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Il Tibet lontano dal Tibet. Mostra fotografica

Evento Tibet

Il 31 agosto e il 1 settembre prossimi, ospite della manifestazione ECOCOMPATIBILMENTE FEST a Castell’Azzana (GR), espongo una personale fotografica dedicata ai campi profughi tibetani dell’India del nord.
La mostra, intitolata IL TIBET LONTANO DAL TIBET, coglie alcuni aspetti della dura esistenza degli esuli tibetani in India.,

 

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31 agosto – 1 settembre
Villa Sforzesca
Castell’Azzana (GR)
IL TIBET LONTANO DAL TIBET
Testimonianze di una cultura in esilio
Campo Profughi Tibetani di Agling – Ladakh
Fotografie di Walter Meregalli

Una volta sul posto…

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Una volta sul posto… dobbiamo imparare a guardarci attorno, anche senza macchina fotografica, soprattutto senza macchina fotografica.

Dobbiamo imparare a guardare, dobbiamo allenare lo sguardo, perché soltanto uno sguardo allenato è uno sguardo che è capace di scorgere foto interessanti, capaci di comunicare lo spirito del territorio che stiamo attraversando e della gente che incontriamo.

Impariamo a girare per le strade, a mischiarci nei mercati. Impariamo a fermarci nei caffè. Impariamo a parlare con la gente del posto, anche se non spiccichiamo una sola parola nella loro lingua, spesso un sorriso o un gesto sanno comunicare molto più che le frasi di circostanza imparata a memoria da qualche guida turisitica.

Una volta sul posto, alleniamoci alla scoperta. Non fermiamoci davanti all’evidente, al facile, all’ovvio. Molto spesso la foto migliore della giornata, in viaggio è la prima che scattiamo all’alba o l’ultima, che cogliamo con l’ultimo bagliore di luce ambiente.

Olivier Föllmi, uno dei più grandi fotografi di viaggio dei nostri tempi, scrive “la fotografia è andare alla ricerca di immagini che non esistono e dare loro un senso”.
Ragioniamo su queste che parole, facciamole nostre, facciamole diventare la nostra filosofia di scatto, quando siamo in viaggio.

Quando arriviamo sul posto, lasciamoci conquistare dai ritmi della gente locale, lasciamo che siano le usanze e le tradizioni locali a fare da trama al racconto che andremo a scrivere con la nostra reflex.

Ricordiamoci che cuore e occhi sono gli ingredienti fondamentali tanto quanto tecnica per i nostri scatti, soprattutto quando cerchiamo di raccontare un paese che non è il nostro.

E non lasciamoci prendere dal’ansia di scattare per forza.
La fotografia compulsiva non è mai un buon approccio. Ci saranno giorni nei quali torneremo in albergo o in tenda con numerose card zeppe di fotografie e ci saranno invece giorni dove magari gli scatti davvero buoni saranno soltanto un paio.
Non lasciamo che l’aritmetica condizioni la nostra fotografia,

Una volta sul posto, diamoci regole da seguire. Il metodo è fondamentale, Diamoci obiettivi… la mattina scatto il lago, a favore di luce, a mezzogiorno il mercato, la sera i templi, con la luce calda del tramonto.

Una volta sul posto, evitiamo di sfinirci, un fotografo stanco è un fotografo mediocre.

Una volta sul posto… Godiamone a pieno.

Paesaggi: 5 errori che si possono evitare

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Senza volersi calare nei panni dei maestrini ecco un post dedicato a cinque comunissimi  errori che spesso commettiamo quando scattiamo panorami.

1. DIMENTICARE DI INCLUDERE UN ELEMENTO IN PRIMO PIANO
Forse l’errore più comune. Ci concentriamo sulla scena, ad esempio una bella spiagga o una catena montuosa e ci dimentichiamo di inserire un elemento catalizzatore  in primo piano.
Un elemento in primo piano è utile per catturare l’attenzione di chi guarda – generalmente l’0cchio di chi guarda parte dal primo piano e poi si sposta verso il piano più lontano, inserire un elemento che catalizzi la sua attenzione, fa sì che l’occho non vaghi inutilmente, con il rischio di abbandonare l’immagine.

