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Vivian Maier: il fascino misterioso della fotografa bambinaia

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Sono contento, e al tempo stesso un po’ spaventato, dall’enorme successo di pubblico e mediatico che sta avendo la mostra di Milano dedicata a Vivian Maier e alla sua fotografia.

La Maier, per molti sconosciuta fino a pochi mesi fa, offre un lavoro di grandissima qualità che abbraccia circa 30 anni, dai primi anni Cinquanta, fino agli ultimi scatti degli anni Settanta.

Leggo che il successo di questa fotografa è in parte dovuto al mistero che avvolge la sua vita e all’eccentrica combinazione di bambinaia e di fotografa; personalmente credo che il successo della Maier sia tutto nelle sue fotografie, spesso ruvide, ma sempre molto evocative.

Vivian Maier scattò gran parte del suo lavoro a Chicago e a New York, lungo le strade dei quartieri che frequentava e conosceva molto bene e, sempre secondo una personalissima analisi, gran parte del fascino che è proprio degli scatti della fotografa nata nel Bronx a metà degli anni Venti, è proprio in questa caratteristica: Vivian Maier conosceva profondamente ciò che immortalava.

La mostra a lei dedicata – “Vivian Maier: una fotografa ritrovata” – è molto ben organizzata e invito chiunque ami la fotografia e abbia modo di essere a Milano, di andarla a vedere.
“(…) Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul  nostro presente (…), scrive Marvin Heiferman nel testo che accompagna il catalogo ufficiale della Contrasto. Sono completamente d’accordo. Di fronte agli scorci di vita da strada della New York degli anni Cinquanta o Sessanta proposti dagli scatti di Vivian Maier, sembra di essere al cospetto di immagini scattate qualche anno fa, o addirittura ieri, se non fosse per gli abiti.

Chiunque fotografi, chiunque si diletti di street photography, chiunque ami la fotografia DOVREBBE fare un salto allo Spazio Forma e omaggiare questa grande sconosciuta giustamente ritrovata.

Uscendo dalla mostra, contento e appagato, per una volta tanto, sono stato però raggiunto da una paura: spero soltanto che i molti che si sono avvicendati per vedere la Maier, colti da una folgorazione fin troppo repentina e superficiale, non escano domani e comincino a scattare in strada a caso, pensando di fare street photography. Purtroppo, il rischio c’è, perché è molto sottile la differenza tra gli scatti d’autore in mostra e gli scatti casuali di molti di noi.
Nulla, nelle fotografia di Vivian Maier, è casuale. Tutto racconta. Questo dovrebbe indicarci un distinguo e trattenerci dal puntare le nostre reflex a caso. Vivian Maier conosceva profondamente le strade che fotografava, le viveva, ci lavorava. Questo dovrebbe aiutarci ancora di più: non si può fare street photography senza essere locali.

VIVIAN MAIER: Una fotografa ritrovata
Fondazione Forma
Via Meravigli 5  – Milano
Fino al 31 gennaio
clicca qui per maggiori informazioni

Collezionare stampe fotografiche

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Il mercato delle stampe fotografiche è in crescita e sempre più persone si avvicinano.
Proviamo ad affrontare assieme alcuni degli aspetti più importanti legati all’acquisto di una stampa fotografica.

Come faccio a sapere se si tratta di un originale?
Le stampe da collezione sono sempre autenticate.
I metodi di autenticazione della stampa possono essere diversi: timbri a secco, timbri ad inchiostri posti sul retro, filigrane e firme autografe dell’autore.

Cos’è un’edizione?
Il concetto di edizione è molto caro al mercato dell’arte, prima ancora che la fotografia venisse considerata degna di farne parte.
In origine veniva utilizzare per numerare le copie di sculture, stampe, libri e altre forme d’arte riproducibili.
Il metodo si applica perfettamente anche al mercato delle stampe fotografiche.
Il fotografo generalmente decide il numero di stampe che andrà a fare di una determinata fotografia, creando così un’edizione.
Solitamente all’edizione viene associato anche il formato, questo significa che se la fotografia verrà messa sul mercato in formati diversi, potrebbero esistere edizioni diverse (una per formato), ma molti autori preferiscono legare l’edizione allo scatto, a prescindere dal formato in cui la stampa verrà poi realizzata.
L’autore si impegna a non produrre ulteriori copie della stampa una volta che ha raggiunto il limite massimo previsto dall’edizione.
Il fotografo non è tenuto a produrre tutte le copie di un’edizione in una tiratura unica, ma può decide di stampare ogni qual volta la fotografia viene venduta.
All’autore viene inoltre concesso un numero limitato di prove d’autore, spesso abbreviato con l’acronimo PDA. Le prove d’autore sono un’estensione dell’edizione che il fotografo può usare per scopi personali, quali regali a collaboratori o riconoscimenti vari.

