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Ritratti: l’importanza del gesto

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Molti fotografi concordano che gli occhi siano l’elemento chiave in un ritratto, alcuni, addirittura, non concepiscono un ritratto senza che il soggetto non guardi dritto in macchina.
Personalmente non sono così rigido, amo i ritratti dove il soggetto è di profilo, tanto quanto quelli dove lo sguardo è dritto e diretto all’obiettivo.
Chiaramente quando il soggetto guarda in macchina ingaggia una relazione con chi guarda decisamente più potente e solida, ma non per questo dobbiamo privarci della possibilità di variare la posa.

Un dettaglio del quale invece pochi parlano è il gesto.

Anche se stiamo scattando un ritratto, e quindi siamo concentrati sul volto e sull’espressione del nostro soggetto, non sottovalutiamo l’importanza dei gesti, i gesti hanno la forza di caratterizzare meglio il nostro soggetto, oltre che di rendere un ritratto più interessante e meno scontato.

Vi mostro un esempio pratico, e giudicate voi stessi.

Rajasthani nella fortezza di Amber

Rajasthani nella fortezza di Amber

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Ecco due scatti dello stesso soggetto, si tratta di due ritratti scattati a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, nelle stesse condizioni di luce e mantenendo inquadratura e focale più o meno simili.
In entrambi i casi il soggetto guarda in macchina – per buona pace dei puristi del ritratto – nel secondo il gesto di appuntirsi il baffo, sono riuscito a cogliere un gesto che rende il ritratto più interessante, più singolare.

Questo riusciamo a farlo quando la fretta non ci assilla e quando riusciamo, anche al di là della barriera che impone una lingua diversa, instaurare un rapporto con chi stiamo fotografando.
In questo caso, risolti i conticini di base relativi all’esposizione e scelta l’inquadratura, mi sono concesso un po’ di tempo e ho provato a conversare con il mio soggetto – la maggior parte dello scambio verbale era improntato sul “yes, thank you”, “ok, one more, if you please” e tanti, tanti, tanti sorrisi.
Degli scatti effettuati, quello dove si liscia il baffo è senza dubbio quello che mi soddisfa maggiormente.

Tornano gli workshop fotografici

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Con l’autunno, ritornano gli workshop di fotografia.

La formula è quella che negli anni si è dimostrata vincente: una weekend di giorni di full immersion dedicato ad uno specifico aspetto della fotografia, con due brevi sessioni teoriche al mattino, di circa due ore l’una, e molta pratica sul campo, in gruppo e attraverso esercizi specifici che hanno l’obiettivo di far spiegare ai partecipanti l’argomento affrontato.

Gli workshop prevedono gruppi contenuti, con un massimo di 12 partecipanti, in modo che tutti possano venire seguiti in modo completo.

Gli argomenti degli workshop vanno dalla composizione fotografica, alle tecniche di base, alla street photography, alle tecniche avanzate.
Un particolare interesse è dedicato allo story telling fotografico: l’arte di raccontare attraverso le immagini, che viene trattata in un workshop di quattro giornate complessive (due weekend).

Il primo workshop si terrà a Milano, il 17 e 18 ottobre ed è dedicato alla composizione fotografica.
Qui trovate tutte le informazioni relative al workshop e anche il modulo per iscriversi.

5 consigli per i ritratti in viaggio

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Amo fotografare la gente!
Sono i volti che incontro che spesso mi danno la vera dimensione dei luoghi che attraverso, forse più dei paesaggi e dei monumenti, che conservano comunque il loro fascino.
Purtroppo fotografare sconosciuti comporta una certa attitudine e una notevole capacità di stabilire relazioni con i soggetti che scegliamo di immortalare, a meno che non si tratti di candid shots.
Non tutti si sentono a proprio agio, sia da una parte, sia dall’altra dell’obiettivo e credetemi, molto spesso alcuni ritratti, che potenzialmente potrebbero trasformarsi in scatti memorabili, restano delle misere incompiute proprio perché ci lasciamo sopraffare dalla timidezza o dalla confusione.
Ecco 5 consigli che possono aiutarvi a migliorare il ritratto in viaggio.
  1. Scegliamo con molta cura i nostri soggetti
    I grandi ritratti trasmettono immediatamente. Qual è il segreto? Sicuramente una buona composizione, sicuramente un uso corretto della tecnica, ma soprattutto il soggetto.
    Non lasciatevi travolgere dall’ansia di scattare chiunque incontriate, solo perché in viaggio. Non farete che riempire le vostre card con volti che finirete col cancellare, prima o poi.
    Imparate ad aspettare, a selezionare. Cercate tra la folla, attendete con calma. Studiate i tratti somatici, ma in particolare modo studiate le espressioni e aspettate le condizioni favorevoli perché il soggetto si possa trasformare in una bella storia fotografica.
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  2. Siate rapidi, siate cortesi. Siate reattivi.
    Sono davvero pochi i soggetti che si sentono a loro agio di fronte ad un obiettivo puntato. Ecco una ragione per essere rapidi. Personalmente prediligo instaurare un qualche rapporto con chi scatto, anche se per soltanto qualche minuto. Mi piace chiacchierare, in qualsiasi brandello di idioma comune. Sento che attraverso quel tentativo, che i soggetti dimostrano sempre di apprezzare molto – anche quando nessuno capisce l’altro, le distanze si assottigliano e scatta una sorta di empatia, che spesso si traduce in espressioni molto particolari.
    Questo però rappresenta il prima. È il durante che irrigidisce la maggior parte dei soggetti, per cui, durante, cercate di essere rapidi e di limitare la fase di scatto ad una manciata di minuti, sottolineati sempre da una grande cortesia.
    Lavorate in anticipo. Componete mentalmente, risolvete i dettagli legati all’esposizione il più in fretta possibile, evitate di arrivare all momento dello scatto confusi o indecisi. Chi si concede non ha tempo da perdere e vi sta regalando un momento irripetibile, questo non vi deve far travolgere dall’ansia, ma deve spingervi ad essere sempre molto presenti. Siate reattivi!
  3. Fuoco sugli occhi
    È un dato di fatto: gli occhi catalizzano l’attenzione di chi guarda. Nel ritratto sono un punto focale e vanno mantenuti sempre a fuoco! Non è necessario che il soggetto guardi sempre in macchina, anche se molto spesso, quando questo accade, si instaura con chi guarda una relazione decisamente più forte. In ogni caso, che il soggetto guardi in macchina o che il soggetto volgo lo sguardo altrove, assicuratevi che gli occhi siano sempre a fuoco, a prescindere dalla profondità di campo che impiegate.
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  4. Luce e ombre
    Scelto il soggetto, considerate con molta attenzione la luce. Valutatene la direzione, analizzatene la qualità.
    Le zona in ombra sono fondamentali quanto le zone in luce. L’alternanza tra ombra e luce crea la tridimensionalità.
    Evitate la luce piatta, cercate i contrasti – che io personalmente prediligo. Componete con cura osservando come cade la luce sul volto.
    Non è vero che non si possano scattare ritratti in pieno sole, forse non è consigliato per tutti i soggetti, ma con la dovuta cura e con la voglia di gestire contrasti azzardati, la luce dura del sole a picco può contribuire a ritratti molto evocativi.
    Se decidete di avventurarvi in questa prova, scegliete con cura il soggetto. Il sole a picco sul volto è difficile da gestire, genera ombre dure sotto il mento, sotto il naso e sugli zigomi, enfatizza le rughe. Scegliete con estrema cura i vostri soggetti, non tutti si prestano ad essere ritratti in luce dura, evitate le donne, a meno che non siano anziane e vogliate enfatizzarne i caratteri somatici, evitate i bambini.
    Tutto cambia quando il sole si nasconde.
    In molti vi diranno che la luce migliore per eseguire ritratti in esterna è la luce morbida delle giornate nuvolose. Tutto vero, ma anche in questo caso mi permetto di consigliarvi di cercare sempre una posa che si avvalga di un certo contrasto.
    A differenza del sole pieno, la luce che filtra dalle nuvole è morbida e genera contrasti miti, dimostrandosi quasi sempre ideale per il ritratto.
    Non indugiate e munitevi di un piccolo flash portatile, può tornare utile per riempire o per creare quel contrasto che magari in natura non esiste. Se decidete di affidarvi al flash, fate in modo che sparisca, imparate cioè a miscelare con cura e attenzione il lampo del flash e la luce ambiente – ricordatevi: il diaframma controlla il flash, il tempo la luce ambiente – e non usatelo mai frontale e diretto.
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  5. Fondo pulito
    Se non state scattando un ritratto ambientato, beneficiate al massimo della minima profondità di campo. Mandate lo sfondo completamente fuori fuoco, rendetelo poco più di un suggerimento, di un accenno grafico a sostegno del volto ritratto.
    Allenate l’occhio a cercare fondi che non distraggano o che non fagocitino il soggetto.
    Allenate l’occhio a scorgere elementi di disturbo, di solito si nascondono ai bordi dell’inquadratura.
    Spostatevi di qualche passo a destra o a sinistra, abbassatevi di un poco o alzate il punto di inquadratura affinché non ci siano elementi di disturbo.

