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Ritratti in viaggio: 8 consigli pratici
La prima cosa a cui associo la fotografia di viaggio è… “volti interessanti”.
Lo so, avete ragione, non è né così immediato, né così naturale farlo, ma per me è quello che accade.
Viaggiare, con una macchina fotografica in mano, per me significa soprattutto volti.
Come possiamo migliorare la nostra tecnica di ritratto in viaggio?
- COMPOSIZIONE ACCURATA
Cominciamo con il ricordare che il nostro soggetto è il nostro universo. Attorno a lui gira tutta il nostro scatto.
Che occupi il centro della scena, che sia sistemato al lato, il soggetto ritratto DEVE essere in grado di attirare tutta l’attenzione di chi guarderà lo scatto finito.
Non significa che dovremo per forza posizionarlo accademicamente al centro della nostra inquadratura, ma, piuttosto, che dovremo sfruttare a dovere le regole della composizione affinché sia chiaro cosa vogliamo che la gente guardi.
Possiamo anche esplorare aspetti compositivi azzardati, ma non dobbiamo dimenticare che qualsiasi regola andremo a scegliere, dovrà aiutare chi guarda il nostro ritratto, aiutarlo a muoversi con certezza nello spazio dell’inquadratura.
- ATTENZIONE ALLO SFONDO
Un grande ritratto non nasce soltanto dalla peculiarità del soggetto, nasce soprattutto dall’attenzione che mettiamo nello scegliere lo sfondo adatto.
Non è necessario avere sempre una parete uniforme a portata di mano, bisogna però prestare molta attenzione ad elementi dello sfondo che potrebbero interferire con il soggetto ritratto.
Se un volto singolare contribuisce alla riuscita di un buon ritratto, uno sfondo sbagliato ha il potere di ammazzare qualsiasi ragazza afghana dagli occhi verdi.
Valutiamo con molta attenzione il colore dello sfondo, la sua prominenza rispetto al soggetto in primo piano, la presenza di eventuali elementi estranei. Spesso basta spostarsi di pochi passi per ottenere sfondi puliti e scatti più incisivi. - PUNTO DI RIPRESA
Il punto di ripresa non è una scelta da lasciare al caso. Nella fotografia, il punto di ripresa detta il tono, molto spesso.
Ci abbassiamo e il nostro soggetto incombe sullo scatto da una posizione predominante, dando vita al ritratto di una persona sicura, in comando, autoritaria o comunque con una certa influenza su chi guarda.
Alziamoci, e sarà come ridurre la distanza ipotetica tra soggetto ritratto e chi guarda, sarà come rendere più accessibile il nostro soggetto, renderlo più amichevole.
Anche la distanza, soprattutto se molto ridotta, importa una variabile semantica che si traduce con estrema intimità – a volte anche ai limiti del fastidioso.
Impariamoci a muoverci attorno al nostro soggetto, a non accontentarci di uno scatto ad altezza occhi, perfettamente perpendicolare al terreno. Sperimentiamo, azzardiamo. Alto, basso, vicino, molto vicino, lontano. Vedremo come cambia il messaggio trasmesso dal nostro scatto in relazione al punto di ripresa che abbiamo scelto.
- TUTTO A FUOCO, POCO A FUOCO
I puristi del ritratto sceglieranno di sicuro la seconda alternativa: POCO A FUOCO – f. molto aperti e via andare.
Non mi ritengo un purista, ma mi rendo conto che nell’80% dei mie ritratti propendo per una profondità di campo molto ridotta, per fare in modo che il mio soggetto spicchi più facilmente.
La tecnica del tutto a fuoco è però una validissima alternativa, soprattutto in viaggio, dove la maggior parte dei nostri ritratti saranno ritratti ambientati. Attenzione però, se scegliamo di scattare con diaframmi chiusi e allargare la profondità di campo, dobbiamo porre molta attenzione a quello che includiamo nella nostra inquadratura, il rischio è portarsi a casa uno scatto troppo carico di dettagli e quindi molto confuso.
L’ambiente inquadrato, i dettagli presenti nell’inquadratura, contribuiscono a costruire una solida infrastruttura semantica, in grado di collocare perfettamente il soggetto ritratto all’interno del suo mondo (fisico) e all’interno dello spazio mentale di chi guarda da subito. Il tutto a fuoco è però un viatico insidioso, che richiede maggior attenzione ai dettagli e maggior cura della composizione.
- LUNGHEZZA FOCALE
Ancora una volta, i puristi del ritratto non avranno dubbi: la focale designata non può che essere un’85mm (su reflex FX – che si traduce con un 55mm su una DX). Vero, un 85mm, soprattutto se ad ottica fissa (prime lens) offre le miglior proporzioni per un volto ritratto a circa due metri distanza.
Ma ancora una volta consiglio di provare a giocare con le focali.
Usando un medio tele (120/200mm) possiamo ottenere uno sfocato piuttosto accattivante – anche se il bokeh offerto da uno zoom 70/200 non raggiunge i livelli di qualità di un 85mm). Purtroppo un medio tele ci costringe ad arretrare di qualche passo – con un 200mm saremo spesso costretti a scattare ad almeno 3 metri dal nostro soggetto – e questo non aiuta a sviluppare la giusta intimità tra fotografo e soggetto.