Come viene indicata l’appartenenza ad un’edizione?
Solitamente l’autore numera la copia in questo modo:

n/X

dove n rappresenta il numero progressivo della stampa e X il numero limite delle stampe appartenenti a quell’edizione.
Per cui, ad esempio 3/50, significa che quella è la terza stampa di un’edizione di cinquanta. Solitamemte, accanto alla numerazione progressiva, l’autore appone la sua firma.

Come faccio a sapere che l’autore non produrrà stampe oltre il limite dell’edizione?
Questo è un punto nodale del mercato delle stampe fotografiche e si basa fondamentalmente su un rapporto di fiducia tra artista e acquirente o eventualmente tra artista, galleria e acquirente.
Non va dimenticato che è tutto nell’interesse del fotografo (e dell’eventuale galleria) comportarsi in modo corretto.

Chiunque può fare copie di una foto, come mi difendo dalle copie non autorizzate?
E’ molto semplice: solo le copie che fanno parte dell’edizione autorizzata saranno autenticate. Tutte le altre copie saranno da considerarsi abusive.

Perché alcune stampe sono più costose di altre?
E’ il mercato che stabilisce il prezzo di una stampa.
I fattori che generalmente influiscono sul prezzo finale di una stampa sono: notorietà dell’autore, dimensioni della stampa, appartenza ad un’edizione con tiratura particolarmente limitata, appartenenza ad una serie di prove d’autore, presenza di dediche particolari da parte dell’autore.

 

Il fotografo sotto l’albero

È natale anche per il fotografo e un libro sotto l’albero potrebbe un regalo prezioso ed apprezzato, allo stesso tempo.

Vediamo un po’…

  1. GENESI
    Sebastiano Salgado
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  2. INDIA
    Steve McCurry
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  3. VEDERE È TUTTO
    Henri Cartier-Bresson
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  4. NATIONAL GEOGRAPHIC – 125 ANNI
    AA.VV.
    5814215
  5. IL LIBRO DEI LIBRI
    Gianni Berengo Gardin
    3907241
  6. PARIS
    Robert Doisneau
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… buon Natale a tutti, a questo punto!

Ritratti: l’importanza del gesto

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Molti fotografi concordano che gli occhi siano l’elemento chiave in un ritratto, alcuni, addirittura, non concepiscono un ritratto senza che il soggetto non guardi dritto in macchina.
Personalmente non sono così rigido, amo i ritratti dove il soggetto è di profilo, tanto quanto quelli dove lo sguardo è dritto e diretto all’obiettivo.
Chiaramente quando il soggetto guarda in macchina ingaggia una relazione con chi guarda decisamente più potente e solida, ma non per questo dobbiamo privarci della possibilità di variare la posa.

Un dettaglio del quale invece pochi parlano è il gesto.

Anche se stiamo scattando un ritratto, e quindi siamo concentrati sul volto e sull’espressione del nostro soggetto, non sottovalutiamo l’importanza dei gesti, i gesti hanno la forza di caratterizzare meglio il nostro soggetto, oltre che di rendere un ritratto più interessante e meno scontato.

Vi mostro un esempio pratico, e giudicate voi stessi.

Rajasthani nella fortezza di Amber

Rajasthani nella fortezza di Amber

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Ecco due scatti dello stesso soggetto, si tratta di due ritratti scattati a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, nelle stesse condizioni di luce e mantenendo inquadratura e focale più o meno simili.
In entrambi i casi il soggetto guarda in macchina – per buona pace dei puristi del ritratto – nel secondo il gesto di appuntirsi il baffo, sono riuscito a cogliere un gesto che rende il ritratto più interessante, più singolare.

Questo riusciamo a farlo quando la fretta non ci assilla e quando riusciamo, anche al di là della barriera che impone una lingua diversa, instaurare un rapporto con chi stiamo fotografando.
In questo caso, risolti i conticini di base relativi all’esposizione e scelta l’inquadratura, mi sono concesso un po’ di tempo e ho provato a conversare con il mio soggetto – la maggior parte dello scambio verbale era improntato sul “yes, thank you”, “ok, one more, if you please” e tanti, tanti, tanti sorrisi.
Degli scatti effettuati, quello dove si liscia il baffo è senza dubbio quello che mi soddisfa maggiormente.

Tornano gli workshop fotografici

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Con l’autunno, ritornano gli workshop di fotografia.