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L’uomo in primo piano guida l’attenzione e rende lo scatto interessante

 

 

2.SCATTARE FRETTOLOSAMENTE
Niente come la fotografia di paesaggio consente di curare inquadratura, composizione, messa fuoco e lettura esposimetrica con calma e precisione. Prendiamoci dunque tutto il tempo che ci serve e quando abbiamo deciso che tutto è pronto… prendiamocene un po’ ancora.
Usiamo sempre un cavalletto.
Aspettiamo il momento propizio (le nuvole, le ombre, il sole, ecc.).
Se possibile facciamo un sopralluogo, immagininamo come si presenterà la scena al momento dello scatto e facciamoci trovare pronti con la nostra attrezzatura piazzata. Non ci sono scuse per aver scattato un paesaggio di fretta.

 

3.SCATTIAMO ANCHE IN VERTICALE
Paesaggio è spesso sinonimo di orizzontale, ma proviamo ad esplorare anche possibilità di scattare la stessa scena con un’inquadratura verticale – rimarremo sorpresi da come spesso la scelta può risultare più azzeccata.

 

4.ESPONIAMO CON CREATIVITA’, MA CORRETTAMENTE
Cerchiamo di capire la natura della difficoltà di ottenere una corretta esposizione sia per il cielo, sia per la terra – due elementi che nella maggior parte dei casi rimandano misurazioni molto differenti tra loro (anche 2 o più stop).

In qualità di paesaggista  lo scopo è rendere più dettagli possibili (a meno che non si stia optando per una silhouette).

Spesso l’esposizione corretta passa attraverso l’impiego di un filtro graduato neutro (ne esistono di varia intensità e con sfumature più o meno secche), posizionando la parte sfumata grigia in corrispondenza del cielo (o del mare) – comunque la parte più chiara.
Se non disponiamo di un filtro, e non vogliamo passare troppo tempo in post-produzione, possiamo cavarcela facendo due scatti della stessa scena.

Mettiamo la macchina su un cavalletto, scattiamo esponendo per il terreno e riscattiamo esponendo per il cielo, successivamente ci basterà fondere le due immagini a computer, tenendo la parte corretta di ognuno dei due scatti,
Altra soluzione… l’HDR, ma non è il caso di entrare nel merito in questo post.

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Una serie di filtri graduati della Lee Filters per la fotografia di paesaggio


5.INCASINARE LA SCENA

La semplicità paga quasi sempre, proviamo a ricordarcelo quando inquadriamo la nostra scena e otterremo degli scatti molto più forti.

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Pochi elementi per una composizione semplice

 

 

 

Come catturare il Tibet scomparso.

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Il sogno di molti fotografi di viaggio è quello di immortalare il Tibet, ma nella loro mente il “Regno delle Nevi” è rimasto a prima dell’invasione cinese e quando si recano sull”altopiano rimangono delusi dalle condizioni attuali e dalla modernità introdotta dai cinesi negli ultimi decenni.

Come fare per catturare il Tibet che non c’è più!?

La risposta è semplice: REGALATEVI UN VIAGGIO IN LADAKH.

Il LADAKH è una provincia settentrionale dell’India, tecnicamente un distretto dello stato federale del Jammu e Kashmir.
La capitale del Ladakh è Leh e la si raggiunge con un volo di circa 90 minuti da New Delhi. Il Ladakh a nord confina con la provincia autonoma del Tibet, ora Repubblica Popolare Cinese.

Il Ladakh è un’enclave tibetana e, sia per tradizioni culturali, sia per aspetto geografico, le similitudini con il Tibet sono tante davvero – non a caso il Ladakh è sempre più noto con il nomignolo di Piccolo Tibet.

In Ladakh i monasteri sono rimasti intatti e avvicinare i monaci buddhisti è una cosa semplice, così come girare liberamente in jeep o in moto – cosa che in Tibet è pressoché impossibile.
Essendo India, un viaggio in Ladakh non comporta permessi particolari o costi aggiuntivi, mentre recarsi in Tibet non è esattamente la cosa più agevole, anche partendo dal Nepal.

Alloggiare a Leh ancora piuttosto conveniente e le attività che si possono svolgere nella zone adiacenti all’antica capitale sono numerose, si va dal rafting sull’Indo, alle scalate (la catena dello Stock Kangri ha vette che toccano e superano i 6000 metri), alla scoperta dei numerosi monasteri.

Come il Tibet, il Ladakh è un deserto d’alta montagna,  situato in una zona protetta dai monsoni, per cui è possibile pianificare un viaggio anche in piena estate.. Leh sorge a 3500 metri sul livello del mare, in inverno la temperatura scende di parecchio sotto lo zero e la neve può ostuire passi e strade. In estate, invece, le giornate sono di solito soleggiate e terse – e calde – e le nottate fresche.
Primavera e autunno sono forse le stagioni più piacevoli.