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5 trucchi per cogliere l’essenza di un luogo.

Una tempesta di sabbia ha reso la silohuette del Taj Mahal meno scontata

Una tempesta di sabbia ha reso la silohuette del Taj Mahal meno scontata

Quando viaggiamo, spesso, ci facciamo prendere dall’ansia di riuscire a cogliere, attraverso la macchina fotografica, l’essenza di un luogo.
Tranquillizzatevi, non è una cosa semplice, e spesso non è nemmeno una cosa che capita al primo colpo.
Molto dipende dal luogo, molto dipende dalla nostra personalissima definizione di essenza.
Ci sono luoghi che mostrano essenze diverse e, contemporaneamente, ne nascondono decine d’altre. Che senso ha porsi come obiettivo quello di cogliere l’essenza  di questi luoghi con una fotografia, è un compito vano, impossibile.
Fortunatamente però possiamo provare a scattare fotografie che contribuiscano a trasmettere le sensazioni che quei luoghi ci passano – questo non solo è possibile, ma dovrebbe essere il primo obiettivo che ogni fotografo di viaggi si dovrebbe porre.

Provo a raccogliere qualche consiglio pratico.

  1. Perdetevi
    Perdersi è l’essenza del viaggio, così una volta mi ha detto un giornalista americano in un bar di Kathmandu.
    Può essere, di certo, perdersi, aiuta fotografare un luogo molto meglio. Perdersi significa gironzolare senza una meta precisa, lasciarsi guidare dal luogo stesso.
    Una volta arrivati sul posto, non iniziate a scattare come piccoli robot, prendetevi del tempo per incontrare il luogo. Quanto tempo? Dipende da quanto ne avetea disposizione, dieci minuti, mezza giornata, due settimane… prendetevi tutto il tempo che potete, usatelo come camera di decompressione per la testa e per gli occhi e durante quel tempo (prezioso) alzate per bene le antenne della creatività.
  2. Rallentate
    Non c’è peggior nemico della buona fotrografia della fretta. La fretta uccide la creatività, uccide la precisione, uccide l’intenzione.
    Cercate di pianificare per tempo, in modo da non trovarvi incastrati in una routine massacrante.
    Cercate di dilatare i tempi ad ogni luogo che avete in predicato di visitare e fotografare.
    Solo rallentando riuscirete a crearvi la possibilità per evitare la trappola della cartolina.
  3. Il momento giusto
    Niente è fondamentale come trovarsi sul luogo al momento giusto.
    Ok, albe e tramonti sono un must, lo sappiamo ormai tutti, e sappiamo anche che è necessario farsi trovare pronti sul luogo con un certo anticipo, rispetto all’alba e al tramonto.
    Ma dovete andare oltre.  Fate ricerca, cercate di capire se esistono momenti salienti durante la giornata, se esistono giorni particolari durante la settimana o ricorrenze importanti. Perché quelli sono i momenti giusti.
    L’alba sul Gange a Varanasi, il tai-chi in gruppo alle sette del mattino sul Bund di Shanghai, il mercato dei dromedari a marzo a Jaisalmer, la festa di Holi a Varanasi.
    Questi sono gli appuntamenti importanti che si trasformano in momenti giusti e che hanno la forza di farvi catturare lo spirito del luogo.
  4. Quando il turista dorme e mangia
    Questo consiglio nasce da una certa pratica sul campo.
    Se volete catturare lo spirito di un luogo, ahimè, sarete costretti a saltare parecchie ore di sonno e molte cene.
    Il meglio di solito lo si immortala quando il turista medio dorme e mangia, che si traduce in levatacce prima dell’alba e cene fuori orario.
    Se viaggiate con un compagno o una compagna che non divide la vostra passione per la fotografia è bene cerchiate un accordo sulle tempistiche del viaggio, questo vi aiuterà a non litigare per colpa della fotografia.
  5. Vincete la pigrizia
    Capita che al cospetto di luoghi iconici, la pigrizia prenda il sopravvento.
    Perché fare fatica, quando l’ìnquadratura è già lì? Proprio perché è già  e lo è per voi, come lo è stata per molti altri prima di e come lo sarà per molti, molti altri dopo di voi. Il che significa che state per scattare l’ennesima foto identica a centinaia, migliaia di scatti fatti da altri.
    Vincete la pigrizia, andate oltre, cercata l’inquadratura alternativa, il taglio azzardato. Inserite un elemento umano, rendete i vostri scatti personali, aggiungete la vostra firma.

