la gente e, magari, fare amicizia con qualche venditore, che potrebbe tornarci utile nella seconda fase, quando cioè torniamo a fotografare.
Cerchiamo di recarci presto al mattino, quando ancora il mercato è sgombro e magari i venditori sono alle prese con le attività di montaggio dei loro banchi o dei loro negozi.
Sfruttiamo le informazioni che abbiamo preso durante l’esplorazione e cerchiamo di ritrovare gli amici che ci siamo farti mentre esploravamo.
I mercati possono essere luoghi molto affollati, dobbiamo ricordarci di agire rapidamente e in modo quasi invisibile.
Selezioniamo quello che intendiamo inquadrare. Focalizziamo l’attenzione sulle merci, ma anche sui volti e sulle mani. Cercate i dettagli. Avvicinatevi alla gente e cercate i dettagli.
Non insistete con un solo obiettivo, spesso un grandangolo riesce a regalargli quelle viste d’insieme che contribuiranno poi a raccontare l’atmosfera del mercato,
Cerchiamo anche luoghi sopraelevati, da quali cogliere meglio l’insieme e cercando inquadrature insolite.
Spesso al mercato la gente non si cura molto di noi e questo è sicuramente un momento privilegiato, dobbiamo approfittarne, senza però esagerare.
Nei mercati, bisogna imparare ad essere veloci, le situazioni si sovrappongono e spesso non c’è tutto il tempo per comporre a regola d’arte.
Personalmente, in situazioni simili, imposto la macchina su priorità di diaframma, in modo da ave sempre sotto controllo la profondità di campo e avere la certezza di isolare i miei soggetti dal resto.
Cerchiamo di anticipare le mosse dei nostri soggetti, componiamo mentalmente e facciamo i trovare pronti quando la scena sarà pronta per diventare un nostro scatto.
La luce cambia spesso, per cui è buona regola ripassare almeno un paio di volte nell’arco della giornata.
Attenzione però, i mercati sono affollati e tra la folla può nascondersi qualche malintenzionato, massima attenzione all’attrezzatura, dunque.
Fotografare il Nepal
Nepal: un’occasione che qualsiasi fotografo di viaggio non dovrebbe lasciarsi scappare.
Il piccolo paese incastrato tra Tibet e India mi ha affascinato dalla prima volta che ci ho messo piede, e da quella volta, ci sono tornato molte altre, vedendolo cambiare.
Il Nepal è un paese piccolo, ma offre numerosi spunti per la nostra fotografia, soprattutto gli scenari mozzafiato dell’Himalaya – ma non lasciamoci ingannare, nella piccola neo-repubblica nepalese, c’è davvero molto che possiamo scattare.
Cominciamo da Kathmandu. Kathamndu è la capitale del Nepal e la portare il paese, se ci arriviamo volando. La città assomiglia soltanto vagamente alle megalopoli indiane, Kathmandu non è poi molto estesa e le cose da fotografare assolutamente sono tutte a breve distanza dal centro e dal quartiere turistico di Thamel.
Cosa vale la pena fotografare a Kathamandu?
Swayambunath, il tempio delle scimmie, nella parte occidentale della città. Boudhanath, l’enclave tibetana nella parte orientale. E in mezzo, in mezzo le centinaia di stradine della città vecchia, sempre ricche di spunti e di umanità varia.
E poi, alle porte della città, Pashupatinath con ii suoi ghat e i suoi templi.
Naturalmente per cogliere Kathamndu sono sufficienti tre o quattro giorni, più tempo, invece dovremo dedicare per raccontare l’incedibilie natura che offre il Nepal.
Il mio consiglio è documentarsi bene e scegliere un trekking alle propria portata, ce ne sono per tutti i gusti, per tutte le tasche e per tutte la capacità.
Io preferisco il fai da te organizzato sul posto, ma se non siete portati all’avventura o semplicemente non avete troppa voglia di dedicarvi a questa attività, vi consiglio di affidarvi alle numerosissime agenzie, italiane o nepalesi, che si occupano di questo.
Potendo scegliere, prendere qualche settimana per il trekking e organizzativi per partire in aprile o maggio, i mesi migliori per ammirare le vette himalayane e godere dei trekking nepalesi,
Dove andare?
Dipende solo da voi, da cosa volere fotografare e dalla vostra preparazione fisica – alcuni trekking possono essere infatti molto faticosi,
Se avete tempo, vi consiglio il giro dell’Annapurna. Ventotto giorni attraverso la natura imponente del Nepal, dalle foreste subtropicali, ai deserti d’alta montagna, attorno ad uno degli ottomila più affascinanti.
Oppure potrete scegliere la zona dell’Everest e raggiungere il campo base a quota 5200 – l’Everest però lo si fotografa meglio da Kala Pathar, sulla strada del campo base, troppo schiacciato sul ghiacciato del Kombu.
Per i più temerari c’è il Dolpo, una regione remota a nord, oltre il deserto del Mustang. Il Dolpo è un’area molto selvaggia e per attraversarlo sono necessari permessi particolari e la dichiarazione di essere autosufficienti per quanto riguarda gli approvvigionamenti,
A sud, invece, le campagne che confinano con l’India e la riserva nazionale del Chitwan, con i suoi alberi secolari e i suoi elefanti.
Il Nepal resta ancora un paese abbordabile dal punto di vista economico, nonostante negli ultimi anni il costo della vita sia cresciuto molto.