La formula è quella che negli anni si è dimostrata vincente: una weekend di giorni di full immersion dedicato ad uno specifico aspetto della fotografia, con due brevi sessioni teoriche al mattino, di circa due ore l’una, e molta pratica sul campo, in gruppo e attraverso esercizi specifici che hanno l’obiettivo di far spiegare ai partecipanti l’argomento affrontato.

Gli workshop prevedono gruppi contenuti, con un massimo di 12 partecipanti, in modo che tutti possano venire seguiti in modo completo.

Gli argomenti degli workshop vanno dalla composizione fotografica, alle tecniche di base, alla street photography, alle tecniche avanzate.
Un particolare interesse è dedicato allo story telling fotografico: l’arte di raccontare attraverso le immagini, che viene trattata in un workshop di quattro giornate complessive (due weekend).

Il primo workshop si terrà a Milano, il 17 e 18 ottobre ed è dedicato alla composizione fotografica.
Qui trovate tutte le informazioni relative al workshop e anche il modulo per iscriversi.

5 consigli per i ritratti in viaggio

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Amo fotografare la gente!
Sono i volti che incontro che spesso mi danno la vera dimensione dei luoghi che attraverso, forse più dei paesaggi e dei monumenti, che conservano comunque il loro fascino.
Purtroppo fotografare sconosciuti comporta una certa attitudine e una notevole capacità di stabilire relazioni con i soggetti che scegliamo di immortalare, a meno che non si tratti di candid shots.
Non tutti si sentono a proprio agio, sia da una parte, sia dall’altra dell’obiettivo e credetemi, molto spesso alcuni ritratti, che potenzialmente potrebbero trasformarsi in scatti memorabili, restano delle misere incompiute proprio perché ci lasciamo sopraffare dalla timidezza o dalla confusione.
Ecco 5 consigli che possono aiutarvi a migliorare il ritratto in viaggio.
  1. Scegliamo con molta cura i nostri soggetti
    I grandi ritratti trasmettono immediatamente. Qual è il segreto? Sicuramente una buona composizione, sicuramente un uso corretto della tecnica, ma soprattutto il soggetto.
    Non lasciatevi travolgere dall’ansia di scattare chiunque incontriate, solo perché in viaggio. Non farete che riempire le vostre card con volti che finirete col cancellare, prima o poi.
    Imparate ad aspettare, a selezionare. Cercate tra la folla, attendete con calma. Studiate i tratti somatici, ma in particolare modo studiate le espressioni e aspettate le condizioni favorevoli perché il soggetto si possa trasformare in una bella storia fotografica.
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  2. Siate rapidi, siate cortesi. Siate reattivi.
    Sono davvero pochi i soggetti che si sentono a loro agio di fronte ad un obiettivo puntato. Ecco una ragione per essere rapidi. Personalmente prediligo instaurare un qualche rapporto con chi scatto, anche se per soltanto qualche minuto. Mi piace chiacchierare, in qualsiasi brandello di idioma comune. Sento che attraverso quel tentativo, che i soggetti dimostrano sempre di apprezzare molto – anche quando nessuno capisce l’altro, le distanze si assottigliano e scatta una sorta di empatia, che spesso si traduce in espressioni molto particolari.
    Questo però rappresenta il prima. È il durante che irrigidisce la maggior parte dei soggetti, per cui, durante, cercate di essere rapidi e di limitare la fase di scatto ad una manciata di minuti, sottolineati sempre da una grande cortesia.