Ritratti in viaggio: 8 consigli pratici

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La prima cosa a cui associo la fotografia di viaggio è… “volti interessanti”.
Lo so, avete ragione, non è né così immediato, né così naturale farlo, ma per me è quello che accade.
Viaggiare, con una macchina fotografica in mano, per me significa soprattutto volti.

Come possiamo migliorare la nostra tecnica di ritratto in viaggio?

  1. COMPOSIZIONE ACCURATA
    Cominciamo con il ricordare che il nostro soggetto è il nostro universo. Attorno a lui gira  tutta il nostro scatto.
    Che occupi il centro della scena, che sia sistemato al lato, il soggetto ritratto DEVE essere in grado di attirare tutta l’attenzione di chi guarderà lo scatto finito.
    Non significa che dovremo per forza posizionarlo accademicamente al centro della nostra inquadratura, ma, piuttosto, che dovremo sfruttare a dovere le regole della composizione affinché sia chiaro cosa vogliamo che la gente guardi.
    Possiamo anche esplorare aspetti compositivi azzardati, ma non dobbiamo dimenticare che qualsiasi regola andremo a scegliere, dovrà aiutare chi guarda il nostro ritratto, aiutarlo a muoversi con certezza nello spazio dell’inquadratura.
  2. ATTENZIONE ALLO SFONDO
    Un grande ritratto non nasce soltanto dalla peculiarità del soggetto, nasce soprattutto dall’attenzione che mettiamo nello scegliere lo sfondo adatto.
    Non è necessario avere sempre una parete uniforme a portata di mano, bisogna però prestare molta attenzione ad elementi dello sfondo che potrebbero interferire con il soggetto ritratto.
    Se un volto singolare contribuisce alla riuscita di un buon ritratto, uno sfondo sbagliato ha il potere di ammazzare qualsiasi ragazza afghana dagli occhi verdi.
    Valutiamo con molta attenzione il colore dello sfondo, la sua prominenza rispetto al soggetto in primo piano, la presenza di eventuali elementi estranei. Spesso basta spostarsi di pochi passi per ottenere sfondi puliti e scatti più incisivi.
  3. PUNTO DI RIPRESA
    Il punto di ripresa non è una scelta da lasciare al caso. Nella fotografia, il punto di ripresa detta il tono, molto spesso.
    Ci abbassiamo e il nostro soggetto incombe  sullo scatto da una posizione predominante, dando vita al ritratto di una persona sicura, in comando, autoritaria o comunque con una certa influenza su chi guarda.
    Alziamoci, e sarà come ridurre la distanza ipotetica tra soggetto ritratto e chi guarda, sarà come rendere più accessibile il nostro soggetto, renderlo più amichevole.
    Anche la distanza, soprattutto se molto ridotta, importa una variabile semantica che si traduce con estrema intimità – a volte anche ai limiti del fastidioso.
    Impariamoci a muoverci attorno al nostro soggetto, a non accontentarci di uno scatto ad altezza occhi, perfettamente perpendicolare al terreno. Sperimentiamo, azzardiamo. Alto, basso, vicino, molto vicino, lontano. Vedremo come cambia il messaggio trasmesso dal nostro scatto in relazione al punto di ripresa che abbiamo scelto.
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  4. TUTTO A FUOCO, POCO A FUOCO
    I puristi del ritratto sceglieranno di sicuro la seconda alternativa: POCO A FUOCO – f. molto aperti e via andare.
    Non mi ritengo un purista, ma mi rendo conto che nell’80% dei mie ritratti propendo per una profondità di campo molto ridotta, per fare in modo che il mio soggetto spicchi più facilmente.
    La tecnica del tutto a fuoco è però una validissima alternativa, soprattutto in viaggio, dove la maggior parte dei nostri ritratti saranno ritratti ambientati. Attenzione però, se scegliamo di scattare con diaframmi chiusi e allargare la profondità di campo, dobbiamo porre molta attenzione a quello che includiamo nella nostra inquadratura, il rischio è portarsi a casa uno scatto troppo carico di dettagli e quindi molto confuso.
    L’ambiente inquadrato, i dettagli presenti nell’inquadratura, contribuiscono a costruire una solida infrastruttura semantica,  in grado di collocare perfettamente il soggetto ritratto all’interno del suo mondo (fisico) e all’interno dello spazio mentale di chi guarda da subito. Il  tutto a fuoco è però un viatico insidioso, che richiede maggior attenzione ai dettagli e maggior cura della composizione.
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  5. LUNGHEZZA FOCALE
    Ancora una volta, i puristi del ritratto non avranno dubbi: la focale designata non può che essere un’85mm (su reflex FX – che si traduce con un 55mm su una DX). Vero, un 85mm, soprattutto se ad ottica fissa (prime lens) offre le miglior proporzioni per un volto ritratto a circa due metri distanza.
    Ma ancora una volta consiglio di provare a giocare con le focali.
    Usando un medio tele (120/200mm) possiamo ottenere uno sfocato piuttosto accattivante – anche se il bokeh offerto da uno zoom 70/200 non raggiunge i livelli di qualità di un 85mm). Purtroppo un medio tele ci costringe ad arretrare di qualche passo – con un 200mm saremo spesso costretti a scattare ad almeno 3 metri dal  nostro soggetto – e questo non aiuta a sviluppare la giusta intimità tra fotografo e soggetto.
    Sperimentiamo anche con un moderato grandangolo, magari giocando con la prospettiva e il punto di ripresa.
    Il grandangolo offre una profondità di campo molto vasta e un angolo di ripresa utile per riprendere molto dell’ambiente che circonda il soggetto ritratto. Due caratteristiche da enfatizzare, se abbiamo oprato questa scelta poco ortodossa per i ritratti. Con il grandangolo siamo costretti ad avvicinarci molto al nostro soggetto e spesso la cosa non è bene sopportata, anzi molti la vivono come piuttosto fastidiosa, cerchiamo di essere rapidi. Usiamo il grandangolo quando siamo certi che l’ambiente offra quel plus che ci aiuta a meglio cristallizzare il mondo del nostro soggetto e non dimentichiamo che gli obiettivi di piccola focale introducono distorsioni prospettiche significative – a meno che non si stia realizzando una sorta di caricatura, nessun ritratto risulta piacevole da guardare se mostra testoni oblunghi in primo piano e figure umane ridotte a  fiammiferi ambulanti. Il grandangolo però può aiutarci a porre molta enfasi su dettagli in primo piano – le mani ad esempio – che ci servono poi per guidare l’occhio di chi guarda verso il volto.
  6. FILTRI NATURALI, CORNICI E VIGNETTE
    … e potrei proseguire nell’elenco, ad esempio aggiungendo vetrine, finestre, specchi…
    Cerchiamo alternative suggestive alla pulizia estrema. Proviamo a scattare attraverso una finestra impolverata o bagnata dalla pioggia, proviamo a scattare attraverso vetri rotti, foglie sfocate in primo piano. Proviamo a scattare puntando in uno specchio o in una pozzanghera. Sperimentiamo!
    Ricordiamoci sempre però che cornici, vignette, specchi, finestre, eccetera sono soltanto strumenti compositivi che devono servire ad esaltare il soggetto ritratto, non lo devono sostituire.
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  7. L’AMBIENTE PARLA
    Eccome se parla! In realtà spesso l’ambiente urla. Intercettiamo immediatamente il tono di voce dell’ambiente e chiediamoci se è adatto allo scatto che stiamo cercando di portare a casa.
    Quando è possibile interveniamo… bando alle remore, se quella lampada non ci convince, spostiamola, togliamola dall’inquadratura. Riduciamo tutto ciò che può confondere e tutto ciò che può soffocare il nostro soggetto.
    Gli oggetti parlano e noi dobbiamo fare in modo che dicano le stesse cose che  dice  il nostro soggetto ritratto.
    Se non siamo convinti, pensiamo ad un’alternativa – rapidamente, però.
    Non tutti gli oggetti che includiamo nell’inquadratura devono avere la stessa preminenza, io personalmente quando mi è permesso, ne scelgo pochi, tutti però devono sostenere il ritratto, farlo emergere e non soffocarlo. Tra gli oggetti scelti, decidiamo quali hanno una valenza principale per il nostro soggetto – o per il ritratto che intendiamo scattare – e usiamoli cum grano salis, affidandoci ancora una volta alle regole della composizione.
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  8. LUCE E OMBRA
    Senza luce non esiste fotografia. La luce è il nostro elemento principe, anche più importante del soggetto che ritrarremo.
    Una volta scelto soggetto e individuato il luogo, poniamo molta attenzione alla luce che abbiamo a disposizione.
    Studiamone la direzione e l’intensità, la qualità.
    La luce contribuisce al tono di voce del nostro ritratto. Vi diranno che la luce dura non va bene per i ritratti… cazzata! La luce dura contribuisce a creare una particolare atmosfera, la separazione netta delle aree illuminate dalle ombre porta con sé un messaggio e un linguaggio – di certo non particolarmente adatti per una sposa o per un bimbo, ma probabilmente perfetti per molte altre situazioni.
    Personalmente adoro la luce drammatica, anche per i ritratti. Quando mi è possibile posiziono i miei soggetti in modo che la luce non li illumini mai completamente, uso le ombre per ottenere maggior drammaticità e tridimensionalità – per questo sono un fanatico della luce molto direzionale.
    La luce non è bianca, la luce prende la dominante cromatica delle superfici sulle quali rimbalza. Sfruttiamo anche questa caratteristica. La luce può essere fredda o calda, nel dubbio, per un ritratto è meglio la seconda, ma a volte è interessante anche infrangere questa regola pratica.
    Cerchiamo sempre di sfruttare al massimo la luce che abbiamo a disposizione, affidiamoci ad un flash solo per migliorare quello che la natura ci offre.
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Chissà, magari ora, dopo 1390 parole, qualcuno di voi comincerà ad associare la fotografia di viaggio al ritratto…
Qualche anno fa, in un bar di Kathmandu, un fotografo americano, guardando alcune delle mie foto che avevo appena scattato in Tibet, mi disse: “Vedi, i panorami li possono scattare tutti e anche gli edifici. E se puoi passare tanto tempo in un dato posto, può darsi che ne scatti anche di davvero belli. Ma un ritratto, questo ritratto…” – e mi indicò il ritratto di una vecchia che avevo scattato a Lhasa – “… questo ritratto lo puoi avere fatto soltanto tu, anche se a scattare in quel momento foste stati in dieci.”
Mi colpì e non poco.

