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5 consigli per i ritratti in viaggio

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Amo fotografare la gente!
Sono i volti che incontro che spesso mi danno la vera dimensione dei luoghi che attraverso, forse più dei paesaggi e dei monumenti, che conservano comunque il loro fascino.
Purtroppo fotografare sconosciuti comporta una certa attitudine e una notevole capacità di stabilire relazioni con i soggetti che scegliamo di immortalare, a meno che non si tratti di candid shots.
Non tutti si sentono a proprio agio, sia da una parte, sia dall’altra dell’obiettivo e credetemi, molto spesso alcuni ritratti, che potenzialmente potrebbero trasformarsi in scatti memorabili, restano delle misere incompiute proprio perché ci lasciamo sopraffare dalla timidezza o dalla confusione.
Ecco 5 consigli che possono aiutarvi a migliorare il ritratto in viaggio.
  1. Scegliamo con molta cura i nostri soggetti
    I grandi ritratti trasmettono immediatamente. Qual è il segreto? Sicuramente una buona composizione, sicuramente un uso corretto della tecnica, ma soprattutto il soggetto.
    Non lasciatevi travolgere dall’ansia di scattare chiunque incontriate, solo perché in viaggio. Non farete che riempire le vostre card con volti che finirete col cancellare, prima o poi.
    Imparate ad aspettare, a selezionare. Cercate tra la folla, attendete con calma. Studiate i tratti somatici, ma in particolare modo studiate le espressioni e aspettate le condizioni favorevoli perché il soggetto si possa trasformare in una bella storia fotografica.
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  2. Siate rapidi, siate cortesi. Siate reattivi.
    Sono davvero pochi i soggetti che si sentono a loro agio di fronte ad un obiettivo puntato. Ecco una ragione per essere rapidi. Personalmente prediligo instaurare un qualche rapporto con chi scatto, anche se per soltanto qualche minuto. Mi piace chiacchierare, in qualsiasi brandello di idioma comune. Sento che attraverso quel tentativo, che i soggetti dimostrano sempre di apprezzare molto – anche quando nessuno capisce l’altro, le distanze si assottigliano e scatta una sorta di empatia, che spesso si traduce in espressioni molto particolari.
    Questo però rappresenta il prima. È il durante che irrigidisce la maggior parte dei soggetti, per cui, durante, cercate di essere rapidi e di limitare la fase di scatto ad una manciata di minuti, sottolineati sempre da una grande cortesia.
    Lavorate in anticipo. Componete mentalmente, risolvete i dettagli legati all’esposizione il più in fretta possibile, evitate di arrivare all momento dello scatto confusi o indecisi. Chi si concede non ha tempo da perdere e vi sta regalando un momento irripetibile, questo non vi deve far travolgere dall’ansia, ma deve spingervi ad essere sempre molto presenti. Siate reattivi!
  3. Fuoco sugli occhi
    È un dato di fatto: gli occhi catalizzano l’attenzione di chi guarda. Nel ritratto sono un punto focale e vanno mantenuti sempre a fuoco! Non è necessario che il soggetto guardi sempre in macchina, anche se molto spesso, quando questo accade, si instaura con chi guarda una relazione decisamente più forte. In ogni caso, che il soggetto guardi in macchina o che il soggetto volgo lo sguardo altrove, assicuratevi che gli occhi siano sempre a fuoco, a prescindere dalla profondità di campo che impiegate.
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  4. Luce e ombre
    Scelto il soggetto, considerate con molta attenzione la luce. Valutatene la direzione, analizzatene la qualità.
    Le zona in ombra sono fondamentali quanto le zone in luce. L’alternanza tra ombra e luce crea la tridimensionalità.
    Evitate la luce piatta, cercate i contrasti – che io personalmente prediligo. Componete con cura osservando come cade la luce sul volto.
    Non è vero che non si possano scattare ritratti in pieno sole, forse non è consigliato per tutti i soggetti, ma con la dovuta cura e con la voglia di gestire contrasti azzardati, la luce dura del sole a picco può contribuire a ritratti molto evocativi.
    Se decidete di avventurarvi in questa prova, scegliete con cura il soggetto. Il sole a picco sul volto è difficile da gestire, genera ombre dure sotto il mento, sotto il naso e sugli zigomi, enfatizza le rughe. Scegliete con estrema cura i vostri soggetti, non tutti si prestano ad essere ritratti in luce dura, evitate le donne, a meno che non siano anziane e vogliate enfatizzarne i caratteri somatici, evitate i bambini.
    Tutto cambia quando il sole si nasconde.
    In molti vi diranno che la luce migliore per eseguire ritratti in esterna è la luce morbida delle giornate nuvolose. Tutto vero, ma anche in questo caso mi permetto di consigliarvi di cercare sempre una posa che si avvalga di un certo contrasto.
    A differenza del sole pieno, la luce che filtra dalle nuvole è morbida e genera contrasti miti, dimostrandosi quasi sempre ideale per il ritratto.
    Non indugiate e munitevi di un piccolo flash portatile, può tornare utile per riempire o per creare quel contrasto che magari in natura non esiste. Se decidete di affidarvi al flash, fate in modo che sparisca, imparate cioè a miscelare con cura e attenzione il lampo del flash e la luce ambiente – ricordatevi: il diaframma controlla il flash, il tempo la luce ambiente – e non usatelo mai frontale e diretto.
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  5. Fondo pulito
    Se non state scattando un ritratto ambientato, beneficiate al massimo della minima profondità di campo. Mandate lo sfondo completamente fuori fuoco, rendetelo poco più di un suggerimento, di un accenno grafico a sostegno del volto ritratto.
    Allenate l’occhio a cercare fondi che non distraggano o che non fagocitino il soggetto.
    Allenate l’occhio a scorgere elementi di disturbo, di solito si nascondono ai bordi dell’inquadratura.
    Spostatevi di qualche passo a destra o a sinistra, abbassatevi di un poco o alzate il punto di inquadratura affinché non ci siano elementi di disturbo.