    Lavorate in anticipo. Componete mentalmente, risolvete i dettagli legati all’esposizione il più in fretta possibile, evitate di arrivare all momento dello scatto confusi o indecisi. Chi si concede non ha tempo da perdere e vi sta regalando un momento irripetibile, questo non vi deve far travolgere dall’ansia, ma deve spingervi ad essere sempre molto presenti. Siate reattivi!
  3. Fuoco sugli occhi
    È un dato di fatto: gli occhi catalizzano l’attenzione di chi guarda. Nel ritratto sono un punto focale e vanno mantenuti sempre a fuoco! Non è necessario che il soggetto guardi sempre in macchina, anche se molto spesso, quando questo accade, si instaura con chi guarda una relazione decisamente più forte. In ogni caso, che il soggetto guardi in macchina o che il soggetto volgo lo sguardo altrove, assicuratevi che gli occhi siano sempre a fuoco, a prescindere dalla profondità di campo che impiegate.
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  4. Luce e ombre
    Scelto il soggetto, considerate con molta attenzione la luce. Valutatene la direzione, analizzatene la qualità.
    Le zona in ombra sono fondamentali quanto le zone in luce. L’alternanza tra ombra e luce crea la tridimensionalità.
    Evitate la luce piatta, cercate i contrasti – che io personalmente prediligo. Componete con cura osservando come cade la luce sul volto.
    Non è vero che non si possano scattare ritratti in pieno sole, forse non è consigliato per tutti i soggetti, ma con la dovuta cura e con la voglia di gestire contrasti azzardati, la luce dura del sole a picco può contribuire a ritratti molto evocativi.
    Se decidete di avventurarvi in questa prova, scegliete con cura il soggetto. Il sole a picco sul volto è difficile da gestire, genera ombre dure sotto il mento, sotto il naso e sugli zigomi, enfatizza le rughe. Scegliete con estrema cura i vostri soggetti, non tutti si prestano ad essere ritratti in luce dura, evitate le donne, a meno che non siano anziane e vogliate enfatizzarne i caratteri somatici, evitate i bambini.
    Tutto cambia quando il sole si nasconde.
    In molti vi diranno che la luce migliore per eseguire ritratti in esterna è la luce morbida delle giornate nuvolose. Tutto vero, ma anche in questo caso mi permetto di consigliarvi di cercare sempre una posa che si avvalga di un certo contrasto.
    A differenza del sole pieno, la luce che filtra dalle nuvole è morbida e genera contrasti miti, dimostrandosi quasi sempre ideale per il ritratto.
    Non indugiate e munitevi di un piccolo flash portatile, può tornare utile per riempire o per creare quel contrasto che magari in natura non esiste. Se decidete di affidarvi al flash, fate in modo che sparisca, imparate cioè a miscelare con cura e attenzione il lampo del flash e la luce ambiente – ricordatevi: il diaframma controlla il flash, il tempo la luce ambiente – e non usatelo mai frontale e diretto.
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  5. Fondo pulito
    Se non state scattando un ritratto ambientato, beneficiate al massimo della minima profondità di campo. Mandate lo sfondo completamente fuori fuoco, rendetelo poco più di un suggerimento, di un accenno grafico a sostegno del volto ritratto.
    Allenate l’occhio a cercare fondi che non distraggano o che non fagocitino il soggetto.
    Allenate l’occhio a scorgere elementi di disturbo, di solito si nascondono ai bordi dell’inquadratura.
    Spostatevi di qualche passo a destra o a sinistra, abbassatevi di un poco o alzate il punto di inquadratura affinché non ci siano elementi di disturbo.