 

Il “flusso di lavoro” in viaggio

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Se avessi perso questo scatto fatto all’interno del souk di Rissani, Marocco, non me lo sarei perdonato. Sono certo che sarei potuto appostarmi davanti a quel bancone per giorni interi e aspettare, senza avere la certezza di ottenere lo stesso scatto. Ogni scatto è unico.

 

Quanto vale una foto? Ma soprattutto, quanto vale una foto persa per sempre?
Quando viaggiamo, non possiamo permetterci di perdere nessuna fotografia, perché difficilmente avremo la possibilità di riscattarla, per questo, soprattutto in viaggio, il flusso di lavoro – il modo cioè nel quale organizziamo il back-up delle nostre immagini – deve essere organizzato ed affidabile. In viaggio, non possiamo permetterci di perdere nessuna delle foto che abbiamo scattato.

Il nostro flusso di lavoro in viaggio è pesantemente influenzato dalla quantità di attrezzatura con la quale decidiamo di viaggiare e dal mezzo di trasporto principale che abbiamo scelto per muoverci.
In un viaggio in macchina, il mio consiglio personale è quello di portarsi sempre un computer portatile, dal momento che non ci sono grandi restrizioni di bagaglio se non la capienza del bagagliaio.
Già affrontando uno o più spostamenti in aereo, la possibilità di avere tutta la nostra attrezzatura con noi svanisce.
Si tenga poi in considerazione quale sarà il mezzo di spostamento principale – ad esempio, se affrontate un trekking nell’Himalaya, dove tutto viene portato a spalla, sarete costretti a sfoltire la vostra lista di giocattoli.