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Ritratti in viaggio: 8 consigli pratici

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La prima cosa a cui associo la fotografia di viaggio è… “volti interessanti”.
Lo so, avete ragione, non è né così immediato, né così naturale farlo, ma per me è quello che accade.
Viaggiare, con una macchina fotografica in mano, per me significa soprattutto volti.

Come possiamo migliorare la nostra tecnica di ritratto in viaggio?

  1. COMPOSIZIONE ACCURATA
    Cominciamo con il ricordare che il nostro soggetto è il nostro universo. Attorno a lui gira  tutta il nostro scatto.
    Che occupi il centro della scena, che sia sistemato al lato, il soggetto ritratto DEVE essere in grado di attirare tutta l’attenzione di chi guarderà lo scatto finito.
    Non significa che dovremo per forza posizionarlo accademicamente al centro della nostra inquadratura, ma, piuttosto, che dovremo sfruttare a dovere le regole della composizione affinché sia chiaro cosa vogliamo che la gente guardi.
    Possiamo anche esplorare aspetti compositivi azzardati, ma non dobbiamo dimenticare che qualsiasi regola andremo a scegliere, dovrà aiutare chi guarda il nostro ritratto, aiutarlo a muoversi con certezza nello spazio dell’inquadratura.
  2. ATTENZIONE ALLO SFONDO
    Un grande ritratto non nasce soltanto dalla peculiarità del soggetto, nasce soprattutto dall’attenzione che mettiamo nello scegliere lo sfondo adatto.
    Non è necessario avere sempre una parete uniforme a portata di mano, bisogna però prestare molta attenzione ad elementi dello sfondo che potrebbero interferire con il soggetto ritratto.
    Se un volto singolare contribuisce alla riuscita di un buon ritratto, uno sfondo sbagliato ha il potere di ammazzare qualsiasi ragazza afghana dagli occhi verdi.
    Valutiamo con molta attenzione il colore dello sfondo, la sua prominenza rispetto al soggetto in primo piano, la presenza di eventuali elementi estranei. Spesso basta spostarsi di pochi passi per ottenere sfondi puliti e scatti più incisivi.
  3. PUNTO DI RIPRESA
    Il punto di ripresa non è una scelta da lasciare al caso. Nella fotografia, il punto di ripresa detta il tono, molto spesso.
    Ci abbassiamo e il nostro soggetto incombe  sullo scatto da una posizione predominante, dando vita al ritratto di una persona sicura, in comando, autoritaria o comunque con una certa influenza su chi guarda.
    Alziamoci, e sarà come ridurre la distanza ipotetica tra soggetto ritratto e chi guarda, sarà come rendere più accessibile il nostro soggetto, renderlo più amichevole.
    Anche la distanza, soprattutto se molto ridotta, importa una variabile semantica che si traduce con estrema intimità – a volte anche ai limiti del fastidioso.
    Impariamoci a muoverci attorno al nostro soggetto, a non accontentarci di uno scatto ad altezza occhi, perfettamente perpendicolare al terreno. Sperimentiamo, azzardiamo. Alto, basso, vicino, molto vicino, lontano. Vedremo come cambia il messaggio trasmesso dal nostro scatto in relazione al punto di ripresa che abbiamo scelto.
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  4. TUTTO A FUOCO, POCO A FUOCO
    I puristi del ritratto sceglieranno di sicuro la seconda alternativa: POCO A FUOCO – f. molto aperti e via andare.
    Non mi ritengo un purista, ma mi rendo conto che nell’80% dei mie ritratti propendo per una profondità di campo molto ridotta, per fare in modo che il mio soggetto spicchi più facilmente.
    La tecnica del tutto a fuoco è però una validissima alternativa, soprattutto in viaggio, dove la maggior parte dei nostri ritratti saranno ritratti ambientati. Attenzione però, se scegliamo di scattare con diaframmi chiusi e allargare la profondità di campo, dobbiamo porre molta attenzione a quello che includiamo nella nostra inquadratura, il rischio è portarsi a casa uno scatto troppo carico di dettagli e quindi molto confuso.
    L’ambiente inquadrato, i dettagli presenti nell’inquadratura, contribuiscono a costruire una solida infrastruttura semantica,  in grado di collocare perfettamente il soggetto ritratto all’interno del suo mondo (fisico) e all’interno dello spazio mentale di chi guarda da subito. Il  tutto a fuoco è però un viatico insidioso, che richiede maggior attenzione ai dettagli e maggior cura della composizione.
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  5. LUNGHEZZA FOCALE
    Ancora una volta, i puristi del ritratto non avranno dubbi: la focale designata non può che essere un’85mm (su reflex FX – che si traduce con un 55mm su una DX). Vero, un 85mm, soprattutto se ad ottica fissa (prime lens) offre le miglior proporzioni per un volto ritratto a circa due metri distanza.
    Ma ancora una volta consiglio di provare a giocare con le focali.
    Usando un medio tele (120/200mm) possiamo ottenere uno sfocato piuttosto accattivante – anche se il bokeh offerto da uno zoom 70/200 non raggiunge i livelli di qualità di un 85mm). Purtroppo un medio tele ci costringe ad arretrare di qualche passo – con un 200mm saremo spesso costretti a scattare ad almeno 3 metri dal  nostro soggetto – e questo non aiuta a sviluppare la giusta intimità tra fotografo e soggetto.