Sperimentiamo anche con un moderato grandangolo, magari giocando con la prospettiva e il punto di ripresa.
Il grandangolo offre una profondità di campo molto vasta e un angolo di ripresa utile per riprendere molto dell’ambiente che circonda il soggetto ritratto. Due caratteristiche da enfatizzare, se abbiamo oprato questa scelta poco ortodossa per i ritratti. Con il grandangolo siamo costretti ad avvicinarci molto al nostro soggetto e spesso la cosa non è bene sopportata, anzi molti la vivono come piuttosto fastidiosa, cerchiamo di essere rapidi. Usiamo il grandangolo quando siamo certi che l’ambiente offra quel plus che ci aiuta a meglio cristallizzare il mondo del nostro soggetto e non dimentichiamo che gli obiettivi di piccola focale introducono distorsioni prospettiche significative – a meno che non si stia realizzando una sorta di caricatura, nessun ritratto risulta piacevole da guardare se mostra testoni oblunghi in primo piano e figure umane ridotte a fiammiferi ambulanti. Il grandangolo però può aiutarci a porre molta enfasi su dettagli in primo piano – le mani ad esempio – che ci servono poi per guidare l’occhio di chi guarda verso il volto. - FILTRI NATURALI, CORNICI E VIGNETTE
… e potrei proseguire nell’elenco, ad esempio aggiungendo vetrine, finestre, specchi…
Cerchiamo alternative suggestive alla pulizia estrema. Proviamo a scattare attraverso una finestra impolverata o bagnata dalla pioggia, proviamo a scattare attraverso vetri rotti, foglie sfocate in primo piano. Proviamo a scattare puntando in uno specchio o in una pozzanghera. Sperimentiamo!
Ricordiamoci sempre però che cornici, vignette, specchi, finestre, eccetera sono soltanto strumenti compositivi che devono servire ad esaltare il soggetto ritratto, non lo devono sostituire.
- L’AMBIENTE PARLA
Eccome se parla! In realtà spesso l’ambiente urla. Intercettiamo immediatamente il tono di voce dell’ambiente e chiediamoci se è adatto allo scatto che stiamo cercando di portare a casa.
Quando è possibile interveniamo… bando alle remore, se quella lampada non ci convince, spostiamola, togliamola dall’inquadratura. Riduciamo tutto ciò che può confondere e tutto ciò che può soffocare il nostro soggetto.
Gli oggetti parlano e noi dobbiamo fare in modo che dicano le stesse cose che dice il nostro soggetto ritratto.
Se non siamo convinti, pensiamo ad un’alternativa – rapidamente, però.
Non tutti gli oggetti che includiamo nell’inquadratura devono avere la stessa preminenza, io personalmente quando mi è permesso, ne scelgo pochi, tutti però devono sostenere il ritratto, farlo emergere e non soffocarlo. Tra gli oggetti scelti, decidiamo quali hanno una valenza principale per il nostro soggetto – o per il ritratto che intendiamo scattare – e usiamoli cum grano salis, affidandoci ancora una volta alle regole della composizione.
- LUCE E OMBRA
Senza luce non esiste fotografia. La luce è il nostro elemento principe, anche più importante del soggetto che ritrarremo.
Una volta scelto soggetto e individuato il luogo, poniamo molta attenzione alla luce che abbiamo a disposizione.
Studiamone la direzione e l’intensità, la qualità.
La luce contribuisce al tono di voce del nostro ritratto. Vi diranno che la luce dura non va bene per i ritratti… cazzata! La luce dura contribuisce a creare una particolare atmosfera, la separazione netta delle aree illuminate dalle ombre porta con sé un messaggio e un linguaggio – di certo non particolarmente adatti per una sposa o per un bimbo, ma probabilmente perfetti per molte altre situazioni.
Personalmente adoro la luce drammatica, anche per i ritratti. Quando mi è possibile posiziono i miei soggetti in modo che la luce non li illumini mai completamente, uso le ombre per ottenere maggior drammaticità e tridimensionalità – per questo sono un fanatico della luce molto direzionale.
La luce non è bianca, la luce prende la dominante cromatica delle superfici sulle quali rimbalza. Sfruttiamo anche questa caratteristica. La luce può essere fredda o calda, nel dubbio, per un ritratto è meglio la seconda, ma a volte è interessante anche infrangere questa regola pratica.
Cerchiamo sempre di sfruttare al massimo la luce che abbiamo a disposizione, affidiamoci ad un flash solo per migliorare quello che la natura ci offre.
Chissà, magari ora, dopo 1390 parole, qualcuno di voi comincerà ad associare la fotografia di viaggio al ritratto…
Qualche anno fa, in un bar di Kathmandu, un fotografo americano, guardando alcune delle mie foto che avevo appena scattato in Tibet, mi disse: “Vedi, i panorami li possono scattare tutti e anche gli edifici. E se puoi passare tanto tempo in un dato posto, può darsi che ne scatti anche di davvero belli. Ma un ritratto, questo ritratto…” – e mi indicò il ritratto di una vecchia che avevo scattato a Lhasa – “… questo ritratto lo puoi avere fatto soltanto tu, anche se a scattare in quel momento foste stati in dieci.”
Mi colpì e non poco.