Nel migliore dei casi, io mi porto il mio MacBook Air, è compatto, ha una buona autonomia di batteria e mi dà la possibilità di intervenire sugli scatti direttamente sul posto, magari la sera stessa. Come secondo dispositivo di backup uso un piccolo hard disk esterno da 500 GB che si alimenta attraverso la porta USB del Mac.
Mi porto una batteria di 10 card CF da 16 GB, che formatto prima di partire soltanto dopo essermi assicurato che tutte le immagini che contenevano erano effettivamente da cancellare, perché o superate o già copiate. Io scatto in RAW+JPG (che significa che per ogni scatto la macchina produce un RAW e un JPG di backup) e salvo i file RAW (principali) sulle card CF e i JPG (che sono un ottimo back-up on-the-fly) sulle piccole SD.
Non amo utilizzare schede CF estremamente capienti perché ho troppa paura che si possano corrompere ed in quel malaugurato caso direi addio a troppi scatti (dei quali comunque resterebbero i JPG).
Solitamente si può scegliere tra tre taglie di file per i JPG di copia (S, M e L, proprio come la Coca da McDonald’s…), io scelgo L, magari perderò in quantità di scatti che posso memorizzare per card, ma nel caso di un errore sulla card CF principale, avrei comunque immagini JPG di copia dalle dimensioni importanti ed utilizzabili.

IL SEGRETO PER EVITARE DI PERDERE IMMAGINI È NEL RIGORE DEL METODO DI BACK-UP CHE IMPIEGHIAMO!

Ecco un piccolo trucco pratico: formattate le card direttamente nella macchina fotografica, è molto più sicuro che farlo dal computer.
Altro consiglio: scegliete card di marca! Io scelgo soltanto Lexar o SanDisk e non corro dietro agli ultimi modelli super veloci, preferisco trasferimenti più lenti, ma più sicuri, lascio la velocità a chi fa filmati.
Portatevi un numero di card sufficiente a coprire l’intero viaggio (ed esagerate se potete, ormai il costo delle card è abbordabile) ed evitate di cancellare le schede, anche una volta scaricate le immagini sul computer.

Non è necessario che copiate il mio modo di lavorare, ma è INDISPENSABILE che ve ne creiate uno vostro e che non partiate come degli sprovveduti.

Io faccio così…

  • Se ho con me il mac, ogni sera scarico le foto scattate durante il giorno in una cartella con la data e copio la cartella sull’hard disk esterno – così ho tre copie delle stesse foto su tre dispositivi diversi.
    Se dovete usare un lettore di card USB (ad esempio il mio mac legge direttamente le SD, ma non le CF), non lesinate e scegliete marche conosciute (io ancor una volta consiglio Lexar, producono un lettore USB molto compatto e robusto, che legge tutti i formati in commercio ed è estremamente affidabile).
  • Se non ho con me il mac, cerco almeno di portare un disco esterno dedicato, per intenderci uno di quei modelli che accettano in ingresso, attraverso slot appositi, le card fotografiche.
    In commercio ce ne sono di modelli diversi e con prezzi diversi – ad esempio, il Passport Wireless della Western Digital, con prezzi diversi a seconda del taglio e che vanno dai 100€ ai 250€ circa.
    Sto testando la possibilità di lavorare con un tablet, ma le app dedicate sono ancora piuttosto instabili e, ad esempio gli iPad, mostrano enormi limitazioni di dispositivi e file che accettano in ingresso.
  • Se non ho la possibilità di usare né un computer, né un disco rigido esterno dedicato, faccio in modo di avere un numero sufficiente di schede. Le sostituitele quando sono piene (se ne ho in abbondanza, le sostituisco ogni sera, anche se non complete) e NON LE CANCELLO MAI – fino almeno al rientro.
    Avendo solo card, È NECESSARIO PRESTARE MOLTA ATTENZIONE QUANDO LE SOSTITUIAMO, capita più spesso di quanto crediate di sovrascrivere una card usata nei giorni precedenti e di dire addio per sempre a scatti irripetibili.
    In questo caso, più che mai, È FONDAMENTALE STABILIREE UN METODO!Ad esempio questo è il mio:

    • tolgo la scheda piena
    • la spunto con un segno di matita
    • prima di cercare una nuova card, ripongo la card piena in un posto che ho prestabilito – una certa tasca della borsa, un sacchetto di plastica, ecc.
    • tengo tutte le schede usate nello stesso posto, ben separato da dove tengo le card vergini
    • solo dopo aver archiviato la card usata, estraggo la nuova scheda e la inserisco nella macchina
    • controllo nel visore l’eventuale contenuto – la scheda di norma non dovrebbe contenere immagini – e se mai la formattoPuò sembrare banale, ma l’errore è sempre in agguato e non vi perdonereste mai di aver perso una giornata di scatti soltanto per essere stati un po’ distratti nel sostituire le card o poco attenti nel riporle.

Bene, ora sta a voi.
Pensate alla meta del vostro viaggio, alla ruvidità degli spostamenti, alle restrizioni imposte al bagaglio, alla disponibilità di energia elettrica – è perfettamente inutile viaggiare con chili e chili di attrezzatura che necessità di corrente elettrica, quando per la maggior parte del tempo vi sposterete in luoghi che ne sono sprovvisti, soprattutto se la durata del viaggio supera la durata media di una carica – documentatevi con un certo anticipo e se mai dotatevi di un pannello solare portatile, parlo per esperienza, in un trekking nel Mustang, tra Nepal e Tibet, è stata la mia salvezza. Ormai non costano più molto e sono decisamente più performanti di una decina di anni fa.

Qualunque sia la meta, qualunque sia il coinvolgimento con la fotografia, cercate di non perdervi per strada momenti che non sarete più in grado di scattare, solo perché siete stati pigri, disattenti o maldestri.

 

 

 

 

5 trucchi pratici per ritratti migliori

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Non è un segreto, amo la fotografia di ritratto e appena posso viaggio. Le due cose, quando si combinano, danno vita al mio nirvana fotografico. Forse qualcuno di voi nutre i miei stessi gusti, se sì, spero che questo post possa aiutarvi a migliorare.

Ecco 5 trucchi pratici che possono tornare utili quando siete in viaggio e volete dedicarvi al ritratto.