    Sperimentiamo anche con un moderato grandangolo, magari giocando con la prospettiva e il punto di ripresa.
    Il grandangolo offre una profondità di campo molto vasta e un angolo di ripresa utile per riprendere molto dell’ambiente che circonda il soggetto ritratto. Due caratteristiche da enfatizzare, se abbiamo oprato questa scelta poco ortodossa per i ritratti. Con il grandangolo siamo costretti ad avvicinarci molto al nostro soggetto e spesso la cosa non è bene sopportata, anzi molti la vivono come piuttosto fastidiosa, cerchiamo di essere rapidi. Usiamo il grandangolo quando siamo certi che l’ambiente offra quel plus che ci aiuta a meglio cristallizzare il mondo del nostro soggetto e non dimentichiamo che gli obiettivi di piccola focale introducono distorsioni prospettiche significative – a meno che non si stia realizzando una sorta di caricatura, nessun ritratto risulta piacevole da guardare se mostra testoni oblunghi in primo piano e figure umane ridotte a  fiammiferi ambulanti. Il grandangolo però può aiutarci a porre molta enfasi su dettagli in primo piano – le mani ad esempio – che ci servono poi per guidare l’occhio di chi guarda verso il volto.
  6. FILTRI NATURALI, CORNICI E VIGNETTE
    … e potrei proseguire nell’elenco, ad esempio aggiungendo vetrine, finestre, specchi…
    Cerchiamo alternative suggestive alla pulizia estrema. Proviamo a scattare attraverso una finestra impolverata o bagnata dalla pioggia, proviamo a scattare attraverso vetri rotti, foglie sfocate in primo piano. Proviamo a scattare puntando in uno specchio o in una pozzanghera. Sperimentiamo!
    Ricordiamoci sempre però che cornici, vignette, specchi, finestre, eccetera sono soltanto strumenti compositivi che devono servire ad esaltare il soggetto ritratto, non lo devono sostituire.
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  7. L’AMBIENTE PARLA
    Eccome se parla! In realtà spesso l’ambiente urla. Intercettiamo immediatamente il tono di voce dell’ambiente e chiediamoci se è adatto allo scatto che stiamo cercando di portare a casa.
    Quando è possibile interveniamo… bando alle remore, se quella lampada non ci convince, spostiamola, togliamola dall’inquadratura. Riduciamo tutto ciò che può confondere e tutto ciò che può soffocare il nostro soggetto.
    Gli oggetti parlano e noi dobbiamo fare in modo che dicano le stesse cose che  dice  il nostro soggetto ritratto.
    Se non siamo convinti, pensiamo ad un’alternativa – rapidamente, però.
    Non tutti gli oggetti che includiamo nell’inquadratura devono avere la stessa preminenza, io personalmente quando mi è permesso, ne scelgo pochi, tutti però devono sostenere il ritratto, farlo emergere e non soffocarlo. Tra gli oggetti scelti, decidiamo quali hanno una valenza principale per il nostro soggetto – o per il ritratto che intendiamo scattare – e usiamoli cum grano salis, affidandoci ancora una volta alle regole della composizione.
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  8. LUCE E OMBRA
    Senza luce non esiste fotografia. La luce è il nostro elemento principe, anche più importante del soggetto che ritrarremo.
    Una volta scelto soggetto e individuato il luogo, poniamo molta attenzione alla luce che abbiamo a disposizione.
    Studiamone la direzione e l’intensità, la qualità.
    La luce contribuisce al tono di voce del nostro ritratto. Vi diranno che la luce dura non va bene per i ritratti… cazzata! La luce dura contribuisce a creare una particolare atmosfera, la separazione netta delle aree illuminate dalle ombre porta con sé un messaggio e un linguaggio – di certo non particolarmente adatti per una sposa o per un bimbo, ma probabilmente perfetti per molte altre situazioni.
    Personalmente adoro la luce drammatica, anche per i ritratti. Quando mi è possibile posiziono i miei soggetti in modo che la luce non li illumini mai completamente, uso le ombre per ottenere maggior drammaticità e tridimensionalità – per questo sono un fanatico della luce molto direzionale.
    La luce non è bianca, la luce prende la dominante cromatica delle superfici sulle quali rimbalza. Sfruttiamo anche questa caratteristica. La luce può essere fredda o calda, nel dubbio, per un ritratto è meglio la seconda, ma a volte è interessante anche infrangere questa regola pratica.
    Cerchiamo sempre di sfruttare al massimo la luce che abbiamo a disposizione, affidiamoci ad un flash solo per migliorare quello che la natura ci offre.
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Chissà, magari ora, dopo 1390 parole, qualcuno di voi comincerà ad associare la fotografia di viaggio al ritratto…
Qualche anno fa, in un bar di Kathmandu, un fotografo americano, guardando alcune delle mie foto che avevo appena scattato in Tibet, mi disse: “Vedi, i panorami li possono scattare tutti e anche gli edifici. E se puoi passare tanto tempo in un dato posto, può darsi che ne scatti anche di davvero belli. Ma un ritratto, questo ritratto…” – e mi indicò il ritratto di una vecchia che avevo scattato a Lhasa – “… questo ritratto lo puoi avere fatto soltanto tu, anche se a scattare in quel momento foste stati in dieci.”
Mi colpì e non poco.