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5 trucchi pratici per ritratti migliori

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Non è un segreto, amo la fotografia di ritratto e appena posso viaggio. Le due cose, quando si combinano, danno vita al mio nirvana fotografico. Forse qualcuno di voi nutre i miei stessi gusti, se sì, spero che questo post possa aiutarvi a migliorare.

Ecco 5 trucchi pratici che possono tornare utili quando siete in viaggio e volete dedicarvi al ritratto.

  1. Portate sempre un flash con voi
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    Con il rischio di risultare pedante – e pesante – lo ripeto all’infinito, come un mantra.
    Fate sempre un po’ di spazio nella vostra borsa per un piccolo flash. Farà la differenza in molte occasioni, soprattutto nel caso decidiate di darvi alla fotografia di ritratto.
    Non usatelo mai direttamente – a meno che non si tratti di un puro lampo di schiarita.
    Miscelatelo sempre con la luce ambiente a disposizione, per questo fate attenzione alla coppia tempo/diaframma che scegliete. Il tempo regola la quantità di luce ambiente che entrerà nello scatto e il diaframma la luce flash, evitate che la luce flash faccia sembrare i vostri soggetti dei plasticoni.
    La presenza del flash NON si deve praticamente cogliere, deve aiutare la luce ambiente, ma non soverchiarla, a meno che non siate alle prese con scatti particolarmente creativi.
    Il colpo di flash deve aiutare a staccare il soggetto dallo sfondo, non deve essere protagonista.
    Fate in modo di conoscere le funzioni principali – almeno – del vostro flash e studiate diligentemente la teoria della fotografia flash. Non lasciatevi intimorire, quel poco coraggio che serve per affrontarla vi garantirà risultati superiori alla media… dei vostri amici più pigri.
  2. Abbinate il soggetto alla location
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    Scegliete con cura dove scattare. Giocate d’anticipo, pensate prima di mettere in posa il soggetto.
    Se non si tratta di un assignment, ma di un ritratto al volo, fate mente locale subito e fatelo in fretta.
    Dove scattate il vostro soggetto vale quasi quanto la posa che gli chiederete di assumere.
    Il luogo, l’ambiente, racconta molto e aiuta ad inquadrare meglio il vostro soggetto e lo fotografia che andrete a realizzare.
    Abbinate con cura soggetto e location. Se la location rischia di essere un luogo comune, cercate di sfruttarla in modo creativo o, se il soggetto si presta, puntate su una posa particolare.
    È scontato aspettarsi Emanuele Canaparo, produttore di nocciole delle Langhe, ritratto tra le nocciole, ma lo è meno vederlo letteralmente galleggiare su un mare di nocciole.
  3. Cogliete l’attimo
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    Scattare una foto significa congelare un attimo. Un ritratto risulterà ancora più eloquente se riuscirete a cogliere un gesto particolare, spontaneo. Per questo, fateli muovere. Non è necessario che si mettano a ballare il tip-tap, ma anche semplicemente muovendo le mani o le braccia, riuscirete a soffiar via quella patina di imbarazzo che molto spesso si coglie in modo fin troppo evidente nei ritratti posati. Ma non insistete. Se muoversi non è nelle corde dei vostri soggetti, non insistete, o creerete maggior danno, facendo salire l’imbarazzo alle stelle.
    Spesso anche soltanto i piccoli movimenti delle mani o quell’espressione particolare possono fare la differenza. Siate pronti a coglierla, non è replicabile il più delle volte e quasi sempre dura il tempo di un click.
    Nella foto, che amo particolarmente, Anna Vizziello, concertista classica, ha rotto la posa per colpa – o merito – di una zanzara. Se non fossi stato pronto, lo scatto non esisterebbe e credo che la zanzare abbia saputo regalare all’amica Anna una spontaneità incredibile.
  4. Vicino e lontano. Dentro e fuori.
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    Dentro e fuori. È un modo di dire che credo spieghi bene la questione.
    Dentro, nel senso di ravvicinato, nel senso di primo piano, di dettaglio.
    Fuori, nel senso di più lontano, con più aria attorno, con più ambiente.
    È un’ottima regola, anche per chi scatta ritratti – soprattutto per chi scatta ritratti: gli regala varietà e possibilità di sottolineare aspetti del soggetto che un taglio accademico non sempre è in grado di garantire.
    Scattate primi piani. Scattate primissimi piani. Andate oltre, scattate dettagli.  Dentro.
    Perché anche il dettaglio parla, soprattutto le mani.
    Ma poi allontanatevi e dedicatevi alla figura intera e poi allargate ancora e includete  un po’ di ambiente.  Fuori.
    Siate vari, i ritratti non sono soltanto scatti testa/spalle.
  5. La luce migliore è fatta di ombre
    Andrea Paternoster, proprietario di Mieli Thun. Ritratto tra le sue arnie in Trentino, per un libro fotografico che raccoglieva eccellenza enogastroniche italiane

    Amo questo controsenso e ne sono assolutamente convinto.
    La luce migliore – quanto meno per come la vedo io – è quella che porta ombre, anche importanti, anche nette, perché no.
    Sperimentatela nei vostri ritratti.
    Cercate le ombre, sottolineatele, usatele per definire ed esaltare la tridimensionalità
    È chiaramente una questione di gusto. Io personalmente preferisco i ritratti contrastati ai ritratti morbidi, molti non la penseranno come me, ma alla fine questo blog lo tengo io – ah ah ah!
    Fate un esercizio mentale, prima di scattare, provate a pensare a come Caravaggio avrebbe illuminato il vostro soggetto, provate ad immaginare a come lo avrebbe illuminato Rembrandt – sì, avete letto bene, ho scritto Caravaggio e Rembrandt, non Steve McCurry, Caravaggio e Rembrandt, due maestri nell’uso della luce. Sono più che convinto che se proverete  ad usare la luce come Caravaggio o Rembrandt, alla fine vi verranno scatti molto vicini al linguaggio fotografico di McCurry (!) e di altri mostri sacri della fotografia moderna.
    Se la luce che state utilizzando non è troppo diffusa ha una sua direzione precisa. Individuatela! Cercate da dove arriva la luce e studiate come cadono le ombre, sul volto del vostro soggetto, sull’ambiente. Sfruttatela.
    La luce è magia: sfruttatela, ed è gratis, tra l’altro.

Forse a qualcuno di voi potrà sembrare un elenco ovvio, anche un filo banale – spero non a molti, altrimenti devo prendere seriamente in considerazione l’idea di chiudere il blog. Per coloro che invece non pensano si tratti di banalità, oltre alla mia gratitudine, va un ultimo consiglio: cercate il vostro stile personale.

10 trucchi per ritratti migliori

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Andrea, architetto, ritratto in cantiere. Ambiente e dettagli (cassetto e mappa arrotolata) sostengono la storia in modo chiaro, ma non invadente: il soggetto resta il focus del ritratto.