A differenza del Tibet, il Ladakh non  presenta distanze notevoli da coprire e tutto è piuttosto ben collegato con bus e auto a noleggio – fanno fede gli standard indiani (!). Una settimana è il tempo minimo per accostarsi al Piccolo Tibet.
Da Leh, con un dodici/quattordici ore di bus si può raggiungere Shrinagar, in Kashmir e unire due viaggi (totalmente diversi) in un breve lasso di tempo.

Cercate il Tibet scomparso? visitate il Ladakh.

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Ma la liberatoria mi serve davvero?

 

 

 

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Senza dubbio uno dei miti della fotografia professionale: il MODEL RELEASE, che in italiano viene spesso chiamato “liberatoria” o “modulo per i diritti di immagine”…
Ogni volta che si tocca l’argomento, la sensazione è simile a camminare su un campo minato.
La legislatura in materia è quanto mai vaga, sia in Italia, sia all’estero – anche se spesso case edititrici, enti museali e organizzatori di mostre chiedono ‘sto maledetto  modulo come condizione sine qua non ad essere pubblicati o esposti.

Ho cercato un po’ di materiale in giro per la rete e, ad essere sincero non ho trovato molto, o meglio, come spesso accade sul web, ho trovato tutto e il contrario di tutto.

La curiosità è scaturita dalla volontà di partecipare ad un importante concorso di fotografia di ritratto a Londra con una foto che ho scattato ad un’anziana signora quest’estate in India.
Trovo la foto piuttosto interessante, ma, naturalmente, NON HO nessuno straccio di liberatoria da parte della signora, che, con un semplice e pacato gesto della mano ha acconsentito a farsi ritrarre.

Ho cercato in rete alcune risposte e questo è quello ho trovato….

Nonostante la leggenda – più o meno metropolitana – che racconta che per ogni persona ritratta dobbiamo conservare una liberatoria, la realtà dei fatti è piuttosto diversa: DOBBIAMO SEMPLICEMENTE PREOCCUPARCI DI NON INVADERE LA PRIVACY DI CHI RITRAIAMO.
Generalmente, in un luogo pubblico, non ci si può aspettare di avere privacy e questo mette a tacere più o meno qualsiasi illazione del caso.

In realtà, quello di cui dobbiamo preoccuparci è più qualcosa legato al diritto di publicazione, diritto che violiamo nel momento in cui, utilizziamo per un nostro beneficio specifico la fotografia di una persona, senza essersi accordati per farlo.
Questo è quello che si chiama UTILIZZO COMMERCIALE dell’immagine  – contrapposto all’utilizzo editoriale.
L’utilzzo di una fotografia viene generalmente considerato editoriale quando la foto è notiziabile, cioè degna di essere considerata notizia.

E qui, in tutto il mondo, si apre una diatriba confusa e dai confini vaghi.

Un reportage o una foto che documenti un evento pubblico, generalmente, sono considerate editoriali, per cui non è neccessario preoccuparsi di nessun model realease.

UTILIZZO COMMERCIALE DI UN’IMMAGINE
Definiamo utilizzo commerciale quando una fotografia di una persona è impiegata a scopi pubblicitari, sponsorizzazioni/testimonial o scopi di mercato – questo però non si riferisce al fatto che la foto possa comparire all’interno di una pubblicazione che viene venduta (e qui ci le acque si mescolano…)

QUALE LEGGE IN TAL PROPOSITO.

La legge  alla quale dobbiamo riferirci è la 22/4/1941 e in particolare gli articoli 96, 97 e 98 – che riporto nella loro totalità

Art. 96
Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente. Dopo la morte della persona ritrattata si applicano le disposizioni del 2/a, 3/a e 4/a comma dell’art. 93.

Art. 97
Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o colturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata.

Art. 98
Salvo patto contrario, il ritratto fotografico eseguito su commissione può dalla persona fotografata o dai suoi successori o dai suoi successori o aventi causa essere pubblicato, riprodotto o fatto riprodurre senza il consenso del fotografo, salvo pagamento a favore di quest’ultimo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo.
Il nome del fotografo, allorché figuri sulla fotografia originaria, deve essere indicato.

Questo dovrebbe toglierci ogni dubbio… in realtà non è così.