 

10 consigli per la fotografia di viaggio

Amsterdam in autunno

Amsterdam in autunno

Non si smette mai di imparare, anche se spesso proviamo a convincerci del contrario.
Ognuno di noi ha margini di miglioramento più o meno ampi, non dobbiamo smettere di sperimentare, non dobbiamo MAI pensare ‘non ho più niente da imparare’. NON È COSÌ!
Pensiamoci, possiamo migliorare la nostra tecnica o la composizione, possiamo approfondire la nostra capacità di raccontare storie attraverso le immagini, possiamo migliorare nell’impiego di un certo linguaggio. Ognuno di noi ha margini di miglioramento, basta volerlo.

Un caro amico, grande fotografo, parecchie decine di anni fa mi disse “non importa se non lo capisci adesso, c’è tempo” , certo, lui era un maestro di sessanta e passa anni e  parlava ad un ragazzino appassionato di fotografia che aveva davanti tutta una vita per capire, ma il senso non cambia, c’è sempre tempo per capire, imparare e migliorarsi.

E nell’abbrivio di questa apertura, ecco alcuni consigli pratici – pratici, perché mi vengono dalla pratica quotidiana – per provare a migliorare la nostra fotografia e in particolare la fotografia di viaggio.
Li ho divisi in prima e durante… in questo primo post, I CONSIGLI PRIMA DI PARTIRE. Nel prossimo post,  I CONSIGLI SUL POSTO.

 

PRIMA DI PARTIRE

 

1. Documentiamoci.
Documentarsi sul luogo che andremo a visitare e a fotografare è il primo passo. Un passo fondamentale, oltre che divertente.
Guide, libri, web, le informazioni sono ovunque e di solito abbondanti.
Informiamoci su monumenti, luoghi d’interesse, attrazioni, ma anche manifestazioni sportive, musicali, religiose.
Ci aiuterà a non perdere tempo e ci darà un’idea chiara di quello che ci aspetta.

2. Buttiamo giù una lista.
Quella che i professasti chiamano shot list. Proviamoci anche noi, se funziona per loro, chissà mai che funzionasse anche per noi…
Personalmente credo molto nel potere della lista. La lista è uno strumento che uso ogni volta che affronto un progetto fotografico, mi fa sentire sul pezzo e pronto a portare a casa il risultato.
Da dove si comincia?
Buttiamo giù un elenco degli scatti senza i quali non vogliamo tornare a casa. Ci accorgeremo presto che molto probabilmente si tratterà di un elenco di scatti, per così dire iconici e alcuni di loro risulteranno piuttosto ovvi, NON IMPORTA. Annotiamoli ugualmente e poi proviamo, per ognuno di essi, ad elencare alcune opzioni o alternative che possa renderlo meno scontato, più interessante. Ad esempio, se andiamo in India e andiamo ad Agra, non possiamo tornare a casa senza uno scatto del Taj Mahal, bene, annotiamolo in cima alla lista, tra l’elenco degli scatti obbligatori, poi pensiamo a come renderlo più nostro e scriviamolo a fianco.
La lista DEVE essere uno strumento per generare idee e non per costringerci. Ogni voce della lista DEVE spingerci ad esplorare altre possibilità.
La lista DEVE essere la partenza, non l’arrivo.

3. Scegliamo l’attrezzatura giusta
Gli inglesi hanno un modo di dire piuttosto colorito per indicare l’esagerazione, dicono ‘everything and the kitchen sink”, letteralmente ‘tutto, compreso il lavandino della cucina’. Ecco, evitiamo di portarci anche lavandino quando viaggiamo.
Facciamo mente locale e portiamoci tutta l’attrezzatura che pensiamo possa tornarci utile, pensando soprattutto che poi quell’attrezzar sarà il nostro fardello quotidiano. Personalmente non mi spaventa girare tutto il giorno con uno zaino di dieci chili in spalla, preferisco avere una lente in più che un’inquadratura in meno – molti invece sposano la filosofia contraria.
Viaggiare leggeri è un imperativo, la soglia della leggerezza però è un dettaglio che dobbiamo essere in grado di definire noi, in relazione al tipo di fotografia che prediligiamo, alle aspettative che nutriamo e, ovviamente, alla nostra capacità di caricarci come piccoli muli da soma.
Portiamoci quello che consideriamo indispensabile, ma, ancora più importante, QUELLO CHE CI PORTIAMO NON DEVE AVERE SEGRETI PER NOI!
Dobbiamo conoscere ogni funzione e ogni possibilità dell’attrezzatura che ci portiamo, è imperativo perché poi sul campo ci si possa dedicare semplicemente  a fotografare.