Oh no! L’ennesimo decalogo che promette miracoli! Oh no-o-o-o!

Chiedo perdono, ci sono cascato a piedi dritti, ma ieri, alla ricerca dell’ispirazione su cosa pubblicare, mi sono ritrovato seduto sul divano a riflettere su che tipo di fotografia mi piace di più e mi sono risposto: il ritratto, non c’è dubbio.
Poi mi sono domandato perché e la risposta, la prima risposta che mi sono dato è stata: perché in ogni scatto si nasconde una storia, la storia della persona che ritraggo.
E allora ho provato a pensare a quello che faccio – quasi – ogni volta che ho la possibilità di scattare un ritratto e ho scoperto che è poi quello che fanno anche molti altri fotografi – anche molto, molto più dotati e quotati di me.
E allora… forse quella piccola routine può essere facilmente tradotta in un decalogo di piccoli espedienti pratici – non garantisco che vi faranno scattare ritratti migliori, ma sono convinto che potrebbero davvero farlo.

Ed ennesimo decalogo sia!

  1. SIATE CURIOSI
    Fate domande. Se vi è possibile, incontrate il vostro soggetto con un po’ di anticipo – il massimo è bersi una cosa assieme, anche un semplice espresso. Usate quel tempo (d’oro) per conoscere chi state per scattare.
    Fate domande, ma non trasformatele in un terzo grado.
    Siate genuinamente curiosi. Se non vi viene, se non lo siete, se non lo sentite… lasciate perdere.
    Se invece siete curiosi, chiedete, chiedete, chiedete… le risposte del vostro soggetto potrebbero innescare la vostra  creatività, togliervi d’impiccio in situazioni di eventuale difficoltà, darvi punti di vista o linguaggi alternativi.
    Cercate di comprendere il punto di vista del vostro soggetto. Non sempre ci riuscirete, sforzatevi di farlo. Può sembrare uno sforzo inutile ai fini della fotografia, ma – inspiegabilmente – non lo è. Empatia è la parola chiave.
  2. METTETE A SUO AGIO IL VOSTRO SOGGETTO
    È il segreto di Pulcinella, ma anche l’obiettivo più difficile da raggiungere.
    Chi non è abituato a farsi fotografare, è nervoso, ansioso, non vede l’ora di finire, vive ogni click come una scudisciata.
    Il vostro compito primo è provare a stemperare la tensione.
    Sdrammatizzate, usate l’autoironia, usate la simpatia, usate la rapidità… qualunque trucco, ma mettete a suo agio (per quanto possibile) il vostro soggetto.
  3. NON ABBIATE PAURA DI DIRIGERE.
    Dite al vostro soggetto cosa volete che faccia, credetemi, non aspetta altro.
    Fatelo con gentilezza, ma fatelo con chiarezza. Siate pazienti. Usate indicazioni semplici, elementari e aspettatevi che non vengano interpretate correttamente.
    Non dite solamente “gira la testa”, guardando in macchina, piuttosto mostrate quello che intendete e sottolineatelo con le parole.
    Cercate di ricordarvi che per il vostro soggetto tutto è ribaltato – la vostra destra è la sua sinistra. Potrebbe essere più efficace usare riferimenti ambientali del tipo “gira la testa verso la porta” o “appoggiati al tavolo”, che non “gira la testa a destra” e basta.
    Non aspettatevi che il soggetto si metta esattamente nella posa che avete in mente, siate gentili e pazienti e guidatelo passo passo. Dopo i primi minuti, tutto comincerà a scorrere. Mai spazientirsi o sbuffare.
  4. FATE USCIRE LE EMOZIONI E SIATE PRONTI A CATTURARLE
    Questo forse avrei dovuto metterlo in testa, ma mi è venuto ora, per ciò…
    Quando scatto un ritratto, non smetto mai di chiacchierare con il mio soggetto. Riprendo quello che ci siamo raccontati prima. Chiacchiero anche durante le pause. In modo casuale, di tutto, anche di argomenti che potrebbero essere scomodi, ma spesso sono proprio questi che fanno emergere le emozioni.
    Cercate le emozioni e fatevi trovare pronti quando emergeranno, o sarà tutto lavoro sprecato.