  1. Portate sempre un flash con voi
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    Con il rischio di risultare pedante – e pesante – lo ripeto all’infinito, come un mantra.
    Fate sempre un po’ di spazio nella vostra borsa per un piccolo flash. Farà la differenza in molte occasioni, soprattutto nel caso decidiate di darvi alla fotografia di ritratto.
    Non usatelo mai direttamente – a meno che non si tratti di un puro lampo di schiarita.
    Miscelatelo sempre con la luce ambiente a disposizione, per questo fate attenzione alla coppia tempo/diaframma che scegliete. Il tempo regola la quantità di luce ambiente che entrerà nello scatto e il diaframma la luce flash, evitate che la luce flash faccia sembrare i vostri soggetti dei plasticoni.
    La presenza del flash NON si deve praticamente cogliere, deve aiutare la luce ambiente, ma non soverchiarla, a meno che non siate alle prese con scatti particolarmente creativi.
    Il colpo di flash deve aiutare a staccare il soggetto dallo sfondo, non deve essere protagonista.
    Fate in modo di conoscere le funzioni principali – almeno – del vostro flash e studiate diligentemente la teoria della fotografia flash. Non lasciatevi intimorire, quel poco coraggio che serve per affrontarla vi garantirà risultati superiori alla media… dei vostri amici più pigri.
  2. Abbinate il soggetto alla location
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    Scegliete con cura dove scattare. Giocate d’anticipo, pensate prima di mettere in posa il soggetto.
    Se non si tratta di un assignment, ma di un ritratto al volo, fate mente locale subito e fatelo in fretta.
    Dove scattate il vostro soggetto vale quasi quanto la posa che gli chiederete di assumere.
    Il luogo, l’ambiente, racconta molto e aiuta ad inquadrare meglio il vostro soggetto e lo fotografia che andrete a realizzare.
    Abbinate con cura soggetto e location. Se la location rischia di essere un luogo comune, cercate di sfruttarla in modo creativo o, se il soggetto si presta, puntate su una posa particolare.
    È scontato aspettarsi Emanuele Canaparo, produttore di nocciole delle Langhe, ritratto tra le nocciole, ma lo è meno vederlo letteralmente galleggiare su un mare di nocciole.
  3. Cogliete l’attimo
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    Scattare una foto significa congelare un attimo. Un ritratto risulterà ancora più eloquente se riuscirete a cogliere un gesto particolare, spontaneo. Per questo, fateli muovere. Non è necessario che si mettano a ballare il tip-tap, ma anche semplicemente muovendo le mani o le braccia, riuscirete a soffiar via quella patina di imbarazzo che molto spesso si coglie in modo fin troppo evidente nei ritratti posati. Ma non insistete. Se muoversi non è nelle corde dei vostri soggetti, non insistete, o creerete maggior danno, facendo salire l’imbarazzo alle stelle.
    Spesso anche soltanto i piccoli movimenti delle mani o quell’espressione particolare possono fare la differenza. Siate pronti a coglierla, non è replicabile il più delle volte e quasi sempre dura il tempo di un click.
    Nella foto, che amo particolarmente, Anna Vizziello, concertista classica, ha rotto la posa per colpa – o merito – di una zanzara. Se non fossi stato pronto, lo scatto non esisterebbe e credo che la zanzare abbia saputo regalare all’amica Anna una spontaneità incredibile.
  4. Vicino e lontano. Dentro e fuori.
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    Dentro e fuori. È un modo di dire che credo spieghi bene la questione.
    Dentro, nel senso di ravvicinato, nel senso di primo piano, di dettaglio.
    Fuori, nel senso di più lontano, con più aria attorno, con più ambiente.
    È un’ottima regola, anche per chi scatta ritratti – soprattutto per chi scatta ritratti: gli regala varietà e possibilità di sottolineare aspetti del soggetto che un taglio accademico non sempre è in grado di garantire.
    Scattate primi piani. Scattate primissimi piani. Andate oltre, scattate dettagli.  Dentro.
    Perché anche il dettaglio parla, soprattutto le mani.
    Ma poi allontanatevi e dedicatevi alla figura intera e poi allargate ancora e includete  un po’ di ambiente.  Fuori.
    Siate vari, i ritratti non sono soltanto scatti testa/spalle.
  5. La luce migliore è fatta di ombre
    Andrea Paternoster, proprietario di Mieli Thun. Ritratto tra le sue arnie in Trentino, per un libro fotografico che raccoglieva eccellenza enogastroniche italiane

    Amo questo controsenso e ne sono assolutamente convinto.
    La luce migliore – quanto meno per come la vedo io – è quella che porta ombre, anche importanti, anche nette, perché no.
    Sperimentatela nei vostri ritratti.
    Cercate le ombre, sottolineatele, usatele per definire ed esaltare la tridimensionalità
    È chiaramente una questione di gusto. Io personalmente preferisco i ritratti contrastati ai ritratti morbidi, molti non la penseranno come me, ma alla fine questo blog lo tengo io – ah ah ah!
    Fate un esercizio mentale, prima di scattare, provate a pensare a come Caravaggio avrebbe illuminato il vostro soggetto, provate ad immaginare a come lo avrebbe illuminato Rembrandt – sì, avete letto bene, ho scritto Caravaggio e Rembrandt, non Steve McCurry, Caravaggio e Rembrandt, due maestri nell’uso della luce. Sono più che convinto che se proverete  ad usare la luce come Caravaggio o Rembrandt, alla fine vi verranno scatti molto vicini al linguaggio fotografico di McCurry (!) e di altri mostri sacri della fotografia moderna.
    Se la luce che state utilizzando non è troppo diffusa ha una sua direzione precisa. Individuatela! Cercate da dove arriva la luce e studiate come cadono le ombre, sul volto del vostro soggetto, sull’ambiente. Sfruttatela.
    La luce è magia: sfruttatela, ed è gratis, tra l’altro.

Forse a qualcuno di voi potrà sembrare un elenco ovvio, anche un filo banale – spero non a molti, altrimenti devo prendere seriamente in considerazione l’idea di chiudere il blog. Per coloro che invece non pensano si tratti di banalità, oltre alla mia gratitudine, va un ultimo consiglio: cercate il vostro stile personale.

Aggiungiamo un po’ di movimento usando il flash

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Può sembrare un controsenso, dal momento che tutti vi avranno di certo detto che “il flash si usa per congelare l’azione”, ed è così, ma se usato con una particolare tecnica, allora il gioco è fatto.

Non è difficile e funziona meravigliosamente anche in situazioni di scarsa illuminazione.

Il trucco è semplice, molto semplice, quasi banale: un tempo di posa lungo, quello che gli anglofoni  in gergo chiamano dragging the shutter, letteralmente ‘trascinare l’otturatore’, che poi in effetti è quello che facciamo, costringiamo l’otturatore a stare aperto più del necessario per il solo colpo di flash (che si esaurisce mediamente attorno ad 1/1500 di secondo).

Cosa succede nel resto del tempo che l’otturatore resta aperto? Semplice, che la macchina registra la scena e che, inevitabilmente la scena risulterà mossa.

Cerchiamo di capire dunque come sfruttare il flash per creare la sensazione di movimento.

Montate il vostro flash sulla slitta, ma fate in modo di non puntare la luce direttamente sul soggetto, molto meglio se lo puntate in  alto, attivando il cartoncino bianco che serve a far rimbalzare il colpo di flash.