4. Un po’ di riscaldamento serve
Anche i migliori atleti devono riscaldarsi. La regola può essere trasportata in fotografia.
Chi di noi scatta tutti i giorni, probabilmente, è sempre caldo e pronto. Chi invece fotografa meno frequentemente ha bisogno ogni volta di un certo periodo per familiarizzare con la macchina, con le inquadrature, con la composizione. Ecco perché ai secondi consiglio un po’ di riscaldamento in vista del viaggio, che so, magari un fine settimana o una giornata durante la quale portarsi dietro la macchina fotografica e scattare, senza troppe aspettative e senza troppe pressioni.
È umano avvertire la pressione se una vocina dentro di noi ci ricorda che con buona probabilità non torneremo più ad Angkor Wat, è umano. Ecco perché è bene arrivare caldi.

 

5. Coordiniamoci con gli altri
Personalmente, quando fotografo, viaggio da solo, ma non per tutti è così. Considero la fotografia una pratica molto intima. Fatico moltissimo a mostrare una qualsivoglia capacità relazionale mentre fotografo, motivo per il quale se fotografo viaggio da solo. Se invece siete in vacanza o in viaggio con altre persone, le quali magari non condividono la nostra passione per la fotografia, è fondamentale che vi coordiniate con chi vi è attorno. Organizzatevi, non imponete alzatacce all’alba a chi di cogliere quella luce magica non frega nulla. Ritagliatevi momenti vostri, dedicati a scattare, e integrateli con il resto delle attività che prescindono dalla macchina fotografica. Ahimè, quante vacanze e viaggi ha rovinato la passione smodata per la fotografia, pensateci per tempo, evitate di organizzare una gita alle scogliere perché sono un luogo incantevole per poi infliggere ai vostri compagni di viaggio interminabili attese, aspettando la luce. Otterreste un solo risultato certo: rovinarvi i viaggio – se non peggio.

Quale borsa portarsi in viaggio

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La borsa è un accessorio di vitale importanza, in particolar modo quando si fotografa in viaggio.

Scegliere la borsa giusta è un momento fondamentale.
Come potrete chiaramente immaginare NON esiste una borsa ideale per ogni occasione, ma è comunque possibili individuare una tipologia di borsa che faccia al caso nostro, nella situazione specifica.
Questo non significa per forza possedere decine di borse fotografiche diverse.

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Il mio zaino pronto per uscire

Personalmente posseggo una Vertex 100 AW della Lowepro – marca alla quale sono affezionato da molti anni e che non mi ha mai tradito. Si tratta di uno zaino piuttosto compatto che mi permette di girare con un corpo macchina, tre obiettivi, un flash, un computer/ipad e un po’ di accessori. La mia Vertex ha due tasche sul davanti che mi permettono di buttarci dentro un po’ di roba varia – ad es. chiavi, occhiali, registratorini MP3, mini torce, ecc.

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Dentro la mia borsa – che esca per due ore o per un mese

Non so dirvi se sia la migliore borsa disponibile sul mercato, ma per quello che serve a me lo è.
Capiente quanto basta (anche perché l’attrezzatura che vi ho descritto, e che mi porto in giro sempre, pesa un bel 10 chili), dotata di una protezione per la pioggia, di un aggancio per il cavalletto e con le cerniere sigillate, la mia Vertex mi assicura affidabilità inj ogni situazione. E in più sta nelle dimensioni consentite per essere imbarcata con me quando volo.

Perché vi racconto della mia borsa e non vi faccio un elenco di borse e modelli disponibili?
Perché vorrei farvi capire quanto sia soggettiva la scelta e secondo quali criteri l’abbia fatta.

Riepiloghiamo, la borsa deve:

  • contenere agevolmente TUTTO  la vostra attrezzatura standard
  • contenrere un po’ di più (!)
  • avere gli scompartimenti imbottiti e mobili, riposizionabili con il velcro
  • essere a prova di intemperie
  • poter essere imbarcata senza problemi da qualsiasi compagnia aerea
  • essere leggera
  • essere robusta
  • pratica (e questo conta molto e conta molto il modo in cui siete abituati a scattare

Non importa che sia uno zaino o che sia una tracolla, non importa che si tratti di un leggero modello monospalla e una borsa rigida stile flight case, quello che conta è che vi torni comoda e non vi intralci.

Il mio consiglio è di evitare i colori sgargianti e fluorescenti che hanno fatto la loro comparsa nel monocromatico universo delle borse fotografiche da qualche tempo, attirano troppo l’attenzione ed evitate anche di acquistare quei modelli ricoperti di patch con sopra scritto photographer I love photography, ci sono posti dove non è prudente gridare  che abbiamo del costoso materiale addosso e altri dove i fotografi non sono proprio i primi benvenuti.

Tasche e imbottiture sono i dettagli da verificare e non sottovalutare.
Controllate anche che al suo interno sia presente almeno una di quelle tasche a rete (mesh pocket), utilissime per buttarci dentro card, batterie e altri piccoli accessori.