    L'officina racconta il mondo di Damiano, preparatore Triumph Motorcycles

    L’officina racconta il mondo di Damiano, preparatore Triumph Motorcycles

  5. USATE L’AMBIENTE
    L’ambiente parla e racconta la storia del vostro soggetto. Usatelo, imparate a dosarlo, non fatelo parlare sopra il vostro soggetto, fate in modo che l’ambiente completi le informazioni sul vostro soggetto. Immaginate un ritratto ambientato come una di quelle vignette con i pallini da congiungere, l’ambiente ha la forza di sostenere la storia del vostro soggetto, di enfatizzarla, di sottolinearla, di completarla. Non datelo per scontato.
    Di solito, prima di iniziare a scattare, mi faccio mostrare dal soggetto angoli che ama, mi faccio raccontare il motivo, li osservo e li immagino in macchina. Poi scatto.
    Un soggetto ritratto in un ambiente familiare si rilassa e sente meno l’ansia – naturale – di essere fotografato.
  6. CERCATE ALTERNATIVE
    Anche se siete certi di avere lo scatto che cercavate, pensate ad un’inquadratura alternativa o ad una scena diversa.
    Non ve ne pentirete.

    Scatto principale e scatto alternativo

    Scatto principale e scatto alternativo

  7. PENSATE AL MOVIMENTO
    Ritratto fa pensare a posa. Qualche volta il movimento può aggiungere quel quid che rende lo scatto memorabile.
    Un semplice gesto della mano, un sorriso, un passo… qualsiasi cosa.

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    Le zanzare e un sorriso colto al volo hanno dato una mano a creare un ritratto dal grande impatto

  8. FATE QUALCHE PAUSA
    Chi non è abituato a farsi fotografare soffre terribilmente la macchina fotografica e questa sofferenza genera ansia e stanchezza. Fate pause, durante le quali cercherete di stabilire una relazione ancora più forte.
    Evitate di fermarvi se sentite che il soggetto ha finalmente trovato il giusto feeling, ma non approfittatevene.
    Non torturate i vostri soggetti con shooting oltre modo lunghi.
  9. STABILITE UNA RELAZIONE SINCERA (e forte)
    Non credo servano spiegazioni. Che dite!?
  10. NON DIMENTICATE CHE LA FOTOGRAFIA È UN’ARTE
    La creatività è ammessa!

Questi 10 punti riassumono più o meno quello che faccio io.
Sono piccole manie pratiche, con me funzionano, magari funzionano anche con voi.
Ogni soggetto ha la sua personalità, questo non va dimenticato, per ciò non è detto che quello che ha funzionato con uno, debba per forza funzionare sempre.
Siate flessibili, siate attenti.
Se state scattando un orso, non insistete perché si lanci in una conversazione fiume, ma non fermatevi al primo tentativo.
Ognuno ha la sua tecnica – io gioco molto con le parole, con l’autoironia e con le battute. Trovate la vostra e in bocca al lupo.

Pensiamo a colori

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Comporre con il colore, usando una palette colori molto ridotta

Molto spesso non consideriamo il colore una valida chiave di composizione e questo è un errore.

Riconoscere e gestire la palette dei colori presenti in una scena, conoscere il modo di gestirli e di renderli è alla base di una foto di successo.
Pensate al ritratto di Steve McCurry più famoso – la ragazza afghana.

114  Al di là della drammaticità dello sguardo della ragazza ritratta, uno dei punti chiavi in termini competitivi del famoso scatto di McCurry, ma pochi sottolineano, è l’uso del colore. Il rosso spento del vestito della ragazza è complementare allo sfondo verde scelto dal fotografo americano. Un caso? No, non è un caso, si tratta di grande conoscenza della teoria del colore, sapere che due colori complementari – che stanno cioè di fronte l’un l’altro nella ruota dei colori – producono uno scatto vibrante e di grande contrasto.

ruota-coloreB Conoscere la teoria del colore è UN DOVERE per ogni fotografo e spesso l’uso creativo e capace determinano un buono scatto.

La percezione del colore
Ognuno di noi percepisce i colori in modo diverso, ma quasi tutti siamo pronti a definire i rossi e i gialli colori caldi, mentre i blu e i verdi colori freddi.
Questa percezione comune ci deve aiutare quando stiamo componendo uno scatto in termini di messaggio che vogliamo passare. Stiamo cercando di comunicare intimità, propenderemo allora nella scelta di una palette di colori caldi.
Il fotografo digitale ha poi dalla sua qualche trucco in più per intervenire sul risultato finale, ad esempio un bilanciamento del bianco creativo che può riscaldare o raffreddare ulteriormente i colori presenti.

Scatti con palette colori limitata
Spesso l’utilizzo di una palette ridotta – come nella fotografia in apertura di post – può dare origine ad immagini molto forti.
Cercare e saper tradurre in scatti scene dal sapore quasi monocromatico ha una forza tutta sua.

Imparare a lavorare con quello che si ha
Nella maggior parte dei casi ci troveremo a dover lavorare con combinazioni cromatiche già esistenti, a maggior ragione dovremo essere bravi ad individuarle, a cercare alternative all’interno di quello che la scena offre a prima vista.
Per fare questo è necessario essere esperti del colore.