Nel mio caso, che poi è il caso di molti, e cioè la partecipazione ad una mostra, non c’è scopo commerciale e la persona che ho ritratto ha palesemente acconsentito – non si tratta di uno scatto rubato. E quindi? come ci si regola… con certezza non so, per cui , chiunque possa dare il suo contributo in merito a questo argomento confuso… lo faccia, per favore…

20120626-112108Anche perché, mi piacerebbe chiedere a Steve McCurry  se possiede la liberatoria per questa foto, per altro pubblicata in almeno tre volumi campioni di incassi e in mostra itinerante da almeno cinque anni…

 

– questo articolo compare anche nel blog “OcchioGrafico” di Walter Meregalli

ISO Automatici: quando possono toglierci d’impaccio

Acquila in volo

Acquila in volo

Qualche tempo fa, conversando con un amico fotografo, si chiacchierava della funzione “ISO automatici” capacità di togliere le castagne dal fuoco di questa opzione, che, ammetto, spesso  molti di noi non prendono mai sufficientemente in considerazione.

ISO AUTOMATICI è quella funzione, che, una volta impostati tempo e diaframma, si prende cura di aumentare o diminuire automaticamente l’impostazione degli ISO se cambia la luminosità della nostra scena.

Bene, questo è quello che fa la funzione e fino a qui potevamo arrivarci un po’ tutti, ma pensiamo a cosa ci può servire…

La funzione diventa molto utile soprattutto quando stiamo seguendo un soggetto in movimento e il cui movimento non è prevedibile – ad esempio il volo di un’aquila o la corsa di un ghepardo (!)… sì, lo so, sono esempi estremi… se preferite pensate a vostro figlio che gioca in un campo di calcio e il sole che illumina il rettangolo di gioco in modo non uniforme, alternando zone d’ombra a zone di luce… ecco, in questo caso la funzione ISO AUTOMATICI si fa molto utile.

Impostiamo tempo e diaframma che riteniamo più opportuni per congelare l’azione (o per creare il mosso in maccchina) e per isolare il soggetto e il resto, gli ISO, lo lasciamo alla nostra costosa macchina fotografica

Capire la luce: la luce alle medie latitudini

Amsterdam in autunno

Amsterdam in autunno

Ah, le medie latitudini… offrono climi diversi e situazioni molto mutevoli… il massimo per il fotografo!

Partiamo con l’individuare 4 diverse zone climatiche, alle quali corrispondono caratteristiche di luce diverse: il clima mediterraneo, il clima umido subtropicale, il clima continentale e il clima oceanico.

CLIMA MEDITERRANEO
Un clima caratterizzata da una lunga estate e da un inverno mite, nel quale si concentrano le scarse piogge. Durante la stagione estiva, il cielo è di solito limpido e le giornate di sole sono piuttosto frequenti.
Nelle zone costiere, soprattutto in primavera, è possibile imbattersi in foschie mattutine.

La luce è piuttosto limpida e si può fare affidamente sul sole per lungo tempo durante l’anno.
La lunghezza delle giornate varia, ma non di moltissimo, a seconda delle diverse stagioni dell’anno.
Nel breve inverno è facile incappare in lunghi periodi di cielo coperto e luce grigia.

Paesi: costa mediterranea, california centrale

 

CLIMA SUBTROPICALE
Estati umide e dall’alta concentrazione di umidità nell’aria, che dà solitamente luogo a fenomeni atmosferici nuvolosi.

Il periodo migliore, per la qualità della luce, è sicuramente quello che coincide con la primavera e l’autunno.
Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno è possibile incappare in uragani – che oltre ad essere potenzialmente pericolosi – offrono una luce molto particolare e drammatica.

Paesi; Giappone centrale e meridionale, Messico (costa).

 

CLIMA OCEANICO
Estati fresce e inverni miti, piogge distribuite nel corso di tutto l’anno. Clima piuttosto imprevedibile.

La luce in questa zona climatica è difficile da prevedere con certezza e varia moltissimo a seconda del periodo dell’anno, ma anche durante lo stesso periodo.

Per il fotografo non è facile determinare con certezza che cosa lo aspetterà.
La lunghezza delle giornate in queste zone varia molto da stagione a a stagione e il fotografo ne deve assolutamente tenere conto.

Paesi: Stati Uniti del nord, Canada, Europa occidentale.