Quali marche?
Io sono un fedele estimatore di Lowepro – che però ha il difetto di costare un po’. Tamrac è altrettanto valida. Tenba, Manfrotto e Kata per citarne solo alcune.

Quanto spendere?
Non lesinate, gli state affidando la vostra attrezzatura, ma assicuratevi di fare l’acquisto corretto. Non vergognatevi di provare, di aprire, di valutare modelli diversi.

 

 

Photo tour possibili: il Monferrato e le Langhe

Terre di dolci colline, terre di vini pregiati e di nocciole, terre di gente schietta… terre di fotografie.

Ecco un secondo Photo Tour possibile, dopo quello dedicato alla Tuscia.

Il Monferrato è quella parte di Piemonte che si affaccia a Lombardia e Liguria – suddiviso in tre grandi aree Basso Monferrato, attorno a Casale, Monferrato Astigiano e Alto Monferrato, verso sud, verso la Val Bormida.

Mentre le Langhe sono quella porzione di Piemonte a cavallo tra la provincia di Cuneo e di Asti, ideale proseguimento verso ovest del Monferrato.

Vicinissime a Torino, raggiungibili  da Milano con un trasferimento di al massimo due ore e da Genova in meno di un’ora, Langhe e Monferrato offrono spunti fotografici molto interessanti. Il territorio si sviluppa attrtaverso colline dai pendii dolci, che si stemperano nella pianura a est e si increspano verso nord.
Denominatore comune della campagna monferrina e delle langhe sono gli interminabili filari di vite, che offrono un pattern molto creativo all’occhio del fotografo.

Vigneti, borghi medioevali e piccoli paesi dal tipico sapore provinciale  di fine ottocento, con tutta la loro sobria eleganza, tratto che contraddistingue il serioso Piemonte sabaudo. Un tavolozza di idee coerenti per il fotografo che, scegliendo di fare base in uno dei capoluoghi delle due regioni, o in uno dei paesi principali, può facilmente muoversi e in un paio di giorni fare ritorno con un bell’archivio di fotografie.

Il periodo più  suggestivo per fotografare le Langhe e il Monferrato è senza ombra di dubbio il finire dell’estate e l’autunno.
All’approssimarsi dell’autunno e durante tutta la stagione, le mattine di sole del Monferrato e delle Langhe si ammantano di suggestiva bruma, dalla quale spuntano i filari dei vigneti o i profili delle colline e dei borghi.
Per altro, durante il periodo della vendemmia, fine estate appunto, è possibile incappare in situazioni uniche e molto interessanti dal punto di vista fotografico.

Informandosi per tempo, è anche possibile visitare le cantine della zona – alcune, soprattutto più piccole, prendendo accordi prima e specificandone l’eventuale utilizzo, permettono anche di fotografare al loro interno.

I piccoli paesi offrono scorci deliziosi e situazioni che sembrano uscire dalle pagine del libro Cuore, con volti contadini segnati da sole e lavoro.
La piazza è il fulcro dei paesi e, se cercate volti e personaggi, non potete non sedervi in una delle piazze centrali dei piccoli borghi e dei paesi di provincia delle Langhe e del Monferrato la domenica mattina prima di pranzo ed assistere al comparire di attori  usciti da cannovacci di altri tempi.

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Naturalmente si mangia piuttosto bene ovunque, ma soprattutto si beve in modo egregio e questi due aspetti fanno già propendere per pianificare una due giorni fotografica piemontese.

Le sistemazioni alberghiere vanno da strutture da 35/40 euro la notte a relais super lusso con spa e il massimo del lusso, tutto dipende dal vostro budget e dal tipo di photo tour abbiate in mente.

Anteprima di “Notturni”, mostra a sostegno di Emergency

Ecco una piccola anteprima di “NOTTURNI: paesaggi urbani ispirati dalla notte”, la mostra che terrò a Milano dal 26 febbraio all’8 marzo a Balubarte in via Foldi 1, dalle 20 alle 24.

Il progetto, che ho organizzato con Emergency Milano Centro, in occasione del 20° anniversario dell’associazione di Gino Strada,  sostiene la realizzazione dell’ospedale pediatrico a Port Sudan in Africa.
Vi aspetto per l’inaugurazione (26 febbraio, ore 20), che, al costo di 12 eur,  prevede un aperi-cena, il cui ricavato verrà in parte devoluto ad Emergency.

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Anch’io darò un contributo con la vendita delle stampe, per tutto il periodo della mostra sarà possibile infatti acquistare  le stampe esposte e parte del ricavato verrà devoluto al progetto di Port Sudan di Emergency.

Vi aspetto:

NOTTUNI: paesaggi urbani ispirati dalla notte
mostra fotografica – fotografie di Walter Meregalli

26 Febbraio – 8 Marzo
Inaugurazione 26 Febbraio, ore 20
Balubarte
Via Foldi 1 – Milano

 

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Sistemazioni per il Workshop di Orvieto

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Si avvicina il Workshop di Orvieto del 26 e 27 ottobre e con il Minù Bistrot, di Orvieto Scalo, che mi aiuta ad organizzare la piccola logistica, abbiamo individuato tre possibili sistemazioni per i partecipanti:

HOTEL POSTA
Via Luca Signorelli, 18, Orvieto (TN)
0763 341909
Costo indicativo della stanza 37 € a notte.