La modalità più semplice da scegliere è naturalmente la priorità di tempo – ma funziona benissimo anche in manuale o in priorità di diaframma. La cosa importante è che scegliate un tempo sufficientemente lungo, ad esempio 1/15″.
La macchina calcolerà la corretta esposizione, indicando un diaframma e il gioco è fatto.

Un secondo dettaglio fondamentale per ottenere la sensazione di movimento è quello di impostare il flash in modo che scatti sulla  seconda tendina, cioè a fine esposizione.
Quando il flash parte, congela l’azione – questo è fondamentale da ricordare. L’effetto movimento è di gran lunga più credibile e più gradevole se il flash scatta a chiusura dell’esposizione.
Vediamo cosa accade, in pratica: click, la macchina comincia a registrare la scena, strisciando i soggetti in movimento, poi arriva il flash che fissa il tutto. Nello scatto si avrà dunque la sensazione di una scia temporale lasciata dal movimento.
Più il movimento dei soggetti è lineare (pensiamo ad un uomo che corre o ad una macchina) e meno credibile risulterebbe lo scatto con il flash impostato sulla prima tendina – otterremmo una sorta di moviola e non una scia temporale.
Provare per credere (e capire).

Fidatevi: flash sulla seconda tendina, priorità di tempi, tempo lento e… click.

Nella foto d’apertura, scattata durante il matrimonio di due amici, ho pensato di aggiungere un po’ di azione al momento del ballo degli sposi. L’atmosfera attorno era gioiosa, gli ospiti ballavano e cantavano e volevo recuperare un po’ di quella sensazione nello scatto. Fatto! Un colpo di flash e un tempo lento per strisciare, proprio mentre i due sposi si baciavano.

Il segreto sta nel seguire con la macchina fotografica il movimento del soggetto – badando però a non muoversi troppo, altrimenti prevarrà lo sfocato.

Qui sotto un secondo momento dello stesso matrimonio, dove la sposa si è lanciata in una  pizzica indiavolata.

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Come spesso capita nella fotografia, non esiste una regola precisa, se vi state chiedendo quale sia il tempo ideale, rilassatevi; non c’è. Ogni situazione è diversa e merita che facciate qualche tentativo, Solitamente tra 1/15″ e 1/4″ il giochetto riesce sempre, ma molto dipenda da quanto veloce si muove il soggetto, se ci viene incontro, se ci sfreccia davanti più o meno perpendicolare all’obiettivo, se siamo fermi o ci muoviamo (un po’ di movimento di macchina aggiunge mosso).
E molto, moltissimo, dipende dal risultato che stiamo cercando, per cui… provare, provare, provare.

 

10 trucchi per ritratti migliori

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Andrea, architetto, ritratto in cantiere. Ambiente e dettagli (cassetto e mappa arrotolata) sostengono la storia in modo chiaro, ma non invadente: il soggetto resta il focus del ritratto.

Oh no! L’ennesimo decalogo che promette miracoli! Oh no-o-o-o!

Chiedo perdono, ci sono cascato a piedi dritti, ma ieri, alla ricerca dell’ispirazione su cosa pubblicare, mi sono ritrovato seduto sul divano a riflettere su che tipo di fotografia mi piace di più e mi sono risposto: il ritratto, non c’è dubbio.
Poi mi sono domandato perché e la risposta, la prima risposta che mi sono dato è stata: perché in ogni scatto si nasconde una storia, la storia della persona che ritraggo.
E allora ho provato a pensare a quello che faccio – quasi – ogni volta che ho la possibilità di scattare un ritratto e ho scoperto che è poi quello che fanno anche molti altri fotografi – anche molto, molto più dotati e quotati di me.
E allora… forse quella piccola routine può essere facilmente tradotta in un decalogo di piccoli espedienti pratici – non garantisco che vi faranno scattare ritratti migliori, ma sono convinto che potrebbero davvero farlo.

Ed ennesimo decalogo sia!

  1. SIATE CURIOSI
    Fate domande. Se vi è possibile, incontrate il vostro soggetto con un po’ di anticipo – il massimo è bersi una cosa assieme, anche un semplice espresso. Usate quel tempo (d’oro) per conoscere chi state per scattare.
    Fate domande, ma non trasformatele in un terzo grado.
    Siate genuinamente curiosi. Se non vi viene, se non lo siete, se non lo sentite… lasciate perdere.
    Se invece siete curiosi, chiedete, chiedete, chiedete… le risposte del vostro soggetto potrebbero innescare la vostra  creatività, togliervi d’impiccio in situazioni di eventuale difficoltà, darvi punti di vista o linguaggi alternativi.
    Cercate di comprendere il punto di vista del vostro soggetto. Non sempre ci riuscirete, sforzatevi di farlo. Può sembrare uno sforzo inutile ai fini della fotografia, ma – inspiegabilmente – non lo è. Empatia è la parola chiave.
  2. METTETE A SUO AGIO IL VOSTRO SOGGETTO
    È il segreto di Pulcinella, ma anche l’obiettivo più difficile da raggiungere.
    Chi non è abituato a farsi fotografare, è nervoso, ansioso, non vede l’ora di finire, vive ogni click come una scudisciata.
    Il vostro compito primo è provare a stemperare la tensione.
    Sdrammatizzate, usate l’autoironia, usate la simpatia, usate la rapidità… qualunque trucco, ma mettete a suo agio (per quanto possibile) il vostro soggetto.
  3. NON ABBIATE PAURA DI DIRIGERE.
    Dite al vostro soggetto cosa volete che faccia, credetemi, non aspetta altro.
    Fatelo con gentilezza, ma fatelo con chiarezza. Siate pazienti. Usate indicazioni semplici, elementari e aspettatevi che non vengano interpretate correttamente.
    Non dite solamente “gira la testa”, guardando in macchina, piuttosto mostrate quello che intendete e sottolineatelo con le parole.
    Cercate di ricordarvi che per il vostro soggetto tutto è ribaltato – la vostra destra è la sua sinistra. Potrebbe essere più efficace usare riferimenti ambientali del tipo “gira la testa verso la porta” o “appoggiati al tavolo”, che non “gira la testa a destra” e basta.
    Non aspettatevi che il soggetto si metta esattamente nella posa che avete in mente, siate gentili e pazienti e guidatelo passo passo. Dopo i primi minuti, tutto comincerà a scorrere. Mai spazientirsi o sbuffare.
  4. FATE USCIRE LE EMOZIONI E SIATE PRONTI A CATTURARLE
    Questo forse avrei dovuto metterlo in testa, ma mi è venuto ora, per ciò…
    Quando scatto un ritratto, non smetto mai di chiacchierare con il mio soggetto. Riprendo quello che ci siamo raccontati prima. Chiacchiero anche durante le pause. In modo casuale, di tutto, anche di argomenti che potrebbero essere scomodi, ma spesso sono proprio questi che fanno emergere le emozioni.
    Cercate le emozioni e fatevi trovare pronti quando emergeranno, o sarà tutto lavoro sprecato.