 

CLIMA CONTINENTALE

Grande divario tra le temperature estive (alte) e le temperature invernali (decisamente basse).
Le piogge si distribuiscono durante tutto l’anno, concentrandosi tra primavere e estate. In inverno non è difficile incontrare neve.
La luce è molto legata alle condizioni atmosferiche contingenti e dalla zona geografica relativa.

Paesi: Stati Uniti centrali e Europa centrale.

 

 

 

Capire la luce: la luce dei climi secchi

La luce nelle zone secche del mondo

La luce nelle zone secche del mondo

 

Le zone secche possono presentari tipologie di luce molto diverse tra loro, è bene conoscere prima le potenzialità che ci verranno offerte una volta sul posto.

SAVANA

La savana (ad es. Africa orientale) alterna una lunga stagione calda e arida ad una più breve caratterizzata da intense piogge.

Durante la stagione arida, la luce intensa e le giornate sono solitatamene caratterizzazte da un cielo terso e luminoso, spesso appena velato, che mantiene la sua brillantezza anche durante la notte, nonostante l’oscuità.

Durante la breve stagione delle piogge, la luce varia molto, ma il cielo non appare mai coperto da una pesante coltre di nubi grigie come invece capita spesso di incontrare nelle zone interessate dai monsoni.

La luce della savana

La luce della savana

 

STEPPA

Il clima che caratterizza la steppa è di solito piuttosto secco e le poche precipitazioni si distribuiscono nel corso dell’anno in modo del tutto irregolare ed inaspettato.

Queste zone della terra (ad es. Messico, Afghanistan) sono caratterizzate da cieli molto chiari e tersi, sgombri di nuvole. Durante il breve periodi di pioggia, il cielo di carica di nubi che tendono a diradarsi quasi subito dopo la precipitazione.

Mongolian landscape

La luce della steppa mongola

 

DESERTO

Pochissima pioggia concentrata soprattutto in una breve stagione dell’anno, per il resto il clima è davvero arido e presenta escursioni termiche anche piuttosto estreme tra il giorno e la notte. E’ facile imbattersi in tempeste di sabbia, capaci a volte anche di oscurare il cielo come se fosse notte.

Nei deserti a ridosso del mare, la nebbia non è un fenomeno così improbabile, specialmente nelle prime ore del giorno.

La luce è molto intensa. Ideale fotografare durante le prime ore del giorno e attorno al tramonto, anche se in questi casi potrebbe risultare una dominante arancione calda fin troppo presente

La luce nel deserto

La luce nel deserto

Capire la luce: la luce tropicale

Tramonto in Tailandia - clima tropicale monsonico

Tramonto in Tailandia – clima tropicale monsonico

Secondo post dedicato alla luce e a come la luce risulti diversa a seconda della latitudine alla quale ci troviamo.

In questo post ci occupiamo di LUCE TROPICALE.

Come abbiamo sottolineato nel post precedente – Capire la luce, la qualità della luce è influenzata sia dal luogo in cui ci troviamo, sia dal clima.
I tropici sono caratterizzati da un clima molto umido e con temperature piuttosto alte (di solito quasi mai al di sotto dei 28° C).
Distinguamo tra due tipologie di climi tropicali: quello umido e quello monsonico.
In entrambi i casi però, quando il sole è a picco, sprigiona una luce molto dura e diretta.

 

Tropici umidi

La luce tropicale, quando il sole non è offuscato dalle nubi, è solitamente molto intensa.
Il mio consiglio è quello di concentrare i propri scatti panoramici poco prima del tramonto (golden hours), soprattutto se un temporale ha spazzato l’afa dall’aria. Bisogna essere rapidi soprattutto per due motivi, la brevità delle golden hours a quelle latitudini e il fatto che il calore della terra tende a riformare l’afa in breve tempo.

Provare a scattare nelle ore centrali della giornata, a queste latitudini, è spesso una perdita di tempo, per questo consiglio di organizzare la propria scaletta dedicando tale porzione della giornata per eventuali interni o dettagli.
Il cielo durante il giorno risulta molto scialbo.

Il clima tropicale umido conosce sostanzialmente una sola stagione, per cui è indifferente il periodo dell’anno nel quale programmiamo di andare. Fondamentale invece è il periodo del giorno!