HOTEL PICCHIO
Via Giovanni Salvatori, 17, Orvieto (TN)
0763 301144
Costo indicativo della stanza 40 € a notte.

AGRITURISMO NIDO DEL FALCONE – Località Cascina Bassa, – Monteleone di Orvieto (TN)
Costo legato alla tipologia di sistemazione

Fotografare il Nepal

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Nepal: un’occasione che qualsiasi fotografo di viaggio non dovrebbe lasciarsi scappare.
Il piccolo paese incastrato tra Tibet e India mi ha affascinato dalla prima volta che ci ho messo piede, e da quella volta, ci sono tornato molte altre, vedendolo cambiare.

Il Nepal è un paese piccolo, ma offre numerosi spunti per la nostra fotografia, soprattutto gli scenari mozzafiato dell’Himalaya – ma non lasciamoci ingannare, nella piccola neo-repubblica nepalese, c’è davvero molto che possiamo scattare.

Cominciamo da Kathmandu. Kathamndu è la capitale del Nepal e la portare il paese, se ci arriviamo volando. La città assomiglia soltanto vagamente alle megalopoli indiane, Kathmandu non è poi molto estesa e le cose da fotografare assolutamente sono tutte a breve distanza dal centro e dal quartiere turistico di Thamel.
Cosa vale la pena fotografare a Kathamandu?
Swayambunath, il tempio delle scimmie, nella parte occidentale della città. Boudhanath, l’enclave tibetana nella parte orientale. E in mezzo, in mezzo le centinaia di stradine della città vecchia, sempre ricche di spunti e di umanità varia.
E poi, alle porte della città, Pashupatinath con ii suoi ghat e i suoi templi.

Naturalmente per cogliere Kathamndu sono sufficienti tre o quattro giorni, più tempo, invece dovremo dedicare per raccontare l’incedibilie natura che offre il Nepal.

Il mio consiglio è documentarsi bene e scegliere un trekking alle propria portata, ce ne sono per tutti i gusti, per tutte le tasche e per tutte la capacità.
Io preferisco il fai da te organizzato sul posto, ma se non siete portati all’avventura o semplicemente non avete troppa voglia di dedicarvi a questa attività, vi consiglio di affidarvi alle numerosissime agenzie, italiane o nepalesi, che si occupano di questo.

Potendo scegliere, prendere qualche settimana per il trekking e organizzativi per partire in aprile o maggio, i mesi migliori per ammirare le vette himalayane e godere dei trekking nepalesi,

Dove andare?
Dipende solo da voi, da cosa volere fotografare e dalla vostra preparazione fisica – alcuni trekking possono essere infatti molto faticosi,
Se avete tempo, vi consiglio il giro dell’Annapurna. Ventotto giorni attraverso la natura imponente del Nepal, dalle foreste subtropicali, ai deserti d’alta montagna, attorno ad uno degli ottomila più affascinanti.
Oppure potrete scegliere la zona dell’Everest e raggiungere il campo base a quota 5200 – l’Everest però lo si fotografa meglio da Kala Pathar, sulla strada del campo base, troppo schiacciato sul ghiacciato del Kombu.
Per i più temerari c’è il Dolpo, una regione remota a nord, oltre il deserto del Mustang. Il Dolpo è un’area molto selvaggia e per attraversarlo sono necessari permessi particolari e la dichiarazione di essere autosufficienti per quanto riguarda gli approvvigionamenti,
A sud, invece, le campagne che confinano con l’India e la riserva nazionale del Chitwan, con i suoi alberi secolari e i suoi elefanti.

Il Nepal resta ancora un paese abbordabile dal punto di vista economico, nonostante negli ultimi anni il costo della vita sia cresciuto molto.
A Kathmandu è possibile trovare tutti i tipi di cucina, grazie al fatto che sia punto di partenza di tutte le spedizioni alpinistiche, avventurandoci in montagna la scelta si riduce di molto – per settimane, attorno all’Annapurna ho mangiato lenticchie, patate e poco altro.

Volare a Kathmandu dall’Italia non è cosa improponibile, soprattutto se lo si prenota per tempo.

Per cui,,, pensateci.

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Paesaggi: 5 errori che si possono evitare

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Senza volersi calare nei panni dei maestrini ecco un post dedicato a cinque comunissimi  errori che spesso commettiamo quando scattiamo panorami.

1. DIMENTICARE DI INCLUDERE UN ELEMENTO IN PRIMO PIANO
Forse l’errore più comune. Ci concentriamo sulla scena, ad esempio una bella spiagga o una catena montuosa e ci dimentichiamo di inserire un elemento catalizzatore  in primo piano.
Un elemento in primo piano è utile per catturare l’attenzione di chi guarda – generalmente l’0cchio di chi guarda parte dal primo piano e poi si sposta verso il piano più lontano, inserire un elemento che catalizzi la sua attenzione, fa sì che l’occho non vaghi inutilmente, con il rischio di abbandonare l’immagine.