Come valutare i concorsi fotografici prima di iscriversi

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Con questo scatto ho partecipato al concorso dell National Portrait Gallery di Londra. Ho passato la prima selezione (immensa soddisfazione), ma non sono entrato nei finalisti che sarebbero stati inclusi nella pubblicazione annua ed esposti a St. Martin in the Fields

In quanti concorsi fotogrtafici, più o meno seri, più o meno articolati, ci imbattiamo ogni settimana?

“Soldi!”… “La tua foto in copertina!”…. “Super Premio in salami e formaggi!”… “Esposizione mediatica garantita!”…. “I tuoi scatti esposit alla NPG di Londra!”… e chi più ne ha più ne metta.

A prima vista i concorsi possono sembrare tutti una buona occasiona da non lasciarsi sfuggire, ma se così facessimo, ci ritroveremmo presto spennati – a colpi di 20/50 euro a iscrizione – e con la stessa fama o copertura mediatica dell’altroieri.

ALT! Poniamoci alcune domande prima di iscriverci al prossimo concorso fotografico.

Che cosa mi potrebbe portare?
Se ci iscriviamo ad un concorso è perchè vogliamo cavarci qualcosa. Cerchiamo di capire di cosa di tratta prima di iscriverci, qualunque cosa essa sia, soldi, fama, esposizione, la possibilità di accedere a workshop con fotografi di fama mondiale, la possibilità di pubblicare lo scatto vincente o di fare una mostra.
Quello che possiamo aspettarci si suddivide facilmente in

  • FAMA – Qualsiasi tipo di esposizione successiva legata alla vittoria o ad un buon piazzamento
  • PREMIO IN SOLDI – va da sé
  • FEEDBACK – alcuni concorsi permettono di avvicinare fortografi di fama mondiale e scattare con loro o partecipare gratuitamente ad attività da loro svolte (corsi, workshop, sessioni di lavoro, ecc,-)

Chi siede nella giuria?
Questa seconda domanda è significativa quanto la prima. La giuria è composta da esperti o si tratta di un concorso basato sulla popolarità – tipico di Facebook, dove si vince a colpi di “mi piace” e di “condividi”.
I concorsi della seconda tipologia li lascio a chi lo fa tanto per divertiris a vedere quanti “amici” lo sostengono, personalmente preferisco concorsi dove la giuria è composta da esperti – questo non significa che i concorsi su Facebook non valga la pena farli, dipende se però a decretare il vincitore è l’esercito dei navigatori o un fotografo amministratore di un gruppo o di una pagina.

Chi ha diritto ai miei diritti?
Cerco sempre di leggere bene la parte relativa alla cessione dei diritti  e vi consiglio di farlo ache voi.
Cercate la sezione dedicata a “come verranno utilizzate le immagini da voi sottoposte”. Un concorso serio si limiterà ad utilizzare le vostre immagini per promuovere il concorso stesso – potrebbe darsi che a questo segua una mostra e un catalogo.
Attenzione alle esche!
Molti concorsi sono semplicemente acchiappascatti: voi caricate le vostre immagini, pagate e loro acquisiscono i diritti in maniera totale, disponendone per qualsiasi utilizzo, anche a scopo di lucro. Evitate di iscrivervi!

Quanto costa?
La questione economica è sempre da valutare.
I concorsi seri prevedono diverse categorie di iscrizione, di solito a foto singola o ad essay (piccolo gruppo che risponde ad tema).
Tenete inoltre presente che se vi viene richiesto di partecipare inviando una stampa, la stampa non vi verrà restituita, a meno che non venga espressamente indicato nelle regole di partecipazione e di solito la cosa avviene a vostre spese, con il versamente di un contribuito per la postalizzazione.

Avete letto tutto e bene?
Leggete con estrema attenzione le regole di partecipazione e di ammissione per gli scatti (formati accettati, risoluzioni minime, risoluzioni massime, azioni di post-produzione ammesse, ecc.). Non c’è peggior beffa di iscriversi, pagare e vedere i propri scatti squalificati perche ritenuti non idonei o non conformi alle regole di ammissione.
Alcuni concorsi ammettono tutto  – e non pensiate che si tratti di concorsi da quattro soldi, Nikon, ad esempio, ne organizza uno a livello mondiale dove qualsiasi intervento in post-produzione è ammesso.
La maggior parte dei concorsi è rigida su quanto potete photoshoppare uno scatto, di solito potete intervenire sull’esposizione, sul contrasto, sulla gamma tonale, qualche sharpening e stop.