 

 

Tropici monsonici

Le zone interessate dai monsoni, pur considendosi tropicali, presentano tre differenti stagioni: la stagione delle piogge, la stagione fresca e la stagione calda.
La stagione delle piogge
è caratterizzata da un clima molto umido, con forti rovesci concentrati soprattutto nel tardo pomeriggio. Le temperature raggiungono e superano facilmente i 30°/35° C con una forte percentuale di umidità – spesso attorno al 95%. Questo non vuol dire che non si possano incontrare giornate secche, ma restano un’anomalia.
Le altre due stagioni –fresca calda – sono invece caratterizzate da un clima molto secco.
In alcune zone monsoniche, durante la stagione calda le temperature raggiungono i 45° C nelle ore più calde.

Le tre diverse stagioni comportano una pianificazione più attenta, in quanto la luce varia a seconda della stagione.
La luce migliore è quella della stagione immediatamente successiva al monsone, che presenta cieli tersi e temperature più miti – ma non sempre il cielo terso è la soluzione migliore per le nostre fotografie.
Per contro, avventurarsi nella stagione che precede il mosone può voler dire dover affrontare temperature molto elevate e un clima torrido, che lascia poco tempo per la fotografia all’aperto.

 

 

Fotografare eventi pubblici: consigli sul campo

Kumbh Mela - non fatevi trovare impreparati e soprattutto non fatevi trovare preda della folla

Kumbh Mela – non fatevi trovare impreparati e soprattutto non fatevi trovare preda della folla

Ed ecco il seguito al post dedicato alla preparazione di un reportage di manifestazioni pubbliche.

Le opportunità fotografiche rappresentate da una manifestazione pubblica sono davvero molte, anche se spesso i momenti clou di un evento sono soltanto un paio.
Un buon fotografo deve però imparare a prendere spunti diversi.

SPUNTI FOTOGRAFICI PER DOCUMENTARE UN EVENTO PUBBLICO

  • l’evento stesso, sfruttando diversi punti di ripresa, lunghezze focali diverse e cercando di fissare quelli che sono effettivamente i momenti salienti della manifestazione
  • il dietro le quinte
  • i preparativi
  • il pubblico
  • il dopo evento

Come vedete, solo in questo breve elenco. troviamo spunti diversi che possono aiutarci a confezionare un vero proprio reportage monotematico.
Pensate ad esempio ad un evento come il palio di Siena, o simili.
Molti di noi si concentreranno sulla gara stessa, i cavalli al galoppo, i fantini intenti a tracciare la corsa migliore, le loro espressioni… già questo potrebbe bastare, anche se, in realtà, foto di questo genere ne esistono centinaia di migliaia e tutte più o meno simili.
Pensate ora invece a quante pochi scatti documentano la preparazione della piazza del campo, gli addetti che montano le transenne, o i maniscalchi che ferrano i cavalli, i fantini che si vestono, la folla che si accalca per le stradine e pensate a quello che rimane sul campo di un evento di tale portata.

Tutto questo è degno di essere scattato e messo a corredo di un reportage sul Palio. Non solo il risultato sarà più appagante dal punto di vista meramente fotografico, ma offrirà una testimonianza molto più personale dell’evento stesso.

Quando si documenta un evento pubblico è bene scattare molto.
Poi in fase di editing e di scelta – e non durante la manifestazione – ci preoccuperemo di cancellare le foto che non ci soddisfano a pieno.
Per questo motivo dotiamoci di un numero sufficiente di card e teniamole a portata di mano, spesso il tempo a disposizione è limitato e sostituire la card piena con una card nuova è un’0perazione che va fatta in grande velocità.

Quando ad Annie Leibovitz venne affidato l’incarico di documentare il tour dei Rolling Stones del 1976, l’allora giovane e sconosciuta fotografa adottò uno stratagemma per non finire travolta dal pubblico . La Leibovitz aveva capito che le ultime canzoni di ogni concerto rappresentavano un grosso rischio per la sua incolomità, in quanto il pubblico correva per raggiungere il palco, poco prima che tutto si scatenasse attorno a lei Annie riponeva la sua macchina fotografica e si allontanava, aveva imparato che restare a ridosso del palco in quei momenti poteva costarle qualche costola rotta.

Questo cosa ci deve insegnare?
Impariamo a leggere gli eventi con un po’ di anticipo, prima di trovarci in situazioni scomodo o pericolose, cosa per nulla rara quando si ha a che fare con eventi pubblici… e se mai vi venisse in mente di fotografare il Kumbh Mela, io eviterei di farmi sorprendere su un ponte sul Gange durante la prima alba…