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Instauriamo relazioni

 

Dhaba KTM

Una dhaba nel quartiere di Thamel a Kathmandu

Mi piace pensare che la fotografia di viaggio aiuti a conoscere meglio le culture e i paesi che attraversiamo, sia che lo si faccia di lavoro, sia che lo si faccia spinti dalla semplice passione.
Fotografare ci porta in contatto, spesso, con realtà che ignoriamo o che conosciamo poco, ma molto spesso siamo troppo presi dalle questioni tecniche legate alla fotografia che ci dimentichiamo di guardare e di ascoltare.

Personalmente penso che la macchina fotografica debba essere un ponte tra noi e quello che inquadriamo – devo dire che molte volte, io stesso, ho usato la mia reflex come un filtro, lasciando che il mondo che inquadrava impressionasse soltanto il sensore e non l’anima.  E’ una sorta di autodifesa quando ci si trova a scattare in situazioni difficili o estremamente toccanti.

Di norma, invece, cerco sempre di stabilire una relazione con i soggetti che scatto – a meno che non si tratti di candid shot.

Chris Rainier, fotografo del National Geographic, dice che  la qualità delle nostre foto è direttamente proporzionale alla qualità delle relazioni e devo dire che mi trovo perfettamente d’accordo.

Ogni volta che mi è possibile, mi prendo del tempo per spendere due parole con chi voglio fotografare, soprattutto in viaggio.
Chiaramente la cosa costa fatica, costa impegno, significa che bisogna, molto spesso, trovare una lingua comune, ma soprattutto un tempo comune, e mettere da parte la frenesia da scatto e fermarsi a… chiacchierare.

Non serve essere esperti di relazioni pubbliche, basta un minimo di volontà. Ricordiamoci che anche il minimo impegno, anche il minimo sforzo CREA una relazione e che, dall’altra parte, ogni nostro tentativo di instaurare un rapporto viene accolto in modo positivo.

Sempre Rainier afferma una cosa che è sacrosanta, scendere da un pullman turistico per cinque minuti in un villaggio masai è una cosa, prendere una jeep e trascorrervi l’intera giornata è un’altra.

Mostriamo sempre il massimo rispetto
Questa è la sola vera regola da seguire. Portare e mostrare rispetto per le persone che incontriamo.
Evitiamo di scattare prima e di chiedere il permesso poi, cerchiamo di tenere a mente le restrizioni e le imposizioni culturali e religiose della gente che incontriamo e dei luoghi che attraversiamo – alcune popolazioni credono che fotografandoli ci prendiamo la loro anima, evitiamo di farlo, a meno non ce lo consentano.
Non diamo per scontato che tutto il mondo ragiona con la nostra testa e cerchiamo di essere sempre discreti e consapevoli.

Rompere il ghiaccio è più semplice di quanto non possa sembrare, affidiamoci ad un saluto, ad un sorriso e ad un apprezzamento sincero. Se parlano la nostra lingua, spieghiamo le nostre intenzioni, altrimenti cerchiamo di farci capire.
Molto spesso chi si fa fotografare non ci chiede nulla in cambio – io evito di pagare per avere una foto.
E’ un gesto carino promettere di inviare, in un secondo tempo, la stampa della fotografia – ma se lo promettete fatelo!

La foto d’apertura ritrae una giovane coppia nepalese all’interno della loro dhaba, un ristorante locale – molto povero e altrettanto sporco.
Mi aveva incuriosito il volto del proprietario e ho deciso di sedermi al loro unico tavolo e di ordinare qualcosa da mangiare.
Non era certo un ristorante per turisti e lo stesso proprietario si è incuriosito della cosa e ha cominciato ad interessarsi a me, allo straniero.
Gli ho spiegato quali erano le mie intenzioni e il risultato – che a me piace molto – è la foto che ho pubblicato nel post (tra l’altro la sua cucina non mi ha ucciso).