    L'officina racconta il mondo di Damiano, preparatore Triumph Motorcycles

    L’officina racconta il mondo di Damiano, preparatore Triumph Motorcycles

  5. USATE L’AMBIENTE
    L’ambiente parla e racconta la storia del vostro soggetto. Usatelo, imparate a dosarlo, non fatelo parlare sopra il vostro soggetto, fate in modo che l’ambiente completi le informazioni sul vostro soggetto. Immaginate un ritratto ambientato come una di quelle vignette con i pallini da congiungere, l’ambiente ha la forza di sostenere la storia del vostro soggetto, di enfatizzarla, di sottolinearla, di completarla. Non datelo per scontato.
    Di solito, prima di iniziare a scattare, mi faccio mostrare dal soggetto angoli che ama, mi faccio raccontare il motivo, li osservo e li immagino in macchina. Poi scatto.
    Un soggetto ritratto in un ambiente familiare si rilassa e sente meno l’ansia – naturale – di essere fotografato.
  6. CERCATE ALTERNATIVE
    Anche se siete certi di avere lo scatto che cercavate, pensate ad un’inquadratura alternativa o ad una scena diversa.
    Non ve ne pentirete.

    Scatto principale e scatto alternativo

    Scatto principale e scatto alternativo

  7. PENSATE AL MOVIMENTO
    Ritratto fa pensare a posa. Qualche volta il movimento può aggiungere quel quid che rende lo scatto memorabile.
    Un semplice gesto della mano, un sorriso, un passo… qualsiasi cosa.

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    Le zanzare e un sorriso colto al volo hanno dato una mano a creare un ritratto dal grande impatto

  8. FATE QUALCHE PAUSA
    Chi non è abituato a farsi fotografare soffre terribilmente la macchina fotografica e questa sofferenza genera ansia e stanchezza. Fate pause, durante le quali cercherete di stabilire una relazione ancora più forte.
    Evitate di fermarvi se sentite che il soggetto ha finalmente trovato il giusto feeling, ma non approfittatevene.
    Non torturate i vostri soggetti con shooting oltre modo lunghi.
  9. STABILITE UNA RELAZIONE SINCERA (e forte)
    Non credo servano spiegazioni. Che dite!?
  10. NON DIMENTICATE CHE LA FOTOGRAFIA È UN’ARTE
    La creatività è ammessa!

Questi 10 punti riassumono più o meno quello che faccio io.
Sono piccole manie pratiche, con me funzionano, magari funzionano anche con voi.
Ogni soggetto ha la sua personalità, questo non va dimenticato, per ciò non è detto che quello che ha funzionato con uno, debba per forza funzionare sempre.
Siate flessibili, siate attenti.
Se state scattando un orso, non insistete perché si lanci in una conversazione fiume, ma non fermatevi al primo tentativo.
Ognuno ha la sua tecnica – io gioco molto con le parole, con l’autoironia e con le battute. Trovate la vostra e in bocca al lupo.

Ritratti con il grandangolo

Un ritratto ambientato impiegando una focale corta: tanto ambiente e sensazione di essere dentro la scena.

Un ritratto ambientato impiegando una focale corta: tanto ambiente e sensazione di essere dentro la scena.

Certo, qualcuno storcerà il naso e attaccherà la solita tiritela “ma per i ritratti si usa un 80 mm!”… tutto vero, non sto vaneggiando, semplicemente vi dò un consiglio per provare qualcosa di alternativo in termini di composizione.

Perché un grandangolo
L’ampio angolo di ripresa offerto da un grandangolo consente di abbracciare ampie inquadrature e questo può generare ritratti ambientati con una certa personalità.
Per contro, saremo costretti ad avvicinarci molto ai nostri soggetti e questo, soprattutto per i più timidi di noi, non è certo un bene.

Attenzione alle distorsioni!
Se scegliamo di ritrarre un soggetto con il grandangolo, dobbiamo soprattutto pensare in termini di ritratto ambientato. Gli obiettivi con focale piccola non sono certo i migliori obiettivi per rendere i tratti somatici dei nostri soggetti, ma diventano strumenti interessanti per proporre il soggetto nel suo contesto. Cerchiamo però di tenere sempre sotto controllo le distorsioni tipiche dei grandangoli, nasoni e testone non sono mai punti a favore di un ritratto. Cerchiamo di tenere la macchina il più allineata all’orizzonte, evitiamo inquadrature alto/basso o basso/alto per limitare le distorsioni.
Un trucco per limitare le distorsioni delle linee verticali è quelllo di attivare la griglia del mirino ed ancorare la composizione dello scatto ad essa.
Al contario, potrebbe essere interessante dal punto di vista del linguaggio fotografico, esaltare le distorsioni prodotte dall’obiettivo. In questo caso, non siate pavidi, fatelo con giudizio, ma fate capire che non siete incappati in un errore tecnico, ma che state usando una certa creatività nell’inquadrare.Più vicini al soggetto, più intenso lo scatto
Lasciamo la timidezza a casa e scattiamo a distanza ravvicinata, questo ci aiuterà a produrre scatti con maggio pathos, lo spettatore si sentirà tirato dentro la scena, e, una volta affinata la tecnica, le nostre foto risulteranno più intense.Tutto a fuoco!
Se pensate ad un ritratto con un primo piano che si staglia su un bokeh perfetto… i grandangoli non sono il vostro pane!
Gli obiettivi grandangolari offrono una profondità di campo molto ampia, questo consente di mantenere sia primo piano, sia sfondo perfettamente a fuoco, ricordiamocelo e cerchiamo di sfruttare la cosa.
Scegliamo sempre sfondi interessant e che sappiano aggiungere significato al soggetto ritratto. Siccome lo sfondo risulterà quasi sempre a fuoco – esattamente come il soggetto in primo piano, facciamo in modo che lo sfondo non mangi il soggetto ritratto.
Molti fotografi da strada montano piccole focali per non dover metter a fuoco e per scattare alla cieca.

Per concludere: impiegare un grandangolo per fare ritratti può essere un modo per ampliare la nostra tecnica fotografica e per differenziare i nostri scatti.