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Storytelling: è la luce a dettare il tono

La luce radente della mattina presto, la foschia e le ombre decise sulla gelata invernale. Un tono drammatico.
Lo scrittore ha a disposizione molti strumenti per creare il tono del suo racconto. È però fondamentale che il tono scelto sia coerente con il tipo di storia, con il carattere dei personaggi, con l’ambientazione scelta. Non perdoneremmo mai ad uno scrittore di far esprimere un giovane gangsta rapper come lo farebbe un damerino della Londra di fine Ottocento.
Il fotografo che si avventura nella storytelling visivo HA lo stesso dovere di mostrare coerenza – o se decide di rompere gli schemi deve essere padrone della tecnica e non deve farlo per ignoranza.
Nello storytelling fotografico è la luce che detta il tono o per dirla come i professionisti, che fa il mood.
Questa è una regola semplice, ma fondamentale.
Prima di pensare alla tecnica, prima di risolvere la cruda matematica di tempo & diaframma, scegliamo il tono che vogliamo dare alla nostra fotografia, di conseguenza avremo così scelto anche il tipo di storia che stiamo raccontando – e sarà anche più facile poi scegliere la posa del nostro soggetto o il luogo.
Mi piace pensare che NON ESISTA UNA CATTIVA LUCE IN ASSOLUTO, esistono pessimi utilizzi, che danno vita a brutti scatti, quasi tutti accomunati da una luce piatta, insignificante,
Se i verbi in un racconto rappresentano l’azione, sta allo scrittore trasmettere al lettore il ritmo, appoggiandosi alla grammatica e scegliendo le parole più evocative e adatte alle diverse situazioni. Nella fotografia esiste la luce, che può esaltare un ritratto intenso e suggerire a chi guarda la fatica o la gioia o la disperazione, suggerire l’emozione.
Quando scattiamo, i dettagli da considerare sono davvero essere molti e spesso ci si mette la fretta o le condizioni poco agevoli – soprattutto in viaggio – e qualche volta questi i motivi (più o meno giustificati) per i quali ci dimentichiamo il focus di quello che stiamo facendo: raccontare una storia attraverso uno scatto. Spesso la fretta ci fa scegliere per la via più breve e ci accontentiamo di una luce povera.
Pietro Donzelli, grande fotografo del neo realismo italiano, mi diceva spesso che la luce migliore è quella fatta di ombra.
Allora ero troppo giovane per capire, ma poi, con gli anni, ho colto il significato di quella frase, che potrebbe sembrare un paradosso.
Il contrasto tra chiaro e scuro è la chiave per raccontare con toni dinamici, forti. Ed è la luce che personalmente preferisco.
Ma credo che il segreto (di Pulcinella) sia conoscere le possibilità diverse di illuminazione e scegliere quella che è in grado di sostenere il racconto visivo del nostro scatto, di farlo arrivare, di sottolinearlo emotivamente.
Qualcuno griderà alla scoperta dell’acqua calda, come dare loro torto!? ma se guardiamo i numerosi brutti scatti che ci passano quotidianamente sotto gli occhi e poi ci soffermiamo invece sui capolavori della fotografia, non possiamo notare che, al di là del soggetto (ed eccezion fatta per la foto di reportage), i capolavori nascondono una maniacale cura per la luce impiegata, sempre coerente con la storia, anche quando il fotografo ha scelto di andare oltre le convenzioni.
La qualità della luce, l’intensità, la sua direzione, la temperetura, il contrasto, le ombre, definiscono il tono del nostro scatto.
La luce che scegliamo di usare stabilisce forse il primo contatto emotivo con chi guarda la nostra fotografia.
Se penso ad un ritratto di Keith Richards, penso immediatamente ad una luce decisa, che enfatizza il volto segnato da una vita al massimo, penso ad una luce drammatica, teatrale, fatta di chiari e di ombre intense. Non penso ad un bianco alla Toscani! Che non vuol dire che sia sbagliato provarlo, ma che di certo racconterebbe tutta un’altra storia e dobbiamo esserne consapevoli.
La scelta della luce adatta a quello che vogliamo raccontare vale sia che ci si stia cimentando con un ritratto, sia che si stia scattando un paesaggio.
La luce morbida dell’alba filtrata dalla bruma che ristagna sulla brughiera dà una sensazione completamente diversa dalla luce radente del tramonto: stessa inquadratura, due brughiere completamente diverse e due storie altrettanto diverse, perché le emozioni che provocano lo sonno. Due luci differenti, due mood differenti.

La bruma del mattino vela il duomo di Orvieto. La luce diffusa trasmette pace e silenzio, la giornata deve ancora cominciare
La luce NON è soltanto bella o brutta, la luce può essere
- intensa
- rassicurante
- morbida
- cruda
- drammatica
- avvolgente
- calda
- fredda
- …
… e si potrebbe continuare a lungo.
Questo soltanto per suggerirvi che se riusciamo ad andare oltre il dualismo stereotipato di bella/brutta, la luce (e i suoi aggettivi) può aiutarci a raccontare meglio fotograficamente.

La donna cieca aspetta il tè del mattino nel ricovero per anziani di Pashupatinath.
La luce è protagonista tanto quanto il soggetto, il tono della storia è intenso, non suggerisce leggerezza – perché non c’è leggerezza nella storia di questa donna.
La luce può essere davvero molte cose, una soltanto non deve esserlo mai: PIATTA!