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L’uomo in primo piano guida l’attenzione e rende lo scatto interessante

 

 

2.SCATTARE FRETTOLOSAMENTE
Niente come la fotografia di paesaggio consente di curare inquadratura, composizione, messa fuoco e lettura esposimetrica con calma e precisione. Prendiamoci dunque tutto il tempo che ci serve e quando abbiamo deciso che tutto è pronto… prendiamocene un po’ ancora.
Usiamo sempre un cavalletto.
Aspettiamo il momento propizio (le nuvole, le ombre, il sole, ecc.).
Se possibile facciamo un sopralluogo, immagininamo come si presenterà la scena al momento dello scatto e facciamoci trovare pronti con la nostra attrezzatura piazzata. Non ci sono scuse per aver scattato un paesaggio di fretta.

 

3.SCATTIAMO ANCHE IN VERTICALE
Paesaggio è spesso sinonimo di orizzontale, ma proviamo ad esplorare anche possibilità di scattare la stessa scena con un’inquadratura verticale – rimarremo sorpresi da come spesso la scelta può risultare più azzeccata.

 

4.ESPONIAMO CON CREATIVITA’, MA CORRETTAMENTE
Cerchiamo di capire la natura della difficoltà di ottenere una corretta esposizione sia per il cielo, sia per la terra – due elementi che nella maggior parte dei casi rimandano misurazioni molto differenti tra loro (anche 2 o più stop).

In qualità di paesaggista  lo scopo è rendere più dettagli possibili (a meno che non si stia optando per una silhouette).

Spesso l’esposizione corretta passa attraverso l’impiego di un filtro graduato neutro (ne esistono di varia intensità e con sfumature più o meno secche), posizionando la parte sfumata grigia in corrispondenza del cielo (o del mare) – comunque la parte più chiara.
Se non disponiamo di un filtro, e non vogliamo passare troppo tempo in post-produzione, possiamo cavarcela facendo due scatti della stessa scena.

Mettiamo la macchina su un cavalletto, scattiamo esponendo per il terreno e riscattiamo esponendo per il cielo, successivamente ci basterà fondere le due immagini a computer, tenendo la parte corretta di ognuno dei due scatti,
Altra soluzione… l’HDR, ma non è il caso di entrare nel merito in questo post.

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Una serie di filtri graduati della Lee Filters per la fotografia di paesaggio


5.INCASINARE LA SCENA

La semplicità paga quasi sempre, proviamo a ricordarcelo quando inquadriamo la nostra scena e otterremo degli scatti molto più forti.

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Pochi elementi per una composizione semplice

 

 

 

Come catturare il Tibet scomparso.

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Il sogno di molti fotografi di viaggio è quello di immortalare il Tibet, ma nella loro mente il “Regno delle Nevi” è rimasto a prima dell’invasione cinese e quando si recano sull”altopiano rimangono delusi dalle condizioni attuali e dalla modernità introdotta dai cinesi negli ultimi decenni.

Come fare per catturare il Tibet che non c’è più!?

La risposta è semplice: REGALATEVI UN VIAGGIO IN LADAKH.

Il LADAKH è una provincia settentrionale dell’India, tecnicamente un distretto dello stato federale del Jammu e Kashmir.
La capitale del Ladakh è Leh e la si raggiunge con un volo di circa 90 minuti da New Delhi. Il Ladakh a nord confina con la provincia autonoma del Tibet, ora Repubblica Popolare Cinese.

Il Ladakh è un’enclave tibetana e, sia per tradizioni culturali, sia per aspetto geografico, le similitudini con il Tibet sono tante davvero – non a caso il Ladakh è sempre più noto con il nomignolo di Piccolo Tibet.

In Ladakh i monasteri sono rimasti intatti e avvicinare i monaci buddhisti è una cosa semplice, così come girare liberamente in jeep o in moto – cosa che in Tibet è pressoché impossibile.
Essendo India, un viaggio in Ladakh non comporta permessi particolari o costi aggiuntivi, mentre recarsi in Tibet non è esattamente la cosa più agevole, anche partendo dal Nepal.

Alloggiare a Leh ancora piuttosto conveniente e le attività che si possono svolgere nella zone adiacenti all’antica capitale sono numerose, si va dal rafting sull’Indo, alle scalate (la catena dello Stock Kangri ha vette che toccano e superano i 6000 metri), alla scoperta dei numerosi monasteri.

Come il Tibet, il Ladakh è un deserto d’alta montagna,  situato in una zona protetta dai monsoni, per cui è possibile pianificare un viaggio anche in piena estate.. Leh sorge a 3500 metri sul livello del mare, in inverno la temperatura scende di parecchio sotto lo zero e la neve può ostuire passi e strade. In estate, invece, le giornate sono di solito soleggiate e terse – e calde – e le nottate fresche.
Primavera e autunno sono forse le stagioni più piacevoli.

A differenza del Tibet, il Ladakh non  presenta distanze notevoli da coprire e tutto è piuttosto ben collegato con bus e auto a noleggio – fanno fede gli standard indiani (!). Una settimana è il tempo minimo per accostarsi al Piccolo Tibet.
Da Leh, con un dodici/quattordici ore di bus si può raggiungere Shrinagar, in Kashmir e unire due viaggi (totalmente diversi) in un breve lasso di tempo.

Cercate il Tibet scomparso? visitate il Ladakh.

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