A Kathmandu è possibile trovare tutti i tipi di cucina, grazie al fatto che sia punto di partenza di tutte le spedizioni alpinistiche, avventurandoci in montagna la scelta si riduce di molto – per settimane, attorno all’Annapurna ho mangiato lenticchie, patate e poco altro.
Volare a Kathmandu dall’Italia non è cosa improponibile, soprattutto se lo si prenota per tempo.
Per cui,,, pensateci.
Una volta sul posto…
Una volta sul posto… dobbiamo imparare a guardarci attorno, anche senza macchina fotografica, soprattutto senza macchina fotografica.
Dobbiamo imparare a guardare, dobbiamo allenare lo sguardo, perché soltanto uno sguardo allenato è uno sguardo che è capace di scorgere foto interessanti, capaci di comunicare lo spirito del territorio che stiamo attraversando e della gente che incontriamo.
Impariamo a girare per le strade, a mischiarci nei mercati. Impariamo a fermarci nei caffè. Impariamo a parlare con la gente del posto, anche se non spiccichiamo una sola parola nella loro lingua, spesso un sorriso o un gesto sanno comunicare molto più che le frasi di circostanza imparata a memoria da qualche guida turisitica.
Una volta sul posto, alleniamoci alla scoperta. Non fermiamoci davanti all’evidente, al facile, all’ovvio. Molto spesso la foto migliore della giornata, in viaggio è la prima che scattiamo all’alba o l’ultima, che cogliamo con l’ultimo bagliore di luce ambiente.
Olivier Föllmi, uno dei più grandi fotografi di viaggio dei nostri tempi, scrive “la fotografia è andare alla ricerca di immagini che non esistono e dare loro un senso”.
Ragioniamo su queste che parole, facciamole nostre, facciamole diventare la nostra filosofia di scatto, quando siamo in viaggio.
Quando arriviamo sul posto, lasciamoci conquistare dai ritmi della gente locale, lasciamo che siano le usanze e le tradizioni locali a fare da trama al racconto che andremo a scrivere con la nostra reflex.
Ricordiamoci che cuore e occhi sono gli ingredienti fondamentali tanto quanto tecnica per i nostri scatti, soprattutto quando cerchiamo di raccontare un paese che non è il nostro.
E non lasciamoci prendere dal’ansia di scattare per forza.
La fotografia compulsiva non è mai un buon approccio. Ci saranno giorni nei quali torneremo in albergo o in tenda con numerose card zeppe di fotografie e ci saranno invece giorni dove magari gli scatti davvero buoni saranno soltanto un paio.
Non lasciamo che l’aritmetica condizioni la nostra fotografia,
Una volta sul posto, diamoci regole da seguire. Il metodo è fondamentale, Diamoci obiettivi… la mattina scatto il lago, a favore di luce, a mezzogiorno il mercato, la sera i templi, con la luce calda del tramonto.
Una volta sul posto, evitiamo di sfinirci, un fotografo stanco è un fotografo mediocre.
Una volta sul posto… Godiamone a pieno.
ISO Automatici: quando possono toglierci d’impaccio
Qualche tempo fa, conversando con un amico fotografo, si chiacchierava della funzione “ISO automatici” capacità di togliere le castagne dal fuoco di questa opzione, che, ammetto, spesso molti di noi non prendono mai sufficientemente in considerazione.
ISO AUTOMATICI è quella funzione, che, una volta impostati tempo e diaframma, si prende cura di aumentare o diminuire automaticamente l’impostazione degli ISO se cambia la luminosità della nostra scena.
Bene, questo è quello che fa la funzione e fino a qui potevamo arrivarci un po’ tutti, ma pensiamo a cosa ci può servire…
La funzione diventa molto utile soprattutto quando stiamo seguendo un soggetto in movimento e il cui movimento non è prevedibile – ad esempio il volo di un’aquila o la corsa di un ghepardo (!)… sì, lo so, sono esempi estremi… se preferite pensate a vostro figlio che gioca in un campo di calcio e il sole che illumina il rettangolo di gioco in modo non uniforme, alternando zone d’ombra a zone di luce… ecco, in questo caso la funzione ISO AUTOMATICI si fa molto utile.
Impostiamo tempo e diaframma che riteniamo più opportuni per congelare l’azione (o per creare il mosso in maccchina) e per isolare il soggetto e il resto, gli ISO, lo lasciamo alla nostra costosa macchina fotografica
Varanasi in mostra.
Il 19 marzo, alle 19 inauguro alla Libreria Azalai di Milano una personale fotografica dedicata a Varanasi e al suo incantevole enigma. La mostra si chiama “Varanasi tra acqua e fuoco” e resterà in esposizione fino al 23 marzo.
Varanasi è l’India, Mi piace dire, in modo provocatorio, che chi non è stato a Varanasi, non è stato in India, proprio perché, secondo me, Varanasi incarna l’India.
Caotica, colorata, sporca, mistica. Affascinante! Questa è la Varanasi che conosco e fotografo da oltre dieci anni. Fotograficamente parlando, Varanasi offre spunti incredibili per qualsiasi tipo di fotografo: dettagli, panorami, ritratti, reportage.
VARANASI, TRA ACQUA E FUOCO è una mostra fotografica che coglie i diversi aspetti di in luogo che è molto più di una città.
VARANASI, TRA ACQUA E FUOCO
Libreria Azalai
Via Gian Giacomo Mora, 15 – Milano
dal 19 al 23 marzo 2013
Inaugurazione 19 marzo